Anche l’architettura è protagonista. Dal 6 all’8 novembre, talk e documentari
Che il cinema parli il linguaggio dell’architettura e del design, non è una novità. Anzi, non solo non è una novità, ma quando lo fa con creatività e dedizione, ottiene ottimi risultati. È il caso, per esempio, di “Parasite”, il film di Bong Joon-ho che vinse 4 premi Oscar nel 2020. Il lungometraggio asiatico parlava la lingua degli spazi, interni ed esterni, dei vuoti e dei pieni. E che le due discipline siano strettamente connesse lo dimostra ancora una volta il Milano Design Film Festival in programma dal 6 all’8 novembre, fruibile in live streaming.
Film, talk, cortometraggi – Giunta alla sua ottava edizione, la kermesse, come di consueto, associa a ogni edizione un punto di vista specifico. Tema guida quest’anno, scelto dalle curatrici Silvia Robertazzi e Porzia Bergamasco, è Ri-connettersi. Nelle riflessioni innescate dalla pandemia la parola vuole ritmare una sorta di tam-tam per risvegliare l’attenzione e le coscienze sulle priorità della vita collettiva. L’interruzione momentanea del lockdown ha portato alla considerazione che è necessario ripensare il passato e ricostruire un presente-futuro più consapevole e in armonia con la natura e la vita stessa di ognuno di noi. Il programma ha adottato questi pensieri per investigare metodi progettuali e le loro applicazioni e mostrare come l’architettura e il design possono contribuire alla Ri-connessione per migliorare l’esperienza umana. Tanti gli incontri, i film, i documentari che indagheranno il rapporto uomo-natura, i bisogni reali delle persone, i valori della cittadinanza, il lavoro del progettista, il settore della ricerca scientifica, del food e dell’automotive.
Un’attenzione particolare è rivolta alle mutevoli articolazioni della società contemporanea, alla complessità dei processi economici e sociali che oggi producono la città, il territorio, l’ambiente. E proprio di città si parla in molte opere che verranno proiettate.
Le città si raccontano: Tokyo, Bergamo, Napoli, Tripoli – Le dinamiche uomo-città sono al centro del festival. Se l’architettura “non ha un luogo, la sua casa è il mondo”, come dice l’architetto italiano Dada nel film The Arch (di Alessandra Stefani), ci sono dei luoghi perfetti per l’architettura, delle città che si portano dentro una narrazione. È il caso del road movie Tokyo Ride (prima italiana, di Bêka & Lemoine). A bordo di una Alfa Romeo Giulia vintage, c’è l’architetto giapponese Ryūe Nishizawa: da qui si vedrà una Tokyo frenetica e piena di poesia al tempo stesso e si capirà la forte relazione che il co-fondatore dello studio SANAA (con la socia Kazuyo Sejima) ha con la sua città. Con rimandi diretti al suo modo di pensare e di progettare. Ama le composizioni di Verdi e l’Italia e distingue l’architettura oceanica (giapponese) da quella europea e cinese in un modo unico: la prima è verbo, fluida, mutevole e soggetta al tempo che scorre, l’altra è sostantivo, stabile e ferma.
Ila Bêka è un artista e regista italiano, dal 2005 collabora con Louise Lemoine, con la quale ha creato una piattaforma creativa e di ricerca. Definiti dal New York Time “figure culto nel mondo dell’architettura europea”, l’intera loro opera (16 film) è stata acquisita nel 2016 dal Moma Museum of Modern Art di New York ed è entrata a far parte della sua collezione permanente. Tra l’altro, l’acquisizione dell’intera produzione di un artista ancora vivente ed attivo è un evento estremamente raro.
