La Maddalena di Artemisia Gentileschi e la mostra su Banksy tra gli appuntamenti imperdibili di questo autunno
Per chi ama l’arte e la buona cucina, in questo momento a Napoli ci sono almeno tre novità da non perdere: due mostre uniche, che dalla pittura Seicento spaziano fino alla street art contemporanea, e l’apertura di un ristorante che pone attenzione alla cucina partenopea con un tocco di innovazione.
E non finisce qui, perché se foste interessati non solo all’arte ma anche all’architettura,
dalla scorsa estate è possibile ammirare, oltre che utilizzare, la linea 6 delle cosiddette Stazioni dell’Arte della Metropolitana di Napoli
con gli interventi degli architetti Boris Podrecca, Hans Kollhof e Uberto Siola, fra gli altri.
La novità più eclatante è che La Maddalena di Artemisia Gentileschi torna visibile a Napoli dopo 400 anni: in mostra negli spazi del Complesso Monumentale di Santa Chiara, il quadro, che fu dipinto nella prima metà del Seicento, ha fatto parte stato per secoli di collezioni private, l’ultima delle quali è la Sursock, a Beirut, dove fu gravemente danneggiata nella nota esplosione del 4 agosto 2020. Sapientemente restaurata, l’opera è tornata oggi agli antichi splendori, mostrando tutti i caratteri di stile e di narrazione visiva propri del lungo periodo trascorso da Artemisia a Napoli, dove visse dal 1630 fino alla morte nel 1654.
Passando all’arte contemporanea, l’Arena Flegrea indoor della Mostra d’Oltremare ospita The World of Banksy – The Immersive Experience.
Curata da Artful Events Collective e in programma dall’11 ottobre al 4 maggio 2025, la mostra si caratterizza come un viaggio emozionante attraverso l’universo del misterioso artista britannico. Una narrazione suggestiva dove, accanto ad opere iconiche come Ozone Angel, Steve Jobs, Napoleon e Waiting In Vain, che hanno reso Banksy celebre in tutto il mondo, c’è una speciale sezione video che svela la storia e il messaggio sociale dietro i rinomati murales disseminati in tutto il mondo. Le opere esposte invitano lo spettatore a riflettere sulla società contemporanea: sono simboli di lotta e di protesta in un mondo in cui gli interessi economici e politici spesso soffocano il bene comune.
Prima o dopo aver visitato le mostre, il consiglio di Pantografo è di provare Brigida Cucina Napoletana, il nuovo indirizzo che celebra la tradizione culinaria partenopea. Per arrivarci, dopo la mostra su Bansky potreste esplorare la linea 6 delle Stazioni dell’Arte, e a quel punto, non perdetevi la Stazione Municipio della linea 1, a pochi passi dal ristorante. In un colpo solo vedrete le opere di Alvaro Siza, Eduardo Souto De Mura, Mimmo Jodice, Boris Podrecca, Peter Kogler, Hans Kollhof, Rebecca Horn, Uberto Siola e Gabriele Basilico, tra gli altri.
Senza fronzoli, con cura, ricerca e passione, l’osteria guarda al passato ma con l’occhio e il gusto di oggi, rievoca immagini ed emozioni, porta in tavola vecchie ricette ritrovate, ma con un fare contemporaneo.
Ad accogliere i clienti è Gianluca Amoroso (socio nell’apertura di Brigida insieme a Michele Caruso), moderno oste e padrone di casa con lunga esperienza nel campo della ristorazione. È lui l’anima di Brigida ed è lui che ogni giorno si muove in sala per raccontare con dedizione e passione ogni piatto in carta. Con i cuochi ragiona su ricette e proposte, selezionando ingredienti e materie prime di stagione, andando alla ricerca di artigiani e piccoli fornitori. Il menu di Brigida propone una cucina sincera e genuina, che affonda le radici nelle ricette tramandate dalle nonne napoletane. Piatto iconico di Brigida, frutto delle ricerche di Amoroso, è lo spaghetto alla gravunaro, un piatto povero della tradizione partenopea, preparato con mollica di pane insaporita con acciughe, capperi, olive e pinoli. Il menu contempla anche i piatti iconici della tradizione campana come pasta e patate, ziti alla genovese, minestra maritata, trippa con patate.
