A Roma, tre sale con 55 opere in bronzo, ceramica e resina
Cinquantacinque opere in bronzo, ceramica e resina: in assoluta prima nazionale l’Accademia di Francia a Roma inaugura una delle mostre più imponenti dedicate allo scultore fiammingo Johan Creten.
Classe 1963 e pioniere nell’uso innovativo della ceramica dagli anni Ottanta, Creten è oggi considerato una figura di spicco nell’arte contemporanea, rappresentante della cosiddetta “Slow art” e fautore della necessità di un ritorno all’introspezione. Mai prima d’ora una mostra in Italia aveva raccolto così tante opere di Creten. Inaugurata lo scorso 15 ottobre nella splendida cornice di Villa Medici, la mostra “I Peccati” a cura di Noëlle Tissier – che resterà aperta al pubblico fino al 31 gennaio 2021 – sarà affiancata ad alcune opere storiche di Lucas Van Leyden, Hans Baldung, Jacques Callot, Barthel Beham e Paul van Vianen.
«Con Johan Creten, i peccati non sono sette di numero. Sette, questa cifra implacabile, pari al numero dei sacramenti nella Bibbia e dei colli di Roma. Qui, i peccati sono infiniti e illimitati, inesauribili. Non sono numerabili, ma solo designabili. I peccati non sono tutti capitali, essi possono essere imperiali, imperiosi, periferici, insidiosi, insignificanti, invisibili» spiega Colin Lemoine, che con Nicolas Bourriaud ha curato i testi del catalogo della mostra.
Tre le sale in cui sono allestite le opere: la prima si apre con una serie di creazioni e ri-creazioni di opere concettuali del 1986. Accanto a “The Garden” – realizzato nel 1996-97 durante la residenza dell’artista a Villa Medici – e opere quali “Présentoir d’Orange” e “Plantstok”, l’allestimento è stato pensato per evocare i concetti di paradiso perduto e di tentazione. Nella seconda sala spicca la monumentale opera in resina “Muses et Méduses”, iniziata nel 2005 e completata nel 2019. In esposizione anche pezzi della famosa serie metonimica “Odore di Femmina” (iniziata nel 1998). E in questo caso i temi trattati sono la seduzione, l’ambiguità dei sentimenti e le relazioni umane. La terza area è invece dedicata alle opere “politiche” tra cui il bronzo “Il prezzo della libertà”, ma anche “Couch Potatoes” e la nuova serie di ceramiche “Wargames”. Molte delle opere sono state realizzate dall’artista proprio per la mostra, fra il 2019 e il 2020.
La mostra presenta per la prima volta al grande pubblico una nuova scultura – realizzata in collaborazione con gli storici laboratori della Porzellanmanufaktur Augarten, che rivisita una porcellana di doccia. E protagonista dell’allestimento è anche la scalinata di Villa Medici, lungo la quale si alternano enigmatici bronzi a rappresentare il tema della coscienza morale in una società in profonda mutazione. La scultura monumentale “The Herring” domina l’ultima sezione con i suoi cinque metri di altezza.
«I sette peccati capitali valgono poco a confronto della bassezza, la barbarie, la noia, la mutilazione, il rimpianto, la melanconia ed il terrore, in breve, la vita – evidenzia Lemoine. Le sculture di Johan Creten non hanno nulla a che vedere con la morale o la sanzione, la ghigliottina o la censura. Il peccato non sarà poi in fondo la forma stanca della purezza? Non indica forse la nostra condizione di uomini estremamente fallibili? Il peccato non è forse, per riprendere le parole di Victor Hugo, una meravigliosa “gravitazione”?».
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Immagine di copertina: Creten Desert Storm © Gerrit Schreurs