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Le abitazioni spaziali del futuro in mostra a Copenhagen fino a settembre

A space saga-tomorrow’s space architecture


A più di cinquanta anni dallo sbarco degli astronauti sulla Luna, lo studio di interventi insediativi nello spazio sembra dirigersi verso realizzazioni sempre più concrete. Progetti che vanno al di là dei confini terrestri e si spingono nell’orbita dei pianeti per materializzarsi in habitat dell’ultima generazione. La luna e Marte le destinazioni più vicine e focus di avvenieristiche proposte abitative. Opere sviluppate oltre gli studi di fattibilità, coordinate da team di esperti multidisciplinari e attive nella ricerca di soluzioni aggregative per permanenze prolungate nello spazio.

Project Olympus, l’opera di Bjarke Ingels group (Big), in collaborazione con Icon e con il supporto della Nasa dedicata a infrastrutture e costruzioni extraterrestri per esplorazioni lunari, qualificate da un uso estensivo di tecnologie di stampa tridimensionali e dall’uso della regolite locale, come materiale da costruzione.

Moon Village, l’ambizioso intervento dei professionisti di Skidmore Owings & Merrill (Som) con l’Agenzia europea dello spazio (Esa), il Massachusetts institute of technology (Mit) e la Nasa, per un insediamento qualificato da moduli su più livelli da localizzare intorno allo Shackleton crater, poco lontano dal polo sud del satellite. Componenti gonfiabili, trasportabili mediante l’utilizzo di razzi, pensate per accogliere inizialmente una base per la ricerca scientifica e poi aprirsi a funzioni più estese, tra le quali il turismo.


Lunark, il titolo del lavoro di Saga space architects per un modulo abitativo high–tech a prova di spazio lunare.
Un’unità autosufficiente, ispirata dall’arte giapponese di piegatura della carta dell’origami, protagonista di una mostra allestita al Centro di architettura danese di Copenhagen.


A space saga-tomorrow’s space architecture, il titolo del percorso espositivo che invita i visitatori ad osservare l’architettura e il design di Lunark, ingegnerizzato per possibili presenze sulla superficie della luna. Ambiti dove mancano gli elementi di base per la vita degli umani quali acqua, aria, temperature stabili e cibo e dove l’alternarsi tra il giorno e la notte ha ritmi diversi da quelli terrestri.

Sebastian Aristotelis e Karl-Johan Sørensen sono gli specialisti in architettura spaziale e co-fondatori del giovane studio danese, che lo scorso 2020 testarono Lunark per cento giorni negli ambiti impervi della Groenlandia del nord.

Un ambiente parzialmente analogo al mondo lunare, lontano dal resto della terra e complicato per le avverse condizioni climatiche. Nelle vicinanze di Moriusaq, la base della missione durante la quale i due progettisti hanno assemblato il modulo high–tech e hanno vissuto completamente soli per alcuni mesi. Una grande opportunità per sperimentare di persona i principi di progetto di Lