Sinergia tra struttura ospitante e mostra ospitata per attrarre diversi target di pubblico al Chiostro del Bramante
L’arte contemporanea incontra quella rinascimentale e l’una trasforma l’altra. L’architettura del Chiostro del Bramante ha accolto le forme delle tre mostre curate da Danilo Eccher che dal settembre 2016 hanno trasformato le linee del complesso dietro Piazza Navona; artisti come Robert Indiana, Alexander Calder e Tsuyoshi Tane hanno portato nello spazio progettato da Donato Bramante opere «dai linguaggi fortemente esperienziali e adatte a coinvolgere il pubblico attraverso molteplici sollecitazioni». Tra le tante che si sono susseguite negli anni e nelle tre mostre All the Eternal Love I Have for the Pumpkins di Yayoi Kusama, tra le più instagrammate al mondo), la Risata Continua (D’io) di Gino De Dominicis, un’opera invisibile nel suo essere “solo” sonora, Heliondimio di Luigi Ontani, che allestisce lo spazio sulla falsariga di un tempio sacro, e usa la simbologia per richiamare il percorso verso la luce.
A caratterizzare tutte le mostre, però, la presenza di opere site specific. In altre parole, commissionate per l’esposizione e dalla direzione artistica del museo in collaborazione con il curatore. «Oltre a individuare gli artisti – spiega Natalia De Marco, direttrice artistica del Chiostro del Bramante – con il curatore si cercano le opere idonee allo spazio che le ospiterà ma anche di pensarne altre specifiche per la mostra che si intende allestire».
Il caso più eclatante è quello del tappeto di fiori creato da Michael Lin proprio nel Chiostro in occasione di Enjoy (23 settembre 2017 – 25 febbraio 2018) che è intervenuto nello spazio più delicato – gli esterni – dell’architettura rinascimentale cambiandone visibilmente le caratteristiche. Emulsione su legno, creata con la collaborazione degli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Roma e Rufa Academy insieme ad altri licei d’arte romani, ha visto l’artista sul luogo per tre volte prima dell’inaugurazione. La ricostruzione, ideale, di un giardino fiorito modifica completamente la percezione dello spazio classico e, attraverso l’utilizzo di elementi pittorici facilmente riconoscibili, invita a «riconsiderare la percezione degli ambienti istituzionali e – in questo caso specifico – di un monumento storico, per ridefinirli come luoghi di incontro e partecipazione collettiva» si legge nel catalogo dedicato all’esposizione.
Più semplice lavorare sugli spazi interni che, grazie agli artisti, cambiano forme e destinazioni. Come nell’opera site specific di Alexandra Kehayoglou Lou What if all, commissionata e prodotta da Dart – Chiostro del Bramante per l’ultima delle tre esposizioni curate da Eccher: Dream, aperta fino al prossimo 25 agosto. Lana intrecciata a mano per ricreare una soffice caverna e pitture rupestri che in un niente lasciano spazio a una dimensione labirintica, astratta e geometrica (Peter Kogler).
«Il Chiostro cerca di sostenere l’opera d’arte contemporanea anche architettonicamente, in un accompagnamento totale – afferma la De Marco – che vede in azione un “team curatoriale”. Lavoriamo sempre insieme, dalla scelta degli artisti alle indicazioni per le opere site specific».
La collaborazione tra arte del passato e del presente sembra essere vincente anche dal punto di vista dell’attrattività della sede museale. «È un’alleanza che aiuta sia la mostra ospitata che il museo ospitante» conferma la direttrice artistica. Che spiega: «Il chiostro come monumento architettonico viene visitato prevalentemente da stranieri, richiamati dalla fama del Bramante e di Raffaello. Il pubblico che invece recepisce mostre come Dream – in prevalenza italiano -, spesso non conosce la struttura che custodisce le “Sibille” di Raffaello. Capita frequentemente così che chi arriva per visitare l’architettura è poi attratto anche dalla mostra d’arte contemporanea e viceversa».