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Un ristorante e un evento per rinverdire il mito gastronomico delle Langhe

Un giro dalle parti di Alba per visitare il locale La Rei Natura e partecipare al Food For Future Festival


Per i buongustai che hanno a cuore il rapporto fra cibo e territorio ci sono un nuovo locale e un evento da non perdere nel cuore delle Langhe: La Rei Natura by Michelangelo Mammoliti, il ristorante de Il Boscareto Resort & Spa a Serralunga d’Alba, e il Food For Future Festival – Cibo in Movimento che si tiene ad Alba il 26 e 27 novembre. Le due esperienze, gastronomiche e culturali insieme, possono costituire l’occasione per organizzare una pausa di relax dalla frenesia quotidiana alla volta di uno dei territori collinari più affascinanti d’Italia, non a caso inserito dall’Unesco nella lista dei beni del Patrimonio dell’Umanità.
Piemontese di origini, lo chef Mammoliti trova da sempre nell’elemento naturale il suo habitat e nella cucina un richiamo alle sue tradizioni, alla sua casa, alla sua famiglia. Dopo essersi formato in Italia e in Francia al fianco di nomi del calibro di Gualtiero Marchesi e Alain Ducasse, oggi lo chef esprime la sua filosofia di cucina nel ristorante che porta la sua firma attraverso ricette che parlano la lingua della natura e del territorio, della memoria e dell’istinto, dei prodotti locali e al tempo stesso della loro contaminazione con suggestioni lontane raccolte in giro per il mondo, in un viaggio di conoscenza e di studio lungo quindici anni.


Tutto si basa sull’idea che un piatto debba raccontare l’identità dello chef ma anche del luogo in cui ci si trova.


A partire dalle materie prime delle valli e delle colline circostanti, oltre che di quelle coltivate nell’orto e nella serra dallo chef. «Ho capito con gli anni che per essere un bravo cuoco devi avere le mani sporche di terra – racconta Mammoliti -. Non potrei immaginare la mia cucina senza l’orto, senza la serra. Penso che siano una bellissima metafora della vita. Più te ne prendi cura, e più ricevi. Trovo che ci sia molta democrazia in questo. Sarà sempre la natura a guidare le mie azioni e le mie scelte, non potrebbe essere altrimenti». Le materie prime che non vengono autoprodotte, come carni, formaggi e alcuni ortaggi, sono attentamente selezionate sul territorio. Il peperone di Capriglio, il cardo gobbo di Nizza, il Fassone piemontese, il cappone di Morozzo sono solo alcune delle materie prime che ricorrono nei piatti dello chef. Come Ultra-Violet, ravioli ripieni di Plaisentif, una toma tipica dell’alta Val Chisone e dell’alta Val di Susa anche conosciuta come “formaggio delle viole” perché ottenuto a partire dal latte vaccino di animali che si alimentano della flora locale, tra cui le viole. O come Canto piemontese, un raviolo farcito di tutti i tagli del bollito piemontese – come lingua, cappone, cotechino e punta di petto – servito in un dashi di gran bollito alla piemontese, con infusione di alga Kombu, katsuobushi e funghi Champignon.
Sono tre i percorsi degustazione tra cui scegliere:Mad 100% Natura”, “Emozione”, “Voyage”.
Il primo «è la rappresentazione perfetta del mio modo di intendere la vita. Significa letteralmente “matti di natura”. Volevo estremizzare il concetto di vegetale, sublimandolo, portandolo a uno stadio successivo, in cui comunque il supporto della proteina animale è fondamentale». Con questo percorso lo chef, oltre a puntare sugli ingredienti di stagione, intende raccontare lo sforzo che sta dietro alla loro produzione, il lavoro intenso degli allevatori, la passione dei coltivatori. Il secondo «è un viaggio nella propria mente – continua lo chef -. Cosa ci ricorda un profumo, un odore, un sapore? Sono queste le domande a cui voglio dare seguito attraverso questo percorso di degustazione».  E così la grigliata della domenica fra ragazzi, la merenda semplice dell’infanzia, i nuovi sapori scoperti durante i suoi viaggi, per esempio, diventano il personale album di ricordi che Mammoliti desidera condividere con gli ospiti.
Il terzo «è un percorso nel vero senso della parola – spiega -. È la cartina di un viaggio con una serie di tappe che ho toccato e vissuto nel corso della mia vita, che mi hanno formato e che hanno trasformato la mia cucina in quello che è oggi». In questa riflessione si inserisce anche la vocazione alla sperimentazione e alla contaminazione fra le culture culinarie che lo chef ha conosciuto durante i suoi viaggi in Thailandia, in Giappone, in Libano, in Messico.

L’ambiente che accoglie gli ospiti è firmato da Stefano Guidotti, designer di interni che in più di un’occasione ha lavorato al fianco di chef interessati a tradurre la propria idea di cucina in architettura. Il punto di partenza è stato il dialogo tra lo chef, la proprietà e il progettista, compatti nel desiderare che nelle sale dovesse essere la natura a prevalere in continuità con il territorio delle Langhe e con i piatti dello chef. Pareti rifinite in terra cruda, pavimenti in blocchetti di cotto posati come il reticolo di una strada romana e trattati con oli naturali, soffitti a cassettoni, tessuti, tende, resine e metalli dalle tinte naturali definiscono lo sfondo di un ambiente nel quale un ruolo importante è affidato anche alle trasparenze, come quelle del vetro-mattone che scandisce il lungo corridoio-galleria, delle teche che ripartiscono in microambienti la grande sala e, soprattutto, delle ampie vetrate che incorniciano le colline e i vigneti circostanti. Il ristorante è articolato in tre ambienti distinti che rappresentano i diversi momenti in cui si sviluppa la proposta dello chef.

