Il lancio di ITsArt, dopo il flop di VeryBello e di Italia.it. Per ora con uno “Stiamo arrivando”
La strada è ancora lunga, ma ITsArt – la piattaforma annunciata come la “Netflix” della cultura italiana – inizia a muovere i primi passi. Il sito online www.itsart.tv è stato ufficialmente attivato: al momento non c’è molto, al netto di uno “Stiamo arrivando” a caratteri cubitali e di una generica presentazione del progetto (con testo a fronte in inglese), ma il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, “promoter” dell’iniziativa, ha promesso e annunciato in numerose occasioni che si sta andando avanti e che presto si entrerà nella fase operativa.
“ITsART è il nuovo palcoscenico virtuale per teatro, musica, cinema, danza e ogni forma d’arte, live e on-demand, con contenuti disponibili in Italia e all’estero: una piattaforma che attraversa città d’arte e borghi, quinte e musei per celebrare e raccontare il patrimonio culturale italiano in tutte le sue forme e offrirlo al pubblico di tutto il mondo”, si legge nella presentazione sulla home page del portale in cui si segnala l’indirizzo email (content@itsart.tv) per “inviare proposte di contenuti, eventi e manifestazioni culturali”.
Il progetto è ambizioso e punta a oscurare per sempre il flop di VeryBello, alias del maxi-portale annunciato cinque anni fa dallo stesso ministro Franceschini per rilanciare l’immagine dell’Italia nel mondo e inaugurato in concomitanza con Expo 2015. L’iniziativa è finita nel dimenticatoio ma c’è chi non esita a fare confronti con la nuova ITsArt, mettendone in dubbio l’utilità e la concreta messa in opera. Per non parlare dell’altro grande flop, quello di Italia.it, lanciato nella prima versione nel 2007 e da settembre 2014 passato nelle mani di Enit e costato svariate decine di milioni di euro senza sortire alcun beneficio né risultato concreto in termini di promozione del made in Italy.
Ma Franceschini crede molto nella nuova avventura ITsArt e si dice convinto che l’esplosione della pandemia da Covid19 si è trasformata in un “acceleratore”: «Nel lockdown abbiamo verificato quanto l’offerta culturale possa arrivare nelle case delle persone. Lo abbiamo verificato in modo spontaneo e creativo, come spesso succede in Italia, grazie a migliaia di iniziative culturali online, mostre, concerti, spettacoli offerti e arrivati nelle case – ha evidenziato il ministro a inizio gennaio in occasione dell’evento “Next Generation, the Italian Innovation Society” –».
«Questo movimento spontaneo ci ha ispirato un’idea che abbiamo già finanziato con 10 milioni di euro: si tratta della Netflix della cultura italiana, cioè una piattaforma digitale pubblica, a pagamento, che stiamo costruendo con Cassa Depositi e Prestiti, la quale possa offrire a tutta Italia e tutto il mondo l’offerta culturale del nostro Paese»
Il progetto, oltre a Cdp in quota con il 51% e un investimento di 9 milioni, vede in campo anche Chili Tv con il 49% e altrettanti 9 milioni fra cash e know how. Il Mibact, “regista” dell’operazione mette sul piatto 10 milioni, già autorizzati nell’ambito del Decreto Rilancio.
La piattaforma darà dunque accesso a una serie di risorse on demand, dal live streaming di eventi ai tour virtuali passando fra un ampio catalogo di film e contenuti tematici, a sostegno del settore culturale con benefici economici diretti per chi aderirà all’iniziativa attraverso introiti
E sul portale si potranno anche acquistare biglietti e merchandising. Il progetto è aperto anche ad altre istituzioni e soggetti del settore culturale, pubblici o privati, a partire dalla Rai.
Ma le polemiche non mancano, quelle politiche in primis, con la maggioranza di governo divisa in particolare sul ruolo del Mibact nell’ambito della newco Cdp-Chili. Ad evidenziare perplessità sono i 5Stelle che in un’interrogazione parlamentare hanno acceso i riflettori sull’opportunità di usare fondi pubblici per finanziare un’operazione che vede in campo una società privata – Chili Tv – che nel corso degli ultimi tre anni avrebbe accumulato perdite per 45 milioni e che non produce contenuti propri – laddove si sarebbe potuto puntare su RaiPlay. Ma stando alle notizie circolate fino ad oggi sarebbe stata in realtà la stessa Rai ad aver deciso di non partecipare proprio in virtù della gratuità di RaiPlay e dell’impossibilità di produrre contenuti a pagamento. Ma non si escludono future collaborazioni attraverso, ad esempio, la messa a disposizione del patrimonio di archivio.
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