Un’idea del collezionista Tatxo Benet che contiene opere di grandi nomi, da Robert Mapplethorpe a Pablo Picasso, finite “all’indice”
Restituire al grande pubblico le opere d’arte che dal XVIII secolo a oggi sono state oggetto di divieti e censure, che hanno fatto scandalo al punto da essere “proibite” alla visione. Con questo obiettivo apre i battenti a Barcellona il Museo dell’arte proibita, un unicum mondiale che deve i natali all’imprenditore, giornalista e, soprattutto, collezionista Tatxo Benet. Nel 2018 Benet acquistò l’opera dell’artista Santiago Sierra “Presos políticos en la España contemporánea” (“Prigionieri politici nella Spagna contemporanea”), costituita da 24 ritratti fotografici di 74 prigionieri politici dal volto reso irriconoscibile. Ma appena qualche ora dopo fu costretto a rimuoverla dallo stand alla Fiera Internazionale dell’Arte Contemporanea di Madrid (Arco) poiché considerata inadeguata a causa delle polemiche che si scatenarono sul titolo stesso dell’opera, ossia da quel “prigionieri politici”. Un episodio che colpì Benet al punto da spingerlo nei cinque anni successivi alla ricerca di opere soggette a censura e che costituiscono la base delle 200 in mostra al neo Museo spagnolo ospitato a Casa Garriga Nogués, nel cuore del quartiere Eixample, un vero e proprio gioiello architettonico dell’inizio del XX secolo, progettato dall’architetto Enric Sagnier, che già da solo vale la visita con la sua scala monumentale e stanze con decorazioni e vetrate scenografiche.
Nell’arte come nella letteratura la censura continua ancora al giorno d’oggi ad essere un’arma utilizzata da molti governi, ed è ricca la storia di casi emblematici fra cui quella che colpì i dipinti della Cappella Sistina all’epoca di Michelangelo, per citare un’opera di casa nostra.
Nel 2022 il giornalista e scrittore Gareth Harris nel libro “Censored Art Today” – pubblicato da Lund Humphries e Sotheby’s Institute of Art – ha indagato sulle molteplici facce della censura che ostacolano il principio della libera espressione artistica, e che si sono estese anche ai social media con la rimozione di account di artisti considerati “scomodi”.
È lunga la lista dei protagonisti del Museo di Barcellona. La collezione comprende opere di prestigiosi artisti internazionali come Ai Weiwei, Robert Mapplethorpe e Tania Bruguera, oltre a pezzi iconici della storia dell’arte contemporanea, come Civiltà Occidentale e Cristiana di León Ferrari e Piss Christ di Andrés Serrano, a lungo associati ad accesi dibattiti. Anche altri nomi come Pablo Picasso, Francisco de Goya e Gustav Klimt non sono stati esentati dalla censura e fanno parte di questa collezione unica.
«Lungi dall’accumulare le macerie che l’abuso di potere infligge alla creazione artistica, questa collezione incarna un precedente che non ha pari all’interno della nostra società. Dunque, al di là delle opere esposte, il Museu de l’Art Prohibit espone quel che potremmo definire creatività di massa manifestata all’interno di catene infinite di memi», si legge nel manifesto che descrive l’iniziativa. Nei 2mila mq di esposizione le opere sono state allestite in un percorso che, oltre a sottolineare la natura “scandalosa” delle stesse, ne evidenzia anche il lato ironico e critico, invitando i visitatori a una riflessione sul significato dell’arte. E grazie all’uso delle tecnologie digitali ci si può “immergere” nelle opere stesse.
In copertina: Tatxo Benet © Joel Codina
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