L’idea è che le varie fasi del percorso gastronomico abbiano ognuna un preciso posizionamento in pianta, creando un percorso fisico che segue lo sviluppo del menu. Dalla zona di ingresso dal sapore familiare si passa nella sala con affaccio sulla corte interna e sulla cucina a vista in cui i clienti iniziano a sperimentare la proposta dello chef. Un allestimento di opere d’arte è al centro di un lungo corridoio che genera nuove prospettive e conduce verso la sala del ristorante, pensata come fosse l’interno di una casa, dove ogni tavolo gode di riservatezza, senza perdere mai il contatto con il paesaggio esterno. Infine, a chiudere il percorso c’è una sala dedicata al mondo dolce, in cui pasticceri e cuochi preparano a vista i dessert e la piccola pasticceria.
Rimanendo in tema di legame con il territorio, a soli venti minuti di macchina dal ristorante, c’è poi un appuntamento che si prospetta piuttosto interessante: “Food For Future Festival – Cibo in Movimento”, il congresso gastronomico che si tiene il 26 e il 27 novembre ad Alba (riconosciuta Città Creativa Unesco per la Gastronomia nel 2017).


Il Festival è un’occasione per confrontarsi sul futuro della gastronomia attraverso riflessioni dedicate al valore della biodiversità, della sostenibilità e della creatività in cucina.


L’iniziativa coinvolge esperti provenienti dal mondo della ristorazione internazionale, ma anche dell’architettura e del design. Fra i temi toccati dal Food For Future Festival ci sono il territorio inteso come risorsa da recuperare e riconvertire a un nuovo corso, la cucina di montagna, il futuro sostenibile di un’icona italiana come la pasta ripiena, il supporto del design nella ristorazione. Intrigante la selezione degli ospiti: fra i pasticceri ci sono Iginio Massari (Pasticceria Veneto, Brescia) e Christian Marasca (Zia, Roma), fra gli chef Antonio Biafora (Hyle, San Giovanni in Fiore-Cs) e Carlo Cracco (Cracco in Galleria, Milano), fra i designer e gli architetti Astrid Luglio (product designer, Milano) e Junko Kirimoto (Alvisi Kirimoto, Roma).

SALAMOIA

Salamoia è un piatto che Michelangelo Mammoliti, l’executive chef del ristorante La Rei Natura by Michelangelo Mammoliti situato all’interno del Boscareto Resort & Spa a Serralunga d’Alba (CN), ha messo a punto a partire da un ricordo d’infanzia. Il nonno dello chef, ristoratore, era solito dire a un giovanissimo Michelangelo che per cena avrebbero mangiato “patate bollite e olive salate”. Il piatto è presto fatto. Il sapore della conservazione caratteristica dei frutti dell’olivo – la salamoia – è stato utilizzato in questo piatto per accompagnare e completare un ingrediente dolce e ben più nobile rispetto alle patate: i gamberi viola di Sanremo. Con questi ultimi, viene preparato un disco di crostacei crudi tagliati a metà e conditi con olio evo gran cru Oneglia, sale Maldon e carvi nero e una coulis di teste, servita in una salsiera, così come la salamoia di olive taggiasche diluita con acqua. A completare il piatto, vi sono piccoli gamberetti rosa in tempura.

 

MINUTE DI GAMBERI DI SANREMO, COULIS DI TESTE ARROSTITE, SALAMOIA DI OLIVE TAGGIASCHE

GAMBERI

4 gamberi viola di Sanremo, Q.b. olio evo gran cru Oneglia e sale Maldon
Pulire i gamberi, tenendo le teste. Tagliarli a metà. Condire con olio gran cru Oneglia e sale Maldon.

COULIS DI TESTE DI GAMBERO

250 g teste di gambero viola di Sanremo, 100 g acqua frizzante, 20 g succo di lime, 2 g sale, Q.b. olio evo.
Pulire le teste dei gamberi, rimuovendo gli occhi. Tostarle in padella con olio evo. Frullare in una caraffa con l’acqua frizzante, il succo di lime e il sale. Filtrare il composto con uno chinois.

GAMBERETTI IN TEMPURA

100 g gamberetti rosa piccoli, Q.b. farina per tempura, olio di semi di girasole.
Passare i gamberetti interi nella farina tempura. Friggere al momento.

FINITURA

100 g salamoia di olive taggiasche, 100 g acqua, Q.b. olio evo, sale Maldon, carvi nero, basilici, fiori eduli.
In un piatto fondo, disporre i gamberi viola di Sanremo tagliati a metà formando un disco. Condire con olio evo, sale Maldon, carvi pestato al mortaio e decorare con basilici e fiori. Aggiungere i gamberetti fritti al momento. Servire con due salsiere, una con la salamoia diluita pari con acqua e condita con olio evo e una con il coulis di teste di gambero.

In copertina: Il paesaggio delle Langhe. ©Alessandro Sgarito – Cortesia: Archivio Ente del Turismo Langhe Monferrato Roero

©RIPRODUZIONE RISERVATA

 

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