Abiti in plastica riciclata, magliette realizzate con materiali ecosostenibili come la canapa, scarpe e accessori prodotti con gli scarti trasformati di elementi vegetali. Creativi, designer, start up e Ong da anni hanno iniziato a dedicarsi al mercato della moda, proponendo vestiti che non solo sono sostenibili da un punto di vista ambientale ma anche sociale, perché fabbricati da aziende attente ai diritti dei lavoratori.
Tra le realtà italiane di spicco c’è Progetto Quid, iniziativa nata a Verona nel 2013 con l’obiettivo di inserire donne emarginate e con un passato difficile nel ciclo di produzione di abiti e accessori, ricavati da eccedenze e rimanenze di produzione, e che oggi conta 87 collaboratori, di cui 70 donne, dai 23 ai 60 anni di 16 nazionalità diverse. “Proponiamo alle aziende delle linee di abbigliamento e accessori – spiega Anna Fiscale, presidente di Progetto Quid – da loro direttamente distribuite nei propri punti vendita, come nel caso di Calzedonia, Altromercato, Natura Sì e Diesel”.
Creatività e bellezza si fondono e danno vita a prodotti sostenibili con prezzi accessibili realizzati con il recupero di tessuti di qualità altrimenti inutilizzati, grazie a una rete di brand partner rigorosamente selezionati e locali. “Ciò che contraddistingue Quid è che qui si parte dal tessuto che ci viene regalato e che per noi è la principale fonte di ispirazione” ha sottolineato Valeria Valbusa, designer di Progetto Quid.
Ciò che contraddistingue Quid è che qui si parte dal tessuto che ci viene regalato e che per noi è la principale fonte di ispirazione.
Valeria Valbusa, designer di Progetto Quid
Sulla stessa linea ma dall’altra parte del mondo, anche Querencia Studio, una giovane azienda nata nel 2016 a Brooklyn che unisce cotone biologico con il materiale derivante dalle bottiglie di plastica riciclate per realizzare linee di abbigliamento sostenibili. Non solo. L’impresa promuove anche il riuso dei pezzi di stoffa provenienti da capi scartati dall’industria della moda, circa l’85% del totale secondo l’Environmental Protection Agency. T-shirt, gonne, vestiti, felpe e cappotti. “Il processo produttivo per noi è il prodotto stesso – spiegano dall’azienda – seguiamo fin dalla fase di sviluppo dell’idea un approccio multidisciplinare che tenga in considerazione temi ambientali e sociali, legati ai diritti dei lavoratori coinvolti nel mondo della moda e prendendo come punto di riferimento la cornice dei Sustainable Development Goals delle Nazioni Unite”.
Riciclare la stoffa non permette solo di ridurre gli scarti e i rifiuti in circolazione ma consente anche di risparmiare un’ingente quantità d’acqua. Secondo una ricerca del Sustainable Europe Research Institute sono necessari infatti circa 2.700 litri di acqua per realizzare una t-shirt e circa 7mila per un paio di jeans. “Il nostro obiettivo principale è quello di promuovere un dialogo sul futuro della moda, chiamando a raccolta scienziati e creativi” si legge sul sito ufficiale del brand.
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