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L’incontro tra arte e scienza: a Londra la mostra dalle visioni futuriste

L’esposizione alla Tate Modern è curata da Val Ravaglia e Odessa Warren. Il focus dalle sperimentazioni degli anni ’50 alla rivoluzione digitale


L’arte trasmessa dalla scienza e dalle macchine si manifesta come evento contemporaneo, favorito dal progresso dell’intelligenza artificiale e dall’uso estensivo di tecnologie di comunicazione digitali. Nell’offerta culturale internazionale, sia musei che gallerie accolgono progressivamente sempre più frequenti rassegne immersive legate al metaverso: istallazioni dove arte, conoscenza e tecnologia si integrano e sono protagoniste. Ma quali sono i legami storici che segnano il connubio tra queste componenti?

Electric Dreams: Art and Technology before the Internet è il titolo di un percorso espositivo allestito alla Tate Modern di Londra che sarà aperta al pubblico fino al prossimo 1 giugno 2025. Curata da Val Ravaglia e Odessa Warren, l’esposizione permetterà di esplorare il modo in cui gli artisti hanno utilizzato strumenti all’avanguardia per espandere gli orizzonti culturali e immaginare il futuro in cui viviamo.


In primo piano gli innovatori dell’arte ottica, cinetica, programmata e digitale, che hanno lavorato tra gli anni Cinquanta e gli albori dell’era di internet, ispirandosi alla scienza con una creatività che mette alla prova i sensi.


Figure innovative provenienti da Asia, Europa e Americhe hanno dato vita a insoliti modi di lavorare con la luce e le macchine, spesso sottraendole agli interessi militari e aziendali che ne hanno guidato l’evoluzione.

Tra le installazioni immersive e gli esperimenti radicali realizzati con fonti luminose, l’iconico Electric Dress 1957 della giapponese Atsuko Tanaka del gruppo Gutai. Un’opera d’arte realizzata con tubi a incandescenza colorati, lampadine, cavi elettrici e meccanismo di controllo, indossata e ripresa durante una performance. I protagonisti di Light Room (Jena) del maestro tedesco Otto Piene sono dei balletti con effetti luminosi continui: un intervento che accosta un gruppo di sculture motorizzate e sincronizzate, capaci di intrattenere danze di luce infinite all’interno di una stanza buia.

Tra i pionieri si conta anche l’artista venezuelano Carlos Cruz Diez (1923-2019), autore di Chromointerferent Environment 1974-2009, che utilizza proiezioni in movimento per creare un reticolo di linee colorate che sfidano la percezione del colore e dello spazio. Diffusioni dinamiche capaci di mutare l’aspetto dell’allestimento e dei visitatori, invitati a relazionare con oggetti all’interno della sala e a divenire protagonisti grazie ai processi d’interazione con l’arte.

Interventi a scala globale che in Italia, negli anni 60, si sono materializzati nelle sculture luminose di Chronotope di Nanda Vigo (1936-2020). Qui le luci trasmettono e riflettono attraverso telai in alluminio e vetro industriale. L’energia è poi concepita come un elemento privo di dimensioni, adattabile a qualsiasi forma. Del medesimo periodo, gli esordi di Arte Programmata: un movimento con protagonisti attivi nel mondo della cinetica, del design modulare e delle regole matematiche – promosso nel libro The Open Work (1962) di Umberto Eco – attivo nell’influenzare la prima fase di sviluppo di Nove Tendencije, un gruppo ispirato dalla ricerca scientifica e dalla natura della visione.


Solo dalla fine degli anni ‘60 i prodotti di consumo elettronico divennero moderatamente accessibili a un pubblico più comune.


Gli artisti furono in grado di mettere alla prova gli strumenti a disposizione, riqualificandoli o inventandone di nuovi, introducendo i media emergenti nel mondo dell’arte. Non sorprende ricordare che gran parte dei primi artwork realizzati con il computer si legarono a interventi di matematici e ingegneri impegnati in laboratori di ricerca dove lavoravano con calcolatori di seconda generazione simili a IBM7094. Solo negli anni ‘80 i personal computers insieme ai software di revisione grafica furono commercialmente più disponibili e offrirono agli artisti un’opportunità per testare con l’elettronica, secondo le loro condizioni.

L’arte realizzata con i primi home computer comprende i dipinti cinetici dell’artista palestinese Samia Halaby, creati dopo aver imparato a codificare su un Amiga 1000, e la serie di immagini di videogiochi fittizi dell’artista britannica Suzanne Treister, dei primi anni Novanta. Ultimi, solo cronologicamente, gli iniziali esperimenti artistici di realtà virtuale, che hanno aperto la strada alle odierne tecnologie digitali immersive. Tra i lavori l’installazione interattiva di Monika Fleischmann e Wolfgang Strauss, dal titolo Liquid Views 1992, che invita il pubblico a giocare con la propria immagine riflessa su uno schermo tattile che funge da vasca d’acqua digitale.

 

In copertina: ©Andrea Rossetti

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