When Forms Come Alive, in mostra alla Hayward Gallery di Londra fino al 6 maggio
Quasi in contrapposizione con la solidità e la permanenza della scultura classica, la contemporaneità privilegia i caratteri dinamici di opere ispirate dal movimento, dove nuove forme divengono protagoniste. Lavori d’arte che legano la propria ragion d’essere a eventi motori, a flussi e gesti di umani o forze della natura, plasmati con materiali differenti e inconsueti. Tutto sembra caricarsi di uno spirito di trasformazione e scambio, con presenze che suggeriscono un’osservazione alternativa, invitandoci a fissarle con uno sguardo tattile capace di percepire il loro seducente aspetto insieme alle loro inaspettate qualità fisiche. Una tendenza che si legge nelle suggestive realizzazioni firmate dall’americana Ruth Asawa (1926-2013) negli anni ‘50 e ‘60, ispirate dalle sue osservazioni su forme naturali.
Sculture leggere in filo metallico gentilmente sospese dai soffitti danno vita a tenui oscillazioni, tessute per esplorare forme biomorfiche, dove geometrie sferiche vengono racchiuse all’interno di maglie a clessidra.
Sviluppi formali inconsueti anche per le composizioni “a nodo” di Jean-Luc Moulène che esplorano volumi insoliti definiti da superfici in cui non compaiono interni o esterni. Forme e trasformazioni scultoree in prima linea nell’esposizione di When Forms Come Alive, Sixty Years of Restless Sculpture, dove il lavoro di 21 artisti internazionali è in mostra alla Hayward Gallery di Londra fino al prossimo 6 maggio. Un evento che appare come una mappa per celebrare e presentare “artworks” legati a questi temi, firmati da nomi importanti del mondo dell’arte contemporanea negli ultimi sessant’anni.
Una tendenza che si manifestò tra gli anni ‘60 e ‘70 e che ricorda tra i suoi pionieri il contributo di Lynda Benglis, Senga Nengudi e della stessa Ruth Asawa. Figure che si allontanarono da un concetto di rilievi a carattere monumentale e in contemporanea si staccarono dal minimalismo e dai toni monolitici degli interventi degli anni Sessanta per proporre pezzi più irregolari ed eccentrici. Opere a scala diversa, qualificate da una forte presenza all’interno degli ambiti museali della Hayward Gallery.
Sagome energiche che sembrano ondeggiare, crescere ed espandersi nell’intorno; strutture libere nei loro tratti fluidi che vanno al di là di geometrie rigide e prestabilite.
Profili scultorei capaci di incuriosire e provocare sensazioni, manufatti attivi nel voler riesplorare l’esperienza fisica diretta, quasi in contrasto con il mondo del quotidiano in cui gli incontri appaiono sempre più digitalizzati.
In primo piano, i modi in cui gli autori sono stati infusi dagli atti, dalle mutazioni o dallo sviluppo naturale e qui i molteplici riferimenti vanno dai cenni della danza al frangimento dell’onda e dallo scorrere di metalli in fusione agli intrecci di una tela di ragno.
«Dinamici, esuberanti e gioiosi, i lavori di questo spettacolo trasportano i visitatori in un’avventura allestita nel mondo di forme affascinanti» commenta Ralph Rugoff, Direttore di Hayward Gallery e curatore della rassegna.
Poetico il moto cinetico di Skylight firmato da Drift, dove elementi in seta si aprono e si richiudono per imitare l’azione dei fiori che si serrano la notte e nel cui background appare l’intervento di Michel Blazy che offrirà ogni giorno composizioni dinamiche in trasformazione.
Untitled (Mylar) è il titolo della grande installazione di Tara Donovan pensata per imitare i moduli di sviluppo di strutture biologiche o molecolari. Un agglomerato gigantesco concretizzato attraverso l’unione di migliaia di dischi piatti riflettenti appunto in Mylar (metallic polyester film), piegati e incollati a caldo per poi ammassarsi in sfere a diametro variabile strategicamente illuminate.
«Un’ opera – secondo i curatori – che annuncia provocatoriamente che nulla al mondo rimane inalterato, che il tutto è in movimento, irrequieto, variabile e in via di trasformazione». Un lavoro che, come tutte le opere in mostra, rivela come la scultura, sfruttando la sua potenzialità come il nostro tramite più irrequieto, possa essere un mezzo indispensabile per riscoprire e recuperare le dimensioni dell’esperienza fisica, che abbiamo perso.
Installazione a grande scala e trionfo del colore in Pumping di Eva Fàbregas, introdotto dall’autrice come una presenza finalizzata a vivere completamente nel mondo dei sensi e a immaginare nuovi possibili organismi. Protagonisti della coreografia, gli intrecci di un trio di elementi in tessuti elasticizzati e sfere gonfiabili attivate da frequenze subsoniche e suoni. Camminando negli spazi della mostra, colpisce l’intelaiatura dinamica in legno e tratti in rosa acceso in led neon per A Subsequent Offering di EJ Hill, concretizzata in una forma dinamica, paragonata dall’autore a quella delle montagne russe. Elementi, concepiti dall’artista come monumenti per il pubblico, capaci di suscitare ricordi di movimenti estremi e piaceri profondi a cui l’artista associa la storica esclusione di etnie Afro-Americane dai parchi gioco negli Stati Uniti d’America.
In copertina: When Forms Come Alive, Studio Drift ©Hayward Gallery
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