A Parigi il racconto della nascita e della trasformazione di questi edifici tra il 1852 e il 1925
Attività di consumo del quotidiano, lo shopping è per tutti un’azione consolidata. Un fenomeno di costume guidato da ragioni reali o compulsive, assecondato da una offerta sempre più estesa e disparata. I luoghi per gli acquisti? Spaziano dagli ambiti tradizionali più consueti alle piattaforme digitali, a cui si aggiunge la ricerca di nuova identità per quelli che un tempo erano gli edifici per le vendite, ora in disuso, oggetto anche dell’iniziativa Let’s change the way we shop .
Ma quali sono le caratteristiche dei primi luoghi per lo shopping di massa? L’immaginario corre ai grandi magazzini di Londra e Parigi fino agli Stati Uniti, seguite dall’Italia solo a fine Ottocento con l’apertura di Aux villes d’Italie, con intervento dei fratelli Bocconi a Milano.
Nelle gallerie del Musée des Arts décoratifs della Ville Lumiere (fino al prossimo 13 ottobre) un’occasione per immergersi nella nascita e storia dei primi templi per il mondo del consumismo e della modernità. «La naissance des grands magasins 1852-1925, mode, design, jouet, publicité» è il titolo che introduce il percorso espositivo, tracciando le trasformazioni dello shopping parigino dalla seconda metà del XIX secolo fino all’Exposition internationale des Arts décoratifs et industriels modernes de 1925.
Non casuale la data 1852, anno in cui il visionario imprenditore Aristide Boucicaut creò Le Bon Marché, primo grande magazzino della capitale nell’epoca del Secondo Impero di Napoleone III.
Anni segnati da un dinamico boom economico e da radicali trasformazioni urbane firmate dal barone Haussmann in cui i nuovi magazzini posero le basi del commercio moderno e della società dei consumi. Ambiti per gli acquisti dove la moda non era più esclusiva, ma democratizzata e accessibile alla borghesia, dove si introdussero i saldi stagionali, si pubblicarono i cataloghi, debuttarono i manifesti della pubblicità e si diede avvio alle vendite per corrispondenza per chi non risiedeva in città.
Les Grands Magasins du Louvre, Au Printemps, La Samaritaine e Les Galeries Lafayette i protagonisti di settore che seguirono Le Bon Marché e tra le figure imprenditoriali i nomi di Jules Jaluzot e la coppia Cognacq-Jay.
Destinazioni per lo shopping d’eccellenza che rivoluzionarono il panorama della vendita al dettaglio. Il tutto all’interno di un unico stabile. Edifici con un forte carattere rappresentativo e determinati nell’intrattenere un rapporto visivo diretto con i passanti attraverso le loro vetrine.
Significativo il numero di reparti per i più piccoli che testimoniarono la loro importanza nella famiglia del XIX secolo. Un fenomeno, introdotto nella mostra come un’evoluzione sociopsicologica, sottolineato dal disegno dei nuovi indumenti e dagli inediti giocattoli: svaghi ad effetti ottici, passatempi per imitare il mondo delle costruzioni o di altri mestieri accanto ad imitazioni di oggetti delle attività quotidiane degli adulti in miniatura, come la macchina da cucire di Singer. Tra i costumi il completo da Highlander di Les Trois Quartiers e il vestito da marinaio di La Belle Jardinière.
Tra le sezioni dell’esposizione, il capitolo dove la democratizzazione della moda e la mitica immagine della “Parisienne” appaiono in primo piano. La Parigi di Haussmann offrì alle donne spazi esclusivi dove la figura della parigina divenne protagonista, un mito di bellezza e di eleganza che è ancora molto vivo.
Templi per gli acquisti in grado di lusingare figure femminili che qui furono in grado di avere un rapporto diretto con gli oggetti in esposizione.
Abiti e accessori che potevano essere osservati, toccati e provati liberamente. Esperienze inconsuete raffigurate anche nel mondo delle arti, quali il manifesto di Henri Thiriet che illustrò il rapporto dirett con la merce. Dagli scritti di Émile Zola il riferimento ai grandi magazzini come il «royaume de la femme» per il romanzo dal titolo Au Bonheur des Dames. Inedito anche il business model dei Magazzini, che si orientò verso una strategia dei prezzi basata sulla concorrenza e sulla meccanizzazione e razionalizzazione della produzione al fine di contenerne i costi, aprendo il settore delle vendite non solo ad una classe d’élite ma anche alla borghesia.
Del periodo i primi capi fabbricati direttamente dai grandi magazzini, come sono state le creazioni di moda di Les Grands Magasins du Louvre.
Nel periodo tra le due guerre, la nascita degli “ateliers d’art” all’interno dei department stores, segnata da una rivoluzionaria generazione di artisti creativi determinati nel volersi unire per rinnovare il ruolo delle arti decorative. Pioniere dell’iniziativa fu Printemps che già nel 1912 inaugurò il laboratorio Primavera specializzato nella produzione di serie di mobili e oggetti d’arte a prezzi accessibili. La Maîtrise è il nome dell’atelier di Galeries Lafayette, affidato a Maurice Dufrêne nel 1921 e Pomone l’opificio di Le Bon Marché inizialmente seguito da Paul Follot. Studium-Louvre è l’officina di Les Grands Magasins du Louvre fondata nel 1923 e curata da Étienne Kohlmann.
È del 1925 il grande evento dell’Esposizione internazionaledi arti decorative e industriali moderne che nacque per celebrare le arti applicate e fu seguito da 16 milioni di spettatori. In quell’occasione ogni grande magazzino ebbe l’opportunità di promuovere le proprie realizzazioni all’interno di estesi padiglioni, raffigurati dalle immagini sètoriche di Albin Salaün e François-Antoine Vizzavona.
In copertina: Les Grands Magasins Dufayel, 1895 – 1900 ©Les Arts Décoratifs
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