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Life in Syria, 27 scatti per raccontare il periodo del conflitto

A Roma, fino al 10 settembre in mostra il progetto patrocinato dall’Unhcr


“Da anni vedo la mia città cadere sotto i colpi delle bombe e dei missili. Sogno di vedere la Siria, la mia patria, senza distruzione e bombardamenti”. Ghazal, “gazzella” è il soprannome di Mohammad Amen Qurabi, 25 anni, uno dei cinque fotografi in mostra a Roma, all’Auditorium Parco della Musica nell’ambito dell’esposizione Life in Syria, inaugurata il 19 giugno e visitabile fino al 10 settembre 2018.

Un progetto, patrocinato dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), che coinvolge oltre ai fotografi anche un team di blogger e giornalisti, e nasce con l’intento di mostrare la difficile realtà che milioni di persone vivono ogni giorno.

Life in Syria si aggiunge alle numerose iniziative culturali dedicate al conflitto, tra queste anche Wave 2017, il workshop estivo dell’Università Iuav di Venezia dedicato al tema della ricostruzione della Siria.

Ventisette scatti che raccontano, insieme ai testi scritti direttamente dagli autori delle immagini, alcuni dei momenti che hanno scandito il conflitto siriano dal 2011 al 2016. “Si tratta di un’espressione dell’attivismo civile post 2011 – ha spiegato Filippo Mancini, coordinatore del progetto -, alimentato da un profondo desiderio di cambiamento e riforma, in molti casi non elaborato ed espresso in maniera articolata e matura, ma presentato nella sua forma più istintiva e genuina”.

Gli autori degli scatti, che non sono fotografi professionisti ma si sono impegnati attivamente negli anni del conflitto, provengono dal nord della Siria, dalle regioni di Aleppo e Idlib e in queste aree durante tutto il tempo del progetto hanno distribuito aiuti umanitari alla popolazione, contribuendo anche alle attività di supporto psicologico ai bambini. “Pubblico le immagini dei più piccoli sui social network – ha spiegato Ghazal – sperando che le loro sofferenze e i loro sorrisi possano raggiungere il più vasto pubblico possibile”.

In questi anni Ghazal e i suoi compagni hanno fondato centinaia di organizzazioni e associazioni che si impegnano nelle scuole, denunciando le violazioni dei diritti umani subite dai civili e sostenendo il ripristino della dignità della popolazione colpita dalla guerra (siano essi siriani in Siria, richiedenti asilo o rifugiati in Europa).

Nel team c’è anche Nour Kelze, oggi rifugiata politica in Europa, ma nata e cresciuta ad Aleppo, “una città ricca di cultura e di storia, e nota per essere il fulcro commerciale della Syria – come lei stessa racconta -. Qualche anno fa, quando insegnavo inglese non avrei mai pensato di trovarmi a fotografare la distruzione della mia zona. Il quartiere che attraversavo tutte le mattine cambiava velocemente, ma quello che continuava a darmi speranza era vedere i bambini che giocavano, nonostante tutto, in quel panorama di distruzione”.

Life in Syria è anche un libro “che vuol essere uno strumento di comunicazione per far emergere l’umanità e la vita nel conflitto – come ha sottolineato Mancini – e mostrare la lotta non violenta attiva, che dura ormai da circa sei anni. La pubblicazione intende restituire ai siriani la narrazione della guerra, rafforzando il ruolo dei giovani nel percorso di costruzione di una futura pacificazione nel paese. Uno strumento per poter informare e stimolare la costruzione di un ponte culturale tra le comunità europee e siriane, rafforzandone la pace e la solidarietà tra le due popolazioni civili”.

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