Viaggio enogastronomico lungo lo Stivale: gusti particolari e ricette prodotte dalla creatività e dalle mani di chef di primo livello
Quattro chef, quattro ricette, un menu da riprodurre a casa: è la proposta di Pantografo per le prossime festività. A causa della pandemia, infatti, molti ristoranti rimarranno chiusi e altri lavoreranno solo tramite asporto e consegna a domicilio. E allora perché non “affrontare” i fornelli della propria cucina e cimentarsi con le ricette che quattro giovani chef hanno messo a disposizione di chiunque voglia proporre una cena casalinga e allo stesso tempo gourmet?
Detto fatto. Si comincia con l’antipasto, le Montanarine con salsa iodata alle ostriche, tartare di tonno, alga in polvere e teriyaki, proposta dello chef Raffaele Dell’Aria direttamente dalle cucine del ristorante Litho55 di Napoli. A partire dalla classica “montanara”, la pizza fritta partenopea tradizionalmente condita con salda di pomodoro, parmigiano e basilico, Dell’Aria propone un dialogo fra il pescato del nostro mare, la cucina giapponese e quella francese. Nella sala iodata, infatti, la maionese si prepara con l’uovo cotto, ricetta che lo chef ha imparato durante il suo periodo di formazione al di là delle Alpi. «Un piatto che fa Napoli-Parigi-Tokio», così lo definisce. In generale, la cucina di Litho55 parte dalla tradizione e quindi da prodotti locali come il cipollotto nocerino, la papaccella napoletana, il provolone del monaco, per andare incontro alla sperimentazione e all’innovazione.
Ingredienti per quattro persone
Per la salsa iodata:
4 ostriche con la loro acqua
4 steli di erba cipollina
sale
pepe
succo e buccia di un lime
400 g di maionese
aceto di xeres
Per la salsa teriyaki:
60 g aceto mirin
60 g sakè
20 g soya
20 g acqua + 10 g zucchero
Ridurre tutto in pentola di acciaio a fiamma bassa fino alla consistenza desiderata
Garnish: tartare tonno, alga in polvere e sakura
Ingredienti per l’impasto delle montanarine
Per la biga:
1 kg di farina strong
460 g di acqua
7 g di lievito di birra (in inverno 10 g)
Impastare per pochi minuti e lasciare lievitare per 16/18h
Per l’impasto:
1.460 g di biga
18 g di malto
20 g di sale
18 g di lievito
90 g di farina strong
290 g di acqua
Inserire tutto in planetaria tranne il sale e acqua che vanno aggiunti gradualmente, impastare per 15/20min. Pirlare e velare d’olio, lasciar lievitare per 4 ore. Dividere in piccoli panetti e friggere in abbondante olio caldo.
Dopo l’antipasto passiamo al primo e scendiamo in Sicilia, per la precisione a Milazzo, provincia di Messina. Qui Dario Pandolfo, chef del ristorante dell’Hotel Ngonia Bay, propone i Ravioli di pollo alla cacciatora con salsa ai funghi e peperoni. Il piatto, a partire dal sapore delicato della carne bianca, diventa robusto e deciso attraverso i prodotti della terra. La carta vincente di Pandolfo risiede nella sua capacità di accostare ingredienti poveri ad altri pregiati trattandoli con la stessa cura. Lo chef, che si è formato alla Scuola di Cucina Alma e ha fatto esperienza in alcune delle più rinomate realtà stellate d’Italia ed Europa, propone una “cucina territoriale”. Fondamentale il legame con materie prime accuratamente selezionate da una filiera di contadini, allevatori, pescatori e produttori siciliani che lavorano in maniera etica e sostenibile. Una sensibilità, quella dello chef di Pandolfo, che si manifesta anche a livello umano. È lui che con il supporto del proprietario del Nigonia Bay Marco Calabrese e di tutto il team di sala e cucina, ha lanciato l’iniziativa “Hope Cooking is an act of love” (@HOPEcookingisanactoflove su Facebook) mettendo in moto un’imponente macchina organizzativa capace di donare oltre 2 mila pasti ai più bisognosi. «Cucinare è un gesto d’amore – ha spiegato lo chef – e in questo momento abbiamo bisogno di energia positiva, abbiamo bisogno di restare uniti».
