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Sperimentazione gastronomica e condivisione: benvenuti da Edit

A Torino sette declinazioni del food&beverage nell’area di rigenerazione urbana denominata “Miglio dell’innovazione”


Restaurant © Luisa Porta & Daniele Ratti

A Torino è nato EDIT – Eat Drink Innovate Together. Situato a Barriera di Milano, quartiere oggetto di rigenerazione urbana, EDIT offre ai suoi avventori una proposta decisamente eterogenea che li coinvolge in ogni momento della giornata, dalla colazione al pranzo, dalla pausa caffè all’aperitivo fino alla cena e al cocktail della buonanotte. Voluto dall’imprenditore torinese Marco Brignone (una vita passata nelle banche con varie posizioni di prestigio, sia in Italia che all’estero) propone sei diverse destinazioni gastronomiche attraverso altrettante aree: “EDIT Bakery Cafè”, “EDIT Brewery”, “EDIT Pub”, “EDIT Cocktail Bar”, “EDIT Restaurant”, “EDIT Kitchens”; a queste si aggiunge “EDIT Osservatorio”, zona dedicata agli eventi.

Una superficie totale di oltre 2.400 mq su due piani nell’edificio ottocentesco che prima ospitava gli stabilimenti dell’Incet, storica fabbrica di cavi elettrici per questo locale che ha l’indirizzo a uno dei due capi del cosiddetto “Miglio dell’Innovazione”, un asse strategico che percorre la città di Torino collegando il Politecnico con la stazione Dora e che punta a trasformarla in uno dei poli dell’innovazione culturale e d’impresa italiani.

Al piano terra si trova “EDIT Bakery Cafè” dove è possibile sostare, lavorare, rilassarsi in un contesto informale a metà fra l’ambiente domestico e quello del lavoro. Sullo stesso livello si trova “EDIT Brewery”, dove il protagonista è un bancone con un’infilata di 19 spine che offrono altrettante birre diverse. Naturale prosecuzione di “EDIT Brewery” è l’Edit Pub, caratterizzato da un tavolo lungo 25 metri pensato per la condivisione fra coloro che amano pasteggiare bevendo birra.

Una rampa di scale porta al “Cocktail Bar” con un’ampia cantina a vista: un luogo per un aperitivo dopo il lavoro o per un drink dopocena.
“EDIT Restaurant”, sempre al primo piano, colpisce per la presenza della cucina centrale a vista circondata da sedute al bancone. Per chi desidera un’area più intima c’è poi una sala riservata con 10 posti a sedere. Non manca lo spazio dedicato all’affitto in occasione di eventi: quattro cucine professionali attrezzate costituiscono lo spazio denominato “Kitchen.


Al ristorante troviamo lo chef Matteo Monti (1979) che, dopo aver frequentato la scuola alberghiera, ha fatto a lungo esperienza fra l’Italia e l’estero.


Da “EDIT” propone piatti come l’Animella di vitello al burro, Cannolicchio e kumquat, Ceviche di mango ed estratto di coriandolo, Controfiletto di Fassona, Salvia fritta in tempura e gel di carpione, solo per citarne alcuni.

All’ultimo piano della struttura c’è “EDIT Osservatorio”, una location dove è possibile organizzare eventi privati con vista panoramica sulla città. E per chi volesse prolungare l’esperienza rimanendo a dormire ci sono gli “EDIT Lofts”, undici appartamenti realizzati da Barbara Scott caratterizzati dall’interazione costante fra arte e design.

La novità dell’estate è “EDIT Garden”, dehors cittadino immerso nel verde pensato per ospitare eventi culturali. Qui la proposta gastronomica si ispira al mondo delle tapas.


Il progetto architettonico è dello studio lamatilde che ha operato rispettando l’eredità industriale dell’edificio che ospita Edit.


Non manca, insieme, l’attenzione dei progettisti a creare varie e differenti aree in cui l’utente possa sentirsi sempre a proprio agio.

«Il carattere industriale è particolarmente evidente non solo nei laboratori a vista – spiegano -, ma anche e soprattutto nella scelta delle finiture brutaliste: cementizi in varie declinazioni, acciaio grezzo, zincato, inox o verniciato nero, peltro, tonalità in scala di grigio, il tutto ammorbidito dai dettagli in ottone, dalle superfici in legno di rovere, dai tessuti scamosciati, dai velluti e dalla vegetazione sospesa.»

 

Per la lingua

Nº 1 lingua salmistrata.

Immergere la lingua in una pentola con acqua non salata e fredda. Far sobbollire fino a che la lingua non sarà cotta perfettamente. Nel caso l’acqua diminuisse troppo, aggiungere acqua calda fino a coprire la lingua stessa. Far riposare nel suo liquido fino a raffreddamento. Pelare la lingua da fredda e far riposare in frigorifero una notte. Il giorno dopo, tagliare a fette di circa 1cm di spessore.

Per le alici

Nº 1 alice a persona;
Farina di riso;
Farina per polenta finissima.

Pulire le alici nel modo classico, togliendo la lisca centrale ma mantenendo la coda. Lavarle bene sotto acqua corrente e, una volta asciugate, infarinarle nella farina di riso aggiunta in parti uguali di farina per polenta finissima. Riporle ben stese in freezer.

Per il bagnato verde

30gr pane per celiaci;
50gr aceto di vino rosso;
40gr foglie di prezzemolo;
2gr aglio;
100gr olio di semi di arachide;
45gr olio extra vergine di oliva;
30gr basilico;
10gr erba cipollina;
3gr sale.

Unire tutti gli ingredienti in un frullatore a bicchiere e frullare. Riporre la salsa ottenuta in freezer fino a totale congelamento. Rifrullare il composto da ghiacciato e riporre la crema ottenuta in frigorifero.

Per il piatto finale

Immergere la fetta di lingua nel brodo preriscaldato a 50ºC per 10 minuti (potete usare il brodo stesso di cottura della lingua). Nel frattempo friggere l’alice, ghiacciata e infarinata, nell’olio a 160ºC cercando di mantenerla diritta.  Una volta fritta, tamponarla e cospargerla di crema di bagnetto verde. Tirare fuori la lingua dal brodo e, una volta tamponata su un foglio di carta assorbente, passarla immediatamente in una padella leggermente unta e bella calda. Rosolarla solo da un lato molto rapidamente. Posizionare la lingua su un piatto e disporvi sopra l’alice al verde.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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