I tre locali di Rimini sono stati progettati da archiNOW amplificando le caratteristiche della proprietà attraverso l’architettura
“Dalla Lella” si trovano ottime piadine e la storia di un personaggio estroverso, capace di stabilire un rapporto di amicizia con i suoi clienti, molti dei quali chiedono anche quattro chiacchiere preziose per l’umore.
Lella, un’imprenditrice autodidatta che di cognome si chiama Magnani, è una persona disponibile, semplice, alla mano. Tutti la chiamano solo con il nome. Ha cominciato da giovane e l’esperienza l’ha fatta in casa, osservando la madre mentre preparava le piadine. Poi, nel 1986, ha deciso di avviare una vera e propria attività che da allora va avanti senza aver mai conosciuto crisi, anche grazie alla sua perseveranza.
Lella, ormai, è un’istituzione in città: è partita da una bottega in cui c’era spazio per un cliente alla volta e ha creato un’attività redditizia che dà lavoro a molte persone.Oggi i locali sono addirittura tre e tra i tanti frequentatori c’è persino il pluripremiato chef Massimo Bottura. «Avevo pochi soldi all’inizio, ma pensavo e penso ancora oggi che occorra avere fiducia nella partenza e prefiggersi un obiettivo – racconta con il suo impagabile accento romagnolo – Quindi ho scelto il gradino più basso della ristorazione, perché non mi potevo permettere nient’altro»
Quando ha capito che solo incrementando gli incassi avrebbe potuto crescere, ha iniziato a percorrere una doppia strada: da una parte piadine con ingredienti e abbinamenti presi in prestito dai ristoranti – oltre alle ricette con squacquerone e rucola e con salumi e pecorino – dall’altra la produzione dei cassoni (preparati con lo stesso impasto della piadina, ma ripiegati con gli ingredienti all’interno).
Lella – che aveva cominciato con una stufa di ghisa e l’aiuto della madre e delle amiche della figlia – “brevetta” poi una stufa più grande. «Andai personalmente in fonderia a verificare che fosse delle dimensioni che avevo chiesto e che funzionasse a dovere. Con mio figlio caricai la panda di sfogliatrice, 84 palle, farina, berretto, tutto corredato come nella piadineria. Arrivati lì c’erano tutti gli operai a guardare. Le prime piadine si bruciarono – perché il ferro va curato, unto, i pori devono diventare umidi – poi a un certo punto tutto marciò a dovere e si diffuse un gran profumo»
A poco a poco le file davanti alla sua piccola bottega cominciarono a essere sempre più lunghe: il business della piadina a km 0, con materie prime fresche e di qualità, stava funzionando.
Pantografo le ha chiesto qual è il segreto del suo successo. «Tutti possono avere quello che ho avuto io -afferma sinceramente convinta -. Non devi sgomitare con nessuno, ci metti del tuo, forza di volontà, voglia di lavorare, senso del sacrificio».
Se inizi un progetto ci devi credere. La strada è turbolenta, ma mai arrivare a compromessi
La figlia Marina, oggi socia della madre, ha poi introdotto una ventata di novità nell’universo delle piadinerie di famiglia. Ha capito che la qualità dei prodotti può interagire con un ambiente esteticamente attraente, capace di attirare ulteriori attenzione, di diventare un punto di riferimento anche in termini di spazialità. Così si è rivolta allo studio archiNOW che negli ultimi anni ha lavorato sugli esterni del primo locale e ha realizzato gli altri due.
L’aria che si respira è ancora più frizzante grazie a un linguaggio vivace e brioso, accogliente proprio come Lella e Marina. Gli interventi presentano un comune denominatore, pur essendo diversi l’uno dall’altro: allacciano la memoria degli inizi allo spirito del presente.
In viale Rimembranze l’intervento è sull’esterno, dove una «cover di facciata con pannelli in lamiera forata retroilluminata, simile a una gigantesca pagina di un libro sempre aperto sul presente, celebra la memoria del luogo tracciando su una quinta scenica le parole appartenenti alle voci che hanno popolato il luogo, rievocando frammenti del passato e del vissuto», spiega archiNOW.
In via Covignano l’atmosfera è quella di un bistrò illuminato da lampadari a “setaccio” e circondato da una libreria che avvolge le pareti ospitando gli oggetti della proprietaria, appassionata collezionista di oggetti di arte povera.
Poi c’è “Lella al Mare“, aperto proprio nel 2018, nel quale convivono due visioni: una condivisa con le committenti e relativa al «concetto di ‘bellezza imperfetta’, quella del self-made che trae ispirazione dalla materia naturale e grezza», raccontano gli architetti, l’altra tesa ad approfondire un tema caro ad archiNOW, quello «dell’identità della vetrina che anticipa la visione dello spazio», continuano. Frammentata per evocare una dimensione più intima, appare come una sommatoria di cornici – che si ripetono anche all’interno diventando elementi funzionali per il servizio – capace di suggerire all’avventore molteplici inquadrature sull’esterno.
L’architettura ha dato una bella spinta ai miei locali. Spesso mi chiedono: «Signora possiamo fare delle foto?»
«Devo ringraziare mia figlia che ha creduto nella forza di ambienti attraenti, contribuendo ad ampliare la visione. Lei è stata innovativa e ha aperto una finestra verso il futuro», ammetta Lella contenta, che per sé e il suo gruppo di lavoro realizza particolari cappelli, diversi di stagione in stagione.
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