Ingredienti per quattro persone
Per la pasta fresca:
400 g farina 0
3 uova
3 tuorli
Per il ripieno:
2 cosce di pollo
1 peperone
1 patata
100 g di funghi Champignon
Rosmarino q. b.
Olio d’oliva q. b.
Sale q. b.
Pepe nero q. b.
200 g di burro
100 ml di vino bianco
Per la crema di peperoni:
3 peperoni rossi
Sale q. b.
Per la salsa ai funghi:
1 scalogno
1 foglia di alloro
100 gr di funghi secchi
100 ml di vino bianco secco
250 ml di panna fresca
50 g di burro
Procedimento
Per il ripieno dei ravioli. In una teglia condire il pollo con tutti gli aromi, sale e pepe, aggiungere le verdure tagliati in pezzi regolari, il burro, il vino bianco e l’olio. Coprire con della carta alluminio e infornare a 160 gradi per 2 ore.
Per la pasta fresca. Impastare la farina con le uova e lasciare riposare l’impasto per 30 minuti. Nel frattempo completiamo il ripieno eliminando le ossa del pollo e versando tutto il contenuto della teglia in una planetaria. Impastare con una frusta fino a ottenere un ripieno omogeneo. Stendere la sfoglia della pasta a uno spessore di 2 mm, coppare e formare i nostri ravioli.
Per la crema di peperoni. Cuocere in forno a 170 gradi per 30 minuti i peperoni interi. Una volta cotti coprirli con della carta alluminio in modo da rendere più facile la spellatura. Una volta rimossa la pelle e i semi frullare i peperoni in un mixer, aggiustare di sale e mantenere in caldo.
Per la salsa ai funghi. Rosolare lo scalogno tagliato sottile con una noce di burro, aggiungere i funghi secchi e sfumare con il vino bianco. Aggiungere la panna e lasciare ridurre per metà. Una volta ridotto setacciare la salsa e mantenere in caldo.
Cucinare i ravioli in abbondante acqua salata bollente, scolarli e saltarli con una noce di burro. In un piatto versiamo la crema di peperoni, aggiungiamo i ravioli, completiamo con la salsa ai funghi, del timo fresco e dei funghi saltati.
La seconda portata del nostro menù è opera di Antonio Guerra, chef di Vitique, ristorante e bistrot di Greve in Chianti. La sua ricetta? Il Morone alla brace, burro e salvia, un piatto di pesce che al sapore del mare abbina quelli della panna fresca e dello spumante bianco. Evoluzione, ricerca e leggerezza contraddistinguono la cucina di Guerra che si concretizza nella preparazione di pietanze nelle quali la materia prima viene esaltata e mai snaturata. Dopo diverse esperienze lavorative accanto a chef stellati fra Milano e Firenze, Guerra è approdato appunto nel Chianti, nel locale di proprietà del Santa Margherita Gruppo Vinicolo. Riferendosi al suo team, oltre che a sé stesso, racconta: «ci piace immaginare la nostra proposta come un “viaggio in Italia” che parte dalla Toscana e, attraverso le diversità del territorio nazionale, si lascia ispirare e contaminare».
Ingredienti per quatto persone
4 trancetti di morone da 170 g cad.
400 ml di spumante bianco
400 ml di panna fresca
200 g di burro
100 ml di aceto bianco
100 g di salvia essiccata (da polverizzare in un macina caffè)
700 g di spinaci
Sale q.b.
Olio extravergine di oliva
Procedimento
Per la salsa: portare a bollore lo spumante e la panna e ridurre della metà. Emulsionare lo spumante e la panna ridotti con il burro, l’aceto e un pizzico di sale. Cuocere a fuoco vivo gli spinaci con un filo d’olio e un pizzico di sale e asciugare con carta assorbente.
Per la cottura del pesce: se sprovvisti di barbecue scottare a fuoco vivo in padella in maniera uniforme su tutti i lati e terminare in forno per circa 5 min. a 180°.