Per gli appassionati di architettura sarà anche interessante approfondire la tematica dell’abitare da più prospettive: il film Il condominio inclinato. Bergamo, sole, casbah, pollai e terrazze fiorite (prima europea, di Alberto Valtellina e Paolo Vitali) ci porta nei quartieri residenziali Terrazze fiorite e Bergamo Sole, disegnati dagli architetti Giuseppe Gambirasio e Giorgio Zenoni. Costruiti a Bergamo tra il 1976 e il 1979, testimoni dell’interazione riuscita tra la qualità architettonica dello spazio – pubblico e privato – e i suoi abitanti. Fieramente osteggiati in un primo momento, sono oggi fra le abitazioni più ricercate in città. Gli edifici sono oggetto di un vivace progetto di ricerca cinematografica. Una serie di sopralluoghi e di incontri con chi ci vive ha messo in evidenza come nel tempo la qualità architettonica degli spazi abbia costituito il presupposto sul quale i residenti hanno costruito una specifica cultura dell’abitare, allo stesso tempo fortemente legata all’immagine pubblica dell’edifico e alla appropriabilità delle sue parti private.
La Nave (di Hans Wilschut, prima italiana), da Gabriele D’Annunzio a Roland Sejko, titolo inflazionatissimo per il cinema, è il film d’esordio del fotografo e videomaker olandese che racconta la vita nel maxi-condominio Le Vele progettato da Franz di Salvo nel quartiere Scampia di Napoli completato nel 1975. Da sempre alla ribalta delle cronache, il complesso residenziale è fra i più famosi della storia dell’architettura italiana e internazionale. Inizialmente osannato per la modernità della visione progettuale, la sua costruzione, invece continua a essere al centro delle polemiche. Anche dello stesso architetto che contestò allora i materiali poveri e le soluzioni trovate in fase di realizzazione dalla società edilizia appaltatrice. Ma, per bocca di tutti, per il fallimento sociale degli intenti con cui era stato ideato. Comprendeva sette “vele” man mano demolite in tre momenti diversi fino all’ultima avvenuta nel febbraio 2020. Quelle che restano, testimoniano il tentativo di riscatto da parte dei suoi abitanti.
Un’altra storia urbana è racchiusa nel corto Next Sunday (di Marta Bogdanska): a Tripoli le generazioni più giovani si sono impossessate del quartiere fieristico progettato da Oscar Niemeyer, rimasto incompiuto nel 1975.
Dimensione digitale – la rassegna sarà fruibile in live streaming. Nei tre giorni dell’evento, dal sito si approderà a una piattaforma realizzata appositamente per l’evento, che permetterà a tutti gli utenti italiani di collegarsi gratuitamente e assistere virtualmente al programma. Per dare più dinamicità al palinsesto, una serie di interventi saranno registrati al Teatro Franco Parenti di Milano. Partner dell’iniziativa anche la Fondazione Ordine Architetti Milano.
Il Premio e la Fondazione degli Architetti di Milano – Un premio “una tantum”, che riguarda tutti i film in programma andrà alla miglior pellicola a tema Ri-connettersi. Una decisione concordata per compensare simbolicamente le difficoltà che tutto il settore cinematografico ha dovuto affrontare nell’anno della crisi sanitaria mondiale e che ha rallentato, se non cancellato, numerose produzioni. Il premio prevede un corrispettivo in denaro di mille euro, finanziato interamente da Festival. Sostituisce per quest’anno il Premio AFA Architecture Film Award, istituito la scorsa edizione proprio con la Fondazione dell’Ordine degli Architetti P.P.C. della Provincia di Milano, rivolto unicamente a film inerenti l’architettura, la città e il paesaggio. La Fondazione ha voluto comunque affiancare Milano Design Film Festival in questa iniziativa per le fasi organizzative e la selezione dei film, in particolare di quelli candidati per AFA, giunti prima dell’annuncio della sua cancellazione e ammessi in programma previo assenso degli stessi registi. A decretare il titolo vincitore sarà la giuria composta da Nina Bassoli (curatrice, saggista, Lotus International), Marco Della Torre (coordinatore di direzione dell’Accademia di architettura di Mendrisio – USI), Franco Raggi (titolare del corso Interior Design, ISIA Firenze), Carles Muro (professore associato di Progettazione Architettonica, Politecnico Milano).
© RIPRODUZIONE RISERVATA