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Nella sede degli architetti inglesi, la retrospettiva di una società

Aspettando il restyling della sede del Riba, 66 Portland Place, a Londra, una mostra che parla di storia e geografie


Inaugurata nel 1934, quando si stava formando la moderna professione dell’architetto, la sede del Royal Institute of British Architects (Riba) di Londra, racconta molto su valori e convinzioni dei professionisti del secolo scorso e della società in generale. Non solo architettura e design, oltre la matericità del costruito e degli allestimenti esplorando questioni legate alle etnie, al genere, alla razza e all’imperialismo.

Un luogo storico, inaugurato appunto l’8 novembre 1934 dal sovrano George V, noto come 66 Portland Place l’edificio è tutelato e protetto dal Grade II status dal settembre del 1970, progettato dall’architetto George Grey Wornum (1888-1957), che trovò fonti d’ispirazione nell’architettura svedese contemporanea, nell’influenza americana e nella tradizione dello stile britannico georgiano. Oggi ospita sale espositive, la biblioteca del Riba, un auditorium, una libreria, un caffè a servizio di spazi per uffici, per riunioni ed eventi.


Fino al 21 settembre è allestita la mostra Raise the Roof: Building for Change exhibition: un percorso espositivo che scruta gli atteggiamenti incorporati nel tessuto della antica dimora del Riba.


Un evento a carattere partecipativo, solerte nello stimolare i visitatori nel prendere in esame il passato dell’edificio per poi discutere e condividere i propri pensieri sul futuro dell’architettura e della professione.

La mostra è organizzata quasi in contemporanea alle proposte di House of Architecture: un programma di trasformazione dell’istituzione volto a rendere l’architettura più accessibile, con investimenti per la piattaforma tecnologica digitale del Riba e per le sue estese collezioni insieme al rinnovamento dell’headquarter di 66 Portland Place, entro la primavera del 2025.

«Non possiamo cambiare il passato, ma è nostra responsabilità comprenderlo e imparare da esso – dichiara Muyiwa Oki, presidente del Riba – affrontando le scomode verità che si intrecciano nello stesso tessuto della nostra sede. Incoraggiando consapevolezza, riflessione e dibattito, la mostra darà conto del come interpretiamo e contestualizziamo la storia del Riba».

E i riflettori vengono focalizzati verso il Jarvis Mural e il Dominion Screen di 66 Portland Place, coinvolgendo un numero di artisti nell’esaminare come questi elementi d’interni riflettano i valori e le convinzioni del passato. Esibito all’interno di Henry Jarvis Memorial Hall, il murales è opera dell’artista Edward Bainbridge Copnall (1903-1973) e raffigura popolazioni indigene del Sudafrica, dell’India, del Canada e dell’Australia.

«Al centro dell’immagine – racconta il Riba in una nota, a proposito del Jarvis Mural – si trova una rappresentazione del Consiglio del Riba, circondata da edifici legati al dominio imperiale britannico. Questo simbolismo presenta il Riba come un parlamento imperiale di architetti al centro del mondo, collegato alle società e alle istituzioni architettoniche di tutto l’impero britannico. Ai margini si trovano gruppi di indigeni del Sudafrica, dell’India, del Canada e dell’Australia. La loro collocazione, lontano dagli edifici, riflette il modo in cui sono stati esclusi ed emarginati da queste sedi di governo sotto la dominazione britannica».

D’altro canto, firmato dallo scultore Denis Dunlop (1892-1959) il Dominion Screen appare all’interno di Henry Florence Memorial Hall e propone pannelli in legno intagliato in pino del Québec che rappresentano individui, flora e fauna caratteristici del periodo del colonialismo.

Dominion Screen © Christopher Hope-Fitch _ RIBA Collections

Esi Eshun, Thandi Loewenson, Arinjoy Sen e Giles Tettey Nartey sono gli autori dei quattro lavori presentati lungo l’esposizione di Raise the Roof: Building for Change exhibition curata da Margaret Cubbage, con allestimento di MSOMA Architects in collaborazione con lo studio grafico di Plan B.

Blacklight è l’opera firmata dalla designer e ricercatrice Thandi Loewenson che porta alla luce rievocazioni di estrazione delle risorse e sfruttamento delle persone, che sono alla base delle rappresentazioni del Jarvis Mural. Qui, con la collaborazione di Zhongshan Zou, l’architetta utilizza la grafite sia come mezzo di disegno che come piano, entrando in un dialogo materiale con la qualità sfuggente, il bagliore e la lucentezza del lavoro nella e con la terra.

Sempre in risposta ai temi del Jarvis Mural, l’intervento dell’architetto Arinjoy Sen in The Carnival of Portland Place si ispira alla qualità teatrale dell’opera originaria. Una riedizione carnevalesca, riutilizzando il termine impiegato dall’autore, dove si sfidano i simboli obsoleti del potere e le narrazioni imperiali; il Riba viene fantasticato come un sito di ricostruzione portando in prima linea ciò che era stato illustrato come periferico, sottomesso ed emarginato.

Ancora, Assembly è il nome del contributo di Giles Tettey Nartey in risposta ai motivi del Dominion Screen realizzato con legni dell’impero. Fabbricato con il medesimo pino del Québec, qui tinto in nero cupo, ospita 17 pezzi che includono un tavolo intagliato e sedute con forme organiche.

The Vanishment è il cortometraggio di Esi Eshun che conclude la mostra: suoni, nuove riprese e immagini d’archivio raccontano le storie che si celano al di là del Jarvis Mural.

In copertina: Denis Dunlop working in his studio on the panels of a screen representing the fauna, industries, people and flora of the five Dominions, to be installed in the Henry Florence Memorial Hall of the Royal Institute of British Architects, 66 Portland Place, London – from RIBApix

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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