Progetto grafico di Anton Repponen. Gli edifici iconici della Grande Mela nel bel mezzo di deserti, oasi naturali e paesaggi marziani
Vi è mai capitato di pensare ad un edificio che conoscete bene, astrarlo ed inserirlo in un contesto totalmente avulso dal primo? Un po’ come nei sogni, dove oggetti, volti e luoghi, possono assumere un significato decisamente diverso rispetto alla realtà. È questo il concetto alla base di “Misplaced” (fuori luogo), progetto grafico visionario di Anton Repponen, interaction designer di base a New York con un background nel mondo dell’architettura.
Guardando i suoi lavori è così possibile “scoprire” che il palazzo che ospita la sede delle Nazioni Unite, progettato da Oscar Niemeyer e Le Corbusier, non si trova più nella Grande Mela, bensì nel bel mezzo di un deserto. Sorte simile è capitata al Whitney Museum di Renzo Piano, che invece di affacciarsi sul fiume Hudson, è adagiato su delle brulle colline segnate dal passare del tempo. In totale sono undici gli edifici caratterizzanti dello skyline newyorkese traslati nel paesaggio naturale. Il tutto è frutto di un lungo e certosino lavoro di fotografia prima, e di montaggio poi: “in ogni immagine – spiega Repponen – l’edificio raffigurato è il risultato di tanti scatti differenti. Il Breuer Building è un esempio perfetto: l’angolo sinistro proviene da una foto scattata in giornate diverse rispetto a quanto fatto per l’angolo opposto dell’edificio. Dopo un lavoro di editing teso ad unire le varie componenti, elimino le ombre e le linee causate da fattori esterni per restituire la struttura nella sua forma originale, ovvero come è stata pensata da chi lo ha progettato”.
Ed è proprio questo l’obiettivo del giovane designer: mostrare questi landmark estrapolandoli dal contesto di riferimento che, inevitabilmente, modifica la percezione di volumi famosi in tutto il mondo e nelle cui stanze, in alcuni casi, è stata fatta la storia.
È quindi possibile godere di particolari ai quali non si era mai fatto caso, quasi come fosse la prima volta che ci si ferma a guardarli.
“Ci sono tantissimi edifici molto belli in città – sottolinea Repponen –, che nel giro di poco tempo, perdono molto del loro fascino a causa dall’area circostante. Paradossalmente, le stesse attività nate grazie alla loro costruzione, influenzano negativamente la resa estetica di queste costruzioni iconiche del landscape cittadino”.
A completare questo progetto grafico, ognuna delle 11 strutture è accompagnata da una descrizione scritta da Jon Earle, copywriter di Brooklyn, quasi come si trattasse di una guida di viaggi. Non si tratta però di “semplici” spiegazioni, quanto di “aneddoti e storie inventate che accrescono il senso umoristico, dell’assurdo e del mistero di tutto il progetto – racconta Repponen –. Sono come scene di un film mai girato, immagini ideali per raccontare una storia che non avrebbe alcun senso logico”.
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