La rete ciclabile si estende, ora uno scatto culturale: la bici è mezzo di trasporto, non passatempo
La soluzione più semplice per alcuni dei problemi complessi che le città stanno affrontando rispetto a cambiamento climatico, insostenibilità – ambientale ed economica – della mobilità tradizionale, congestione dei centri urbani, aumento dei prezzi delle materie prime. Così è considerata la bicicletta nelle strategie di sviluppo urbano di un numero crescente di città europee: un mezzo di trasporto da privilegiare per gli spostamenti connessi a lavoro, tempo libero, turismo. Aumentano gli investimenti destinati alla costruzione di infrastrutture ciclabili, spinti anche da misure mirate a sostenere il comparto – si pensi ai fondi Pnrr per le ciclovie turistiche o alla recente approvazione della Cycling Strategy da parte del Parlamento Europeo – e si rincorrono eventi ed iniziative per promuovere l’uso delle due ruote.
L’ultimo appuntamento di livello continentale si è chiuso qualche giorno fa a Lipsia, in Germania, città che ha ospitato – dal 9 al 12 maggio – Velo-city, evento di punta con cadenza annuale della Federazione europea dei ciclisti (Ecf), associazione con base a Bruxelles fondata nel 1983 che promuove il ciclismo sia per i trasporti che per il tempo libero. La città tedesca, la più grande della Sassonia, è stata interessata da un rilevante aumento demografico negli ultimi decenni e ha adottato una strategia di riassetto urbano incentrata sul potenziamento di un sistema di mobilità «sostenibile, sicuro e affidabile», puntando fortemente sull’uso della bici: negli ultimi 20 anni Lipsia ha raddoppiato il volume del traffico su due ruote, la lunghezza della sua rete ciclabile ha superato i 500 km (quattro volte di più rispetto ai 74 km del 1990), le biciclette sfiorano quota 600mila unità – 955 ogni 1000 abitanti – e sono stati varati sostegni finanziari anche per l’acquisto di cargo bike.
La sua vocazione «cycle-friendly» rende inoltre la città tedesca una meta per il cicloturismo, con attrazioni culturali (castelli, palazzi, musei), siti storici industriali e zone di campagna e foresta che possono essere tutti raggiunti attraverso specifici itinerari ciclabili (uno dei percorsi più gettonati, quello sul ponte Sachsenbrücke, conta circa 9mila ciclisti al giorno).
Velo-city Leipzig (Lipsia), sotto lo slogan «Leading the Transition» (guidare la transizione), ha registrato oltre 1.500 partecipanti provenienti da circa 60 Paesi di tutto il mondo, tra relatori, rappresentanti politici, ricercatori e leader del settore. L’evento è localizzato ogni anno in una città in «pole position» per l’impegno a incrementare diffusione, sviluppo e qualità del traffico in bici. Gli scorsi anni si è svolta, ad esempio, a Lubiana (2022), in Slovenia, e a Lisbona (2021), in Portogallo. Nell’edizione di quest’anno sono state premiate invece città come Helsingborg in Svezia, Oslo in Norvegia, Essen e Heidelberg in Germania. La manifestazione ha fatto tappa in Italia, l’ultima volta, nel 1990, quando si svolse a Milano.
I progressi sul fronte della ciclabilità, tuttavia, non sono mancati anche nel nostro Paese, in particolare in alcune città e lungo specifiche direttrici.
«In Italia c’è tanta strada da fare ma non siamo all’anno zero – afferma Alessandro Tursi, presidente di Fiab, Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta, che fa parte di Ecf ed è presente sul territorio nazionale con circa 200 sedi locali -. La situazione è molto variegata con un maggiore sviluppo al Nord e lungo la costa orientale: Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Veneto, Emilia Romagna, il litorale abruzzese, alcune zone della Puglia. L’orografia che caratterizza la Penisola favorisce questo tipo di sviluppo asimmetrico – continua – ma con la sempre maggiore diffusione delle biciclette a pedalata assistita queste differenze inizieranno a ridursi e, allo stesso tempo, tenderà a cadere il muro dei 5 km per il pendolarismo in bici per avvicinarsi sempre di più ai 10 km, favorendo così gli spostamenti tra centro e periferia».