«Mangiare la buona cucina napoletana come a casa e spendere il giusto non è una cosa scontata in città -racconta Gianluca Amoroso – Da qui sono partito. Il modello di business al quale mi sono ispirato è quello di una osteria contemporanea da 60 coperti capace di accogliere il cliente in un ambiente intimo, offrendo piatti di qualità della tradizione campana a prezzi competitivi. La media degli scontrini si aggira tra i 35 e i 45 euro per un pasto completo, abbiamo clienti napoletani e turisti. L’ambiente è stato progettato da un professionista ed è esteticamente attraente e coerente con quello che oggi i consumatori chiedono. L’occhio, e soprattutto lo smartphone, sono appagati».
Con due sale e cucina a vista, il locale, progettato dall’architetto Generoso Di Palma, accoglie con colori morbidi e caldi: un verde pastello fa da sfondo a boiserie di legno laccato verde muschio e rosso, i pavimenti ripropongono la graniglia delle case di un tempo, le luci suggeriscono l’atmosfera dell’autentica osteria napoletana dei primi anni del Novecento.
Se decideste di rimanere a Napoli qualche giorno in più, non perdetevi ScottoJonno, il progetto che ha riportato vita all’interno della Galleria Principe e che vede in cucina Marco Ambrosino. Provate anche Casa Vittoria, nel quartiere Chiaia, che oltre ai piatti della tradizione partenopea, propone una serie di pietanze che appartengono alla cultura gastronomica italiana nel suo complesso. Se foste per il km 0, c’è La Stufa dei Fiori Tisaneria e Bistrot, la serra ottocentesca che rinnova la memoria storica del Real Bosco di Capodimonte attraverso merende e tisane ispirate al suo grande patrimonio botanico. Voglia di pizza? A Napoli c’è l’imbarazzo della scelta. Provate quella di 50 Kalò: è così buona che è arrivata anche a Londra con l’apertura del locale a pochi passi da Trafalgar Square.
Ziti alla genovese
Ricetta per 6 persone
Ingredienti
Kg 1,500 di cipolle dorate
1 carota
1 sedano
500 gr di pomodorini
Kg 1 di carne di bovino (cuccuizzo )
Gr 200 olio extravergine di oliva
Gr 200 di parmigiano
1 bicchiere di vino bianco
500 gr di ziti
Sale e pepe
Procedimento
In una casseruola mettere l’olio e fare rosolare dolcemente il battuto di sedano, carote, pomodorini e 1 cipolla. Adagiare la carne sul soffritto ottenuto e lasciare cuocere per qualche minuto avendo cura di girarla su tutti i lati. In questo modo la carne verrà sigillata e manterrà la sua morbidezza.
A questo punto aggiungere le cipolle precedentemente tagliate e due bicchieri d’acqua. Cuocere a fiamma bassa per circa 3 ore avendo cura di coprire la casseruola con un coperchio per evitare che il sugo diventi troppo ristretto. Se questo accade, aggiungere altri 2 bicchieri d’acqua. Il sugo della genovese sarà pronto quando le cipolle si saranno disfatte e la carne risulterà morbida al punto da “sfilacciarsi”. Spezzare a mano gli ziti e farli cuocere in abbondante acqua bollente. Scolare la pasta ancora al dente e versarla direttamente nel sugo della genovese. Aggiungere del parmigiano grattugiato e amalgamare bene il tutto. Servire il piatto di ziti con genovese e la sua carne.
**Lo zito, formato di pasta tipicamente napoletano, viene tradizionalmente spezzato a mano prima della cottura. La pasta viene dunque tagliata grossolanamente e la rottura netta genera delle “schegge di pasta più piccole”. Questi piccoli pezzetti di pasta non solo non vanno buttati, ma sono una delle caratteristiche che rendono speciale il piatto.
In copertina: Brigida, Napoli. Progetto degli interni: Generoso Di Palma, ©Aurora Scotto di Minico