Da Acerbis a Desalto, il giovane architetto milanese alla ricerca dell’essenza tra artigianato e produzione
Designer-imprenditore con il piglio empirico. Il legno è il suo mondo, ma con una grande sensibilità alla concettualizzazione e al ritorno alla purezza con un design pieno di senso e contenuto, senza necessità di artifici. Un falegname con la matita, un designer con la pialla. «La materia e il progetto hanno un cuore comune, vivono in simbiosi, si plasmano. Le due facce della medaglia si guardano, l’artigianato tende la mano al disegno e viceversa. Sono connessi, non potrei essere solo una delle due cose. Sono un designer-artigiano».
Giacomo Moor, classe 1981, inglese di origine e milanese di nascita, dopo la laurea al Politecnico (con una tesi sul legno pubblicata da Abitare), fonda a Milano la sua falegnameria-laboratorio in una traversa di via Padova. La scelta del luogo non è casuale: crocevia e incastri, umanità senza glamour. La sua cifra: lontano dagli schemi e dalle mode. L’essenza. Nello studio, che sorge in un ex capannone industriale dove al piano superiore è stata realizzata un’area dedicata alla progettazione e al piano inferiore una modernissima falegnameria, ci lavorano in 14. Quattordici giovani professionisti appassionati. E qui si progetta, si pensa e si realizza per gallerie, privati e aziende come Acerbis, Memphis, ProjectB, Yoox, Environment Furniture, Desalto. Nel 2013 nasce la sua prima collezione, Attraverso. Subito dopo nascono Metropolis e Palafitte.
La sua idea di design porta a casa tanti successi: nel 2016 vince il premio “Young designer talent of the year” di Elle Decor Italia e viene proclamato Best young designer dal Salone del mobile di Milano. Nel 2017 si guadagna il Wallpaper Award con il kit del Legnamè.
«La lunga pratica, durante l’università, nella bottega di un amico di famiglia (ndr Marco Lissoni), dove inizialmente andavo a ramazzare per terra, mi ha fatto appassionare a questo materiale, con i suoi nodi, i suoi difetti ricchi di opportunità, le sue venature, i segni del tempo e della memoria».
Moor non nasconde la sua continua ricerca, il suo amore per questo materiale che sceglie personalmente. «Questo è un compito che non delego, mai. Ho necessità di fare un’esperienza diretta. Il legno è europeo: francese, croato, sloveno, i fornitori sono in Brianza. La sostenibilità è un marchio, io scelgo le piante, le lastre. Qui, però, gestiamo il processo dalla A alla Z: dall’ideazione al montaggio in casa. L’80 per cento delle nostre commesse sono con clienti privati, con progetti su misura. Il restante 20% sono aziende con i prodotti e le gallerie con le edizioni limitate. I privati sono benzina, aziende e gallerie sono ossigeno».
Il mercato, ovviamente, è sempre in agguato e necessario. Ma è cambiato. La nuova realtà è quella di un mercato globale dove contano, da un lato, le strategie economiche e dall’altro la capacità di reclamare una propria identità culturale. Industria e progettisti devono adeguarsi a queste dinamiche, e Moor lo fa con coerenza. Ha saputo seguire queste tendenze, creando un design solido, fatto per durare, lontano dagli ammiccamenti alle mode, con tanto rigore. Senza farsi rapire dall’ossessione della modernizzazione senza autenticità. «Inizio a progettare alle 5.30 del mattino, in completa solitudine. Poi organizzo il lavoro, metto in ordine i tasselli».
Ad essere cambiato non è solo il mercato, ma prima di tutto il momento storico. Il Covid ha spostato le priorità, le prassi del vivere quotidiano, di conseguenza ha modificato i luoghi, decelerato i movimenti. Questa trasformazione colpirà pure il design che ha inseguito la fretta della moda. «Innanzitutto, è cambiato il modo di comunicare l’architettura, basti pensare che il Salone del Mobile non c’è stato, e pure quest’anno è a rischio. È un mondo che non può prescindere dalla comunicazione del prodotto, per questo avrà delle conseguenze sicuramente il fatto che non si potrà fruire fisicamente dell’oggetto come prima. La comunicazione cambierà, ma cambierà anche il contesto, la circostanza, l’ambiente. Siamo portati, oggi, a vivere la casa in modo diverso da prima, gli spazi per noi significano altro rispetto a sei mesi fa, il design si adatterà a tutto ciò. Per noi sarà un altro bel viaggio e nuovi scenari. Il concetto di coesistenza, di condivisione, vivrà nei nuovi mobili. Ripenseremo alle nostre case. Ripenseremo pure alla bellezza, al fatto che dovremo ritornare forse alle origini del design e arginare le derive. Anche se, bisogna essere onesti, qualsiasi prodotto anche se pensato per tutti non ha costi controllati. Un buon punto di partenza è nel processo di pensiero: ridurre pizzi e merletti».
Perché come scriveva Castigioni in Good Design: «Qualsiasi cosa tu studi, scoprirai che le cose buone e utili sono anche graziose e belle».
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In copertina: Libreria Breccia, foto © Omar Sartor