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Tra analogico e digitale, come moltiplicare il valore della cultura

Cantieri trasparenti. In diretta sui social del MANN, nei prossimi mesi, il maxi-restauro di un mosaico di Pompei


Durante i mesi del lockdown si è spesso ricorsi al digitale per tenere attivo un canale di comunicazione con i cittadini, si sono sperimentati nuovi linguaggi, ma «ciò che ci ha insegnato l’emergenza è che stiamo continuamente ridefinendo il rapporto della società con lo spazio e con il tempo. Per questo motivo dobbiamo riorganizzare anche la struttura dei luoghi della cultura, allentandone i vincoli temporali (che escludono per esempio un’ampia porzione di lavoratori dall’accesso al museo) e abbracciare la parte più ludica e partecipativa di questa cultura, che non dovrebbe mai essere elitaria e che dovrebbe essere “diffusa”, nel senso di portata anche fuori dal museo». Queste le parole dell’esperto di gestione della cultura Michele Trimarchi, intervenuto per una lectio magistralis all’Università degli Studi Roma Tre.


Intanto, alcuni musei, nelle cosiddette “regioni gialle” iniziano a riaprire le porte ai visitatori (per ora solo nei giorni infrasettimanali). E c’è chi, come il Museo Archeologico Nazionale di Napoli ha deciso di tentare un’innovazione: raccontare un lavoro, mostrare un cantiere trasparente


È costituito da oltre un milione di tessere, pesa circa sette tonnellate e ha una storia millenaria. È il mosaico della “Battaglia di Isso”, un’opera di dimensioni imponenti, poco meno di 6 metri per 3, che in epoca romana decorava il pavimento della Casa del Fauno di Pompei, ma che rappresenta ora un simbolo per il Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Il capolavoro dei tesori pompeiani custoditi al Mann di Napoli è pronto a risplendere, grazie alla campagna di restauro che a partire da fine gennaio sarà realizzata con la supervisione dell’Istituto Centrale per il Restauro (ICR). Un cantiere aperto al pubblico e raccontato in rete sui canali social ufficiali del Museo grazie alla collaborazione dell’Università del Molise e del CRACS, il Centro di Ricerca per l’Archeometria e le Scienze della Conservazione (un’organizzazione accademica formata dal Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e delle Risorse dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e dal Dipartimento di Scienze e Tecnologie dell’Università degli Studi del Sannio di Benevento).

Il mosaico della Battaglia di Isso oggi. Ph. © Federica Maria

«Un viaggio entusiasmante lungo sette mesi ci attende – ha dichiarato alla stampa Paolo Giulierini, direttore del Museo –. Dopo il minuzioso lavoro preparatorio, studiosi ed esperti si prenderanno cura, con le tecniche più avanzate, del nostro capolavoro pompeiano, raffigurante la celebre battaglia fra l’armata di Dario III, re dei persiani, e l’esercito macedone guidato da Alessandro Magno. La tecnologia e le piattaforme digitali ci consentiranno di seguire le delicatissime operazioni, passo dopo passo, in una sorta di “cantiere trasparente”, come mai accaduto prima» ha aggiunto Giulierini.

Il momento dell’ispezione. Ph. © Pedicini Fotografi

Per assistere ai diversi momenti del restauro del mosaico, scoperto a Pompei nel 1831, si potrà accedere ai canali Instagram, Facebook e Youtube del Mann. Nella prima fase, la superficie dell’opera sarà oggetto di ispezione visiva e tattile, un passaggio preliminare alla successiva pulitura delle tessere. Il mosaico, poi, verrà rimosso dalla sua attuale collocazione, per giungere tra aprile e luglio alla fase più interessante di tutto il percorso di recupero: i restauratori lavoreranno sulla superficie retrostante l’opera, senza poter vedere direttamente le tessere musive. Per ovviare a questa mancanza, TIM, collaborerà alle operazioni dotando i restauratori di appositi smart glasses, permettendo loro di poter monitorare con accuratezza “chirurgica” la corrispondenza tra la zona di intervento e la relativa superficie non visibile. Il progetto di restauro, così, diventerà un’occasione per valorizzare – anche nella percezione dei visitatori – non solo l’articolato percorso di ricerca, ma anche la metodologia adottata.

Michele Trimarchi Ph. © Fondazione Symbola

L’iniziativa del Museo Archeologico Nazionale di Napoli ben rappresenta quella “magia dell’interno” che il professor Michele Trimarchi, ha definito un aspetto fondamentale per ogni luogo della cultura, «un modo per fare immergere il visitatore a 360 gradi nella cultura, un restauro che non intacca il godimento dell’opera ma anzi, diventa un modo per moltiplicare la partecipazione e la condivisione». «Se da un lato stiamo assistendo, a causa dell’emergenza sanitaria in corso, ad una progressiva digitalizzazione dei musei (come è accaduto anche a Taranto), dall’altro è giusto che analogico e digitale continuino a convivere, e anzi si compenetrino tra loro, creando servizi ma anche relazioni, perché gli ambienti della cultura hanno bisogno di fruitori, quindi della comunità», ha sottolineato.


«La cultura è l’unica cosa che risponde all’esigenza di rappresentazione del sé come bisogno. È dunque un’urgenza endemica della natura umana quella che stiamo ignorando» ha aggiunto ancora l’economista della cultura Michele Trimarchi


«Ecco che allora per valorizzare la cultura non bastano gli investimenti economici, ma è necessario incoraggiare l’estrazione e la moltiplicazione del valore da opere d’arte, monumenti, collezioni museali, bisogna fare in modo che gli utenti escano da un museo “diversi” da come ci sono entrati, bisogna attivare una reazione in loro. E a volte basta anche solo semplicemente riorganizzare gli spazi espositivi» ha concluso il docente. Sulla stessa linea della presentazione del muovo Macro di Roma.

In copertina ph. © Sergei Akulich 

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