In particolare, prosegue Tursi, «ci sono città come Bolzano o Ferrara che potrebbero competere con realtà scandinave, con oltre un terzo dei movimenti quotidiani in bicicletta; Milano e Torino che hanno fatto passi avanti importanti; mentre una realtà come Roma sconta un ritardo spaventoso. La costa abruzzese, infine, rappresenta un esempio positivo in termini di ciclabilità sia per lavoro che per turismo».
Quale può essere, allora, l’obiettivo per l’Italia? «Superare il pregiudizio che la bicicletta serva solo per fare passeggiate nel parco – taglia corto Tursi -: basta guardare ad esempi di città come Parigi che, pur con la sua fitta rete di metropolitana, continua a investire sulle vie ciclabili, ma anche alla Spagna, che ci sta superando – e dove Valencia è un caso studio: città che, grazie agli ingenti investimenti e a una precisa visione strategica ha offerto sempre più l’immagine di centro urbano sostenibile fortemente connesso all’uso della bicicletta. O all’Europa dell’Est, si pensi a Lubiana. Le metropoli del XXI secolo non possono essere immaginate senza investimenti strutturali in piste ciclabili e infrastrutture intermodali, a partire dai parcheggi per le due ruote, per raggiungere luoghi di lavoro, scuole, spazi per il tempo libero, mete turistiche».
Lo scorso marzo, intanto, si sono celebrati i 25 anni di EuroVelo, rete ciclabile europea, sviluppata dalla Ecf e coordinata in Italia da Fiab. Degli oltre 93mila km previsti a livello europeo, 56mila km sono già percorribili in bicicletta, attraverso 17 itinerari ciclistici di lunga percorrenza che collegano l’intero continente toccando 42 nazioni.
La rete EuroVelo attraversa l’Italia con tre itinerari. La Via Romea Francigena (Ev-5) è il più famoso, con 3.200 km da Londra alla Puglia che, sul territorio italiano, congiungono Como con Brindisi. Poi c’è la Ciclovia del Sole (Ev-7), da Capo Nord a Malta percorrendo 7.700 km, e che raggiunge l’Italia dal Brennero, scendendo fino alla Sicilia (realizzata fino a Bologna, finanziata fino a Firenze). E, infine, la Ciclovia del Mediterraneo, oltre 7.000 km dal sud della Spagna a Cipro, lungo la costa, che entra in Italia a Ventimiglia, passa per Torino e attraversa la Pianura Padana verso Trieste, facendo tappa a Venezia.
Il progressivo sviluppo delle vie ciclabili e il loro crescente utilizzo genera anche in Italia un impatto potenzialmente sempre più rilevante sul fronte del turismo strettamente connesso all’uso delle due ruote. Secondo l’ultimo rapporto «Viaggiare con la bici 2023», presentato a fine marzo e realizzato da Isnart per l’Osservatorio sull’Economia del Turismo delle Camere di Commercio, promosso con Legambiente, fra cicloturisti ‘puri’ (che soli lo scorso anno hanno superato quota 9 milioni di presenze turistiche, più del doppio del 2019) e turisti in bicicletta, – si legge nel documento – si stima che nel 2022 siano state oltre 33 milioni le presenze in Italia, con un impatto economico superiore ai 4 miliardi di euro. «Si parla tanto di cicloturismo e tutti ne sembrano attratti ma è necessario precisare – osserva Tursi – che qualsiasi piano di sviluppo sul fronte cicloturistico è destinato a non attecchire laddove non vi sia un uso quotidiano di bicicletta e infrastrutture ciclabili. Insomma, non è possibile fare un ‘trapianto a freddo’: per avere successo l’uso della bicicletta deve essere una pratica davvero diffusa a livello urbano».
In copertina: Mobilità green in Augustusplatz, Lipsia © Philipp Kirschner
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