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Smartphone pieghevoli e 5G: novità e tendenze al Mobile World Congress di Barcellona

Con la quinta generazione mobile ricadute su IoT, auto connesse e sanità robotica


I riflettori sono tutti puntati sul 5G, la quinta generazione mobile. E non potrebbe essere altrimenti considerato che il nuovo standard, dopo la fase di test e sperimentazioni, si prepara per il debutto commerciale fissato al 2020. Mai come quest’anno il Mobile World Congress di Barcellona, la più grande kermesse al mondo dedicata alla telefonia mobile, diventa l’occasione per toccare con mano il futuro.

La lista delle novità in salsa 5G – che saranno annunciate dal 25 al 28 febbraio – è lunga, lunghissima. E se è vero che per la fase consumer bisognerà aspettare più di un anno – si partirà infatti con le applicazioni business legate ai settori dell’automotive, dell’industria e dei trasporti – la Fiera di Barcellona quest’anno vedrà sfilare anche i cellulari apripista della nuova generazione: gli smartphone pieghevoli. La coreana Samsung e le cinesi Huawei, Zte e Xiaomi sono i brand che hanno scelto l’evento di Barcellona per svelare i loro cellulari “flessibili”. I produttori asiatici dunque dimostrano ancora una volta di voler continuare a giocare una partita da protagonisti scalzando colossi storici della telefonia, a partire da Apple che sul fronte degli smartphone pieghevoli – al netto di soprese dell’ultim’ora – non prevede annunci.

E a proposito dei cinesi, è proprio sul fronte del 5G che è in atto uno scontro come non si era mai visto: il presidente Usa Donald Trump che, appellandosi alla questione della sicurezza delle infrastrutture strategiche (nel caso specifico le reti di telecomunicazioni), ha già vietato l’uso di tecnologie a firma di operatori cinesi nell’ambito di appalti pubblici, non solo vuole rincarare la dose per escludere definitivamente Huawei & co da qualsiasi business con gli operatori americani, ma sta facendo un duro pressing sui Paesi alleati, Italia inclusa, affinché facciano altrettanto. Lo scontro in atto rischia di mettere a repentaglio la roadmap stessa del 5G e anche il business di molti: i Paesi che arriveranno per primi, ossia che “accenderanno” le reti e metteranno in moto la macchina, anche e soprattutto l’indotto, otterranno un innegabile vantaggio competitivo. E diversi osservatori attribuiscono alla paura che i cinesi battano tutti sul tempo e che si “mangino” la fetta più grande della torta 5G, le azioni del presidente Trump. La tutela delle reti e le ipotesi di cyberspionaggio non sarebbero dunque il vero nocciolo della faccenda.


In attesa di capire che posizione prenderà l’Europa, il 5G in particolare nel nostro Paese va avanti veloce.


L’Italia è stata fra i primi Paesi ad assegnare le licenze per le frequenze del nuovo standard, costate carissime alle telco (6,5 miliardi di euro), ed è l’unico a contare 5 sperimentazioni governative (quelle battezzate dal Mise durante il governo Renzi), nelle città di Milano, Prato, L’Aquila, Bari e Matera, oltre a quelle lanciate dai singoli Comuni in autonomia, in pole position Torino, Roma e Genova.

Ma cosa si potrà fare con il 5G? Il plus del nuovo standard non è solo la velocità (di download e upload) molto elevata – siamo nell’ordine dei 100 Mb al secondo – ma la cosiddetta latenza, cioè il tempo fra la comunicazione della cella con il dispositivo. Nel caso del 5G questi tempi sono ridotti al millisecondo e consentono di fatto una comunicazione in tempo reale aprendo scenari inediti: il 5G sarà il pilastro portante delle auto connesse, dell’internet of things industriale, della sanità robotica, tanto per citare i settori considerati a più elevate potenzialità.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

foto copertina: Huawei Mate X

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