Per impiattare: porre in un piatto fondo gli spinaci alla base, proseguire con il morone e la polvere di salvia e infine completare con la salsa al burro calda.
Il dolce? È opera della creatività di Federico Beretta, chef e proprietario del ristorante Feel Como. Si tratta della Mousse al fieno, verza al cioccolato, terra alle erbe e pino mugo, un piatto che trasforma i profumi del bosco e della terra in un dessert anticonvenzionale. Beretta, dopo essersi formato all’istituto alberghiero, ha fatto esperienza per una decina di anni fra la Lombardia e l’estero. Dopo tanto girovagare, qualche anno fa ha deciso di aprire il suo ristorante nel cuore della città comasca, ottenendo negli anni diversi riconoscimenti. Accanto a lui lavora la moglie Elisa Forlanelli che, laureata in architettura, ha conseguito successivamente il titolo di sommelier. «Guardiamo con attenzione alla scelta della materia prima, locale, di stagione, proveniente da piccoli produttori, allevatori e pescatori rigorosamente d’acqua dolce – spiegano i due –. Il territorio, lariano e alpino in più larga scala, ci offre prodotti di alta montagna e di lago, di bosco e torrente, ma anche di richiamo mediterraneo grazie ad alcuni microclimi delle sponde dei laghi. Un’offerta incredibile e affascinante, a cui non potevamo resistere».
Ingredienti
Per la mousse:
0,250 lt di panna
0,100 lt di latte
fieno q. b.
100 g di tuorlo d’uovo
100 g di zucchero
4 fogli di gelatina
3 foglie di verza
cioccolato bianco
Mettere a bollire il latte con il fieno e lasciare in infusione per un paio di ore. Montare i rossi con lo zucchero e tenerli da parte. Montate poi la panna con il latte al fieno e aggiungere la colla di pesce messa a bagno precedentemente. Servirsi di stampi da dolce e mettere a raffreddare.
Prendere le foglie di verza e con un pennello ricoprirle con del burro. Cuocere la verza in forno a 110 gradi per un’ora. Una volta fuori dal forno la verza sarà croccante. Sciogliere il cioccolato bianco a bagnomaria e immergerci la verza.
Per terra alle erbe:
100 g di farina
50 g di cacao
10 g di lievito
100 g di tuorli
115 g di zucchero
160 g di burro
120 g di albume
10 g di zucchero
liquore alle erbe (Braulio o simili)
gemme e rami di pino mugo
zucchero
Procedimento
Impastare i tuorli con lo zucchero (115 g), aggiungere farina, il lievito e il cacao e continuare ad amalgamare gli ingredienti. Delicatamente incorporare all’impasto gli albumi precedentemente montati con lo zucchero (10 g). Far cuocere in forno per 40 minuti a 170 gradi. Una volta cotto e asciutto bagnare con l’amaro alle erbe e lasciare asciugare. Per lo sciroppo di pino mugo immergere in un vasetto di vetro le gemme e qualche rametto di pino mugo e ricoprire con lo zucchero. Lasciare il vasetto chiuso a temperatura ambiente per 1 mese. Otterrete cosi uno “sciroppo” di pino mugo.
Impiattare mettendo alla base la terra di Braulio e adagiando sopra la mousse. Versare sopra qualche goccia di sciroppo di pino mugo e per ultimo la verza croccante.
Tutto è pronto, dall’antipasto al dolce, è ora di sedersi a tavola. E se dopo quattro piatti di questo calibro la tentazione e la tradizione di addentare una o più fette di panettone dovesse essere insopprimibile, a saziare i palati più esigenti intervengono le produzioni artigianali di diversi chef stellati e non. Da provare, fra gli altri, il Panettone con le albicocche pellecchielle del Vesuvio, opera di Gennario Esposito e Carmine Di Donna, il Panettone al limoncello, realizzato da Antonino Cannavacciuolo, e, per chi lo desiderasse nella sua versione classica (ma esiste anche con cioccolato e arancia) c’è il Panettone Niko Romito che prende il nome dal noto pluristellato chef abruzzese.
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In copertina: Salmerino alpino, amaranto e zucca fondant. Chef Federico Beretta. Ph. © Stefano Borghesi