Viaggio fotografico da Ordos a Binhai: ghost town progettate negli ultimi 20 anni, in attesa di essere abitate
Le chiamano le città fantasma della Cina e nessuno sa esattamente quante siano.
Kangbashi, una nuova estensione di Ordos City, cittadina di circa un milione e mezzo di abitanti, è una di queste. Un cantiere iniziato nel 2003 e mai terminato, che ha visto sorgere in 350 chilometri quadri alle porte del deserto del Gobi numerosi grattacieli, spazi commerciali e residenze e uno stadio da 35mila posti.
Non è una zona isolata, ma una regione della Mongolia Interna in cui negli ultimi dieci anni è transitata anche la grande architettura internazionale. È diventato realtà il museo firmato dallo studio Mad Architects e per queste zone è stata indetta la call internazionale “Ordos 100” nel 2008, che ha visto protagonisti cento studi di architettura selezionati da Herzog & de Meuron insieme all’artista cinese Ai Wei Wei, ingaggiati per progettare un’ampia zona residenziale con annessi servizi, dai ristoranti alle gallerie d’arte. A otto anni di distanza però solo pochissime di queste strutture risultano realizzate.
Il progetto iniziale di urbanizzazione della nuova Ordos, nato sotto la spinta della forte crescita economica cinese degli ultimi decenni, prevedeva l’arrivo di oltre un milione di abitanti, anche se ad oggi i dati governativi ne stimano non più di 100mila. Kangbashi è solo uno degli esempi che testimoniano uno sviluppo urbano non allineato con la reale domanda.
Kai Michael Caemmerer, fotografo di Chicago, sta portando avanti dal 2015 un lavoro di reportage che lui stesso definisce “intrigante” e al tempo stesso “inquietante”.
A differenza delle metropoli occidentali che iniziano come ampliamenti di centri già esistenti e crescono in accordo con le industrie locali, in queste aree le persone arrivano solo dopo la fine dei cantieri. A causa di questo modello di sviluppo inevitabilmente c’è un periodo intermedio tra la fine del cantiere e il popolamento dell’area, nel quale molti degli edifici rimangono vuoti
Kai Michael Caemmerer
Dai primi anni 2000 la Cina ha visto nascere più di un centinaio di città in questo modo. Il tempo di cantiere per queste aree va solitamente dai 17 ai 24 anni, dopodiché diventano ghost cities. “Lavorando in questi luoghi ho scoperto che non si potevano realmente definire fantasma – chiarisce il fotografo – perché, nonostante siano pochi, degli abitanti ci sono. Non stiamo parlando di zone in cui una volta c’era vita e ora non c’è, ma di spazi che per diversi motivi non sono mai decollati. Per questo ho scelto di chiamare il mio progetto Unborn Cities”.
Che caratteristiche hanno queste città? “Yujiapu, la prima tappa del mio progetto – spiega Caemmerer -, si trova ad esempio nella nuova area di Binhai vicino a Tainjin nel Nord Est della Cina, dove nel 2008 è iniziata la costruzione di una replica della città di Manhattan, completa di Rockefeller Center e torri gemelle, destinata a ospitare 500mila persone. Un’operazione da 32 miliardi di dollari”.
Tra le altre c’è anche la Meixi Lake Eco City, un cantiere di cui si sta occupando anche la società britannica Atkins, “un’intera città che si sviluppa intorno ad un lago artificiale, vicino a Changsha, con delle dimensioni più ridotte della precedente: si tratta infatti di un investimento di 7 miliardi per edifici residenziali che ospiteranno circa 180mila persone”. Infine la nuova area di Kangbashi, l’ultima tappa del viaggio fotografico, “la più grande delle tre, costata più di 160 miliardi”.
Prima la città e poi le persone. Queste sono state le indicazioni delle politiche di urbanizzazione intraprese dal governo negli ultimi anni. Il motivo? Secondo Michele Geraci, del China Desk del Global Policy Institute, la Cina ha scelto di fondare il proprio modello economico sull’ipotesi che l’urbanizzazione fosse la base per la crescita economica e non viceversa, idea che va di pari passo con la forte volontà governativa di trasferire le persone dalle campagne alle città. Ecco che negli ultimi 15 anni interi centri sono stati costruiti dando per scontato che qualcuno sarebbe andato ad abitarci.
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