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Tornare a leggere insieme per non disperderci. Un libro ci dice perché

“La casa di tutti” di Antonella Agnoli spiega perché le biblioteche non sono sostituibili dalla tecnologia


Questione di libri tradizionali, di carta. Ma non solo di quelli. La casa di tutti. Città e biblioteche di Antonella Agnoli (Laterza) è un volume che intende innescare un cambiamento di punto di vista sulle biblioteche italiane. Tema caro all’autrice, consulente di vari studi di progettazione e di diverse amministrazioni locali (è stata anche assessore alla creatività, valorizzazione del patrimonio culturale del Comune di Lecce) per la costruzione di spazi e servizi bibliotecari, il ritorno a una socialità vera e “lenta” al tempo delle connessioni tecnologiche, continue e veloci. Così che il libro cartaceo e i luoghi ad esso dedicati siano sì fine, ma anche mezzo per incontrarsi, discutere, stringere legami, avere informazioni utili. E la biblioteca smetta di essere ciò che è in un immaginario superficiale, rifugio per secchioni introversi, fatto di stanze buie e polverose. Ma diventi centro di riqualificazione urbana e servizio di welfare.

Copertina del libro "La casa di tutti" di Antonella Agnoli

Copertina del libro “La casa di tutti” di Antonella Agnoli

«Un libro su città, biblioteche e cittadinanza attiva», che si sofferma «sul senso di città come luogo d’innovazione», l’ha definito lei stessa durante la presentazione a Bologna, lo scorso 3 maggio. In occasione della quale Agnoli ha elencato le sue tre parole chiave legate alla biblioteca e a tutto quello – tanto – che dovrebbe girarci attorno: «Fiducia, uguaglianza, energia sociale». E benché non funzionino in molte parti d’Italia, abbiano bisogno di aria nuova, vengano spesso chiuse e definanziate e siano frequentate solo dal 4 per cento della popolazione, ciò che le rende ancora più soggette a tagli, Agnoli si dice convinta che siano luoghi che debbono far vivere meglio le comunità. Da rilanciare tramite quello che lei vede come un circolo virtuoso: spenderci dei fondi, rinnovarle per renderle più attrattive in modo che tornino anche ad essere popolate. Ecco perché l’autrice se la prende con il «bandificio», ovvero con l’utilizzo dei bandi da parte delle amministrazioni come unico modo per riqualificarle. Che tuttavia è estemporaneo, non strutturale.

A proposito della biblioteca di Ponticelli, chiusa in uno dei quartieri più duri di Napoli, Agnoli racconta che questa vinse un bando per essere riaperta. Scaduto il bando, esauriti i relativi fondi, i ragazzi che la gestivano volevano andare avanti con le proprie forze. Ma sono stati fermati da problemi burocratici, un classico in Italia.


Non per niente, insiste, all’estero si continua invece a investire su questi luoghi perché, afferma, sono l’unico servizio pubblico «neutrale, trasversale e che non giudica».


Luoghi che permettono di incontrare persone al di fuori della propria cerchia, con benefici potenziali anche sulle possibilità lavorative. E in cui ci si può sentire meno soli. Creando quelli che l’autrice chiama legami deboli e che, a dispetto della definizione, considera importanti. Cioè non grandi amori né amicizie di una vita ma rapporti di solidarietà che si possono attivare nel momento del bisogno. Ciascun capitolo ha all’interno un’esperienza vissuta da Agnoli. «Pregiudizio» è un’altra parola chiave. Come in una biblioteca a Valdagno (Vicenza) in cui lei incontra dei ragazzini che chiacchierano in un giardino annesso alla struttura, ma chi per una ragione chi per un’altra nessuno di loro frequenta la biblioteca stessa. Perché? Se si vuole che le biblioteche tornino ad attirare frequentatori sconfiggendo i pregiudizi bisogna pensare anche a come progettarle, coinvolgendo la cittadinanza: come, dice sempre Agnoli, è successo per esempio a Oslo, capitale norvegese. Così potranno fare la loro parte in una rigenerazione urbana. Ma anche i bibliotecari devono aggiornarsi, saper parlare con i giovani essendo aperti ai loro bisogni più vari, aggiunge. Certo per operazioni di questo tipo serve del denaro ma, si chiede Agnoli, «quanto costa alla società un ragazzo che si droga o che finisce in prigione?». E forse, la butta là, con il Pnrr ci si potrebbe occupare anche di questo.

In copertina: La biblioteca del futuro a Oslo, ©PPAN

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