La mostra esposta al Museo d’arte orientale di Torino e visitabile dal 16 ottobre, è frutto di una collaborazione tra il Politecnico, la Tsinghua University di Pechino e Prospekt Photographers.
Inaugurare una mostra nell’epoca del Covid e decidere di dedicarla alla Cina. Una scelta coraggiosa e forse contro-corrente quella del Mao – Museo d’arte orientale di Torino, che dal 16 ottobre riapre ai visitatori con l’esposizione “China Goes Urban. La nuova epoca della città”.
Un percorso museale che avrebbe dovuto essere inaugurato a luglio, frutto della collaborazione tra il Politecnico di Torino, la Tsinghua University di Pechino e Prospekt Photographers con il sostegno di Intesa SanPaolo, che raccoglie quattro anni di ricerca collaborativa dei due atenei sull’imponente fenomeno dell’urbanizzazione cinese.
«Questa mostra parla di Cina, in un anno cruciale per questo Paese a causa della pandemia. Penso che sia un’operazione culturale importante e di civiltà» – ha dichiarato Marco Guglielminotti Trivel, direttore del Mao, a proposito di questa scelta.
Un percorso museale che tuttavia non parlerà né di Pechino, né di Shanghai, né di Wuhan, ma di quattro new town – Tongzhou, Zhengdong, Zhaoqing e Lanzhou – praticamente sconosciute al pubblico italiano, ma strategiche nei piani del governo cinese e simbolo del futuro che attende il Paese più popoloso del mondo. Da Tongzhou, che diventerà il nuovo centro amministrativo di Pechino, fino a Lanzhou, una città nel deserto situata sulla nuova via della seta, le immagini in esposizione cercano di spiegarne genesi, infrastruttura ed eco-sistema, inserendole però nel trend globale delle migrazioni e delle nuove urbanizzazioni.
Nuove città che, se dal di fuori sembrano avere un carattere di eccezionalità (le cifre parlano di 16 milioni di persone che ogni anno in Cina si spostano dalle zone rurali ai centri urbani), invece nella realtà interna fanno parte di processi «iscritti in un insieme di reti, relazioni, flussi, che collegano tutto il mondo» ha spiegato Francesca Governa del Politecnico di Torino, una delle curatrici della mostra. «Con questa mostra vogliamo sfatare il mito di eccezionalità dell’urbanizzazione cinese», precisa ancora.
I team delle due università, quello torinese guidato da Michele Bonino, vice rettore per le relazioni con la Cina all’ateneo torinese e curatore della mostra, hanno quindi deciso che sarebbe stato utile presentarne gli esiti delle loro ricerche in due percorsi, uno più accademico e l’altro più divulgativo ed aperto al pubblico, per offrire un’occasione di riflessione sulle città di oggi e del futuro. È così che è nato questo innovativo percorso museale, che ai video e dalle immagini di Samuele Pellecchia di Prospekt Photographers, affianca i plastici arrivati direttamente dalla Cina e altri composti dai ricercatori del Politecnico, guidati da Francesco Carota e Maria Paola Rappellino, il tutto nell’allestimento curato dagli architetti di Btt Studio, vincitori di concorso ad inviti bandito l’anno scorso. La mostra si apre infatti con una vera e propria “exhibition hall”. «Un luogo simbolo dove ogni impresa, ogni amministrazione pubblica, ogni provincia ha i suoi grossi edifici dove ci sono modellini anche di tutta la città», spiega Bonino, che il 24 ottobre interverrà anche ad un altro appuntamento torinese dove si parlerà di Cina e urbanizzazione, il festival Utopian Hours di Torinostratosferica.
«Modelli, brochure promozionali delle case in vendita, video fatti professionalmente, e poi grandi render e grandi visioni per sostenere quel grande sogno urbano di poter avere una casa, vivere nelle città dove le opportunità sono molto migliori», conclude il vice rettore.
E questi aspetti più spiccatamente “commerciali” si affiancano invece ad esempi più culturali, come la Biennale di Shenzhen, la mostra di urbanistica più importante del mondo, segno che la città oggi in Cina è al centro dell’attenzione. Nel percorso museale, dalla exhibition hall si passa poi attraverso immagini di cantiere, fino alle sale dedicate ai trend globali, dove il caso cinese si inserisce, questa volta, nella sua “normalità”. Una normalità difficile da comprendere. E sul fatto se esista o no, in Cina, un dibattito simile a quello che sta caratterizzando l’Europa, sullo svuotamento dei centri delle città dovuto all’incremento dello smart working, Carota riporta di un semplice «“decongestionamento”».
L’allestimento è curato da Btt studio, studio di architettura composto da un team di giovani architetti, urbanisti e anche restauratori – che si sono recentemente aggiudicati il concorso per la valorizzazione dell’ex caserma Perotti di Bologna – che nel progetto ha dovuto coniugare le esigenze della committenza sulla valorizzazione dei contenuti, la fruizione da parte dei visitatori, e uno spazio museale che si colloca all’interno di un edificio storico. Oltre a questo, spiegano Niccolò Suraci e Giuseppe Mastrangelo, si sono andate ad aggiungere le norme anti-contagio. Un’ulteriore sfida per i progettisti i quali, oltre a scegliere come disporre i ricchi contenuti audio-visivi forniti da Prospekt, hanno dovuto trovare soluzioni innovative, e a costi contenuti, per permettere una visita in completa sicurezza.
«Abbiamo pensato di inserire elementi che potessero essere utili al museo anche dopo la fine di questa mostra – racconta Suraci – per cercare anche di sprecare il meno possibile. Le strutture in ferro, i setti, la rete wi-fi, l’implementazione dell’impianto elettrico e i dispositivi con il QR code rimarranno infatti al Mao».
Uno sforzo «corale ed integrato», continua Suraci, che ha visto implementato anche un nuovo sistema di wayfinding, di segnali luminosi e di pannelli con il QR code posizionati in tre punti della mostra, che permettono ai visitatori di fruire di contenuti extra e di approfondimento dai loro dispositivi personali, evitando così gli assembramenti.
La mostra rimarrà aperta al pubblico fino al 14 febbraio 2021 e sarà accompagnata da una serie di eventi da qui fino a novembre. Inoltre, spiega ancora Bonino, «stiamo organizzando anche delle tappe cinesi per la circolazione della mostra, tappe che si terranno o il prossimo anno o nel 2022, anno dei rapporti culturali tra Italia e Cina».
Immagine di copertina ©Prospekt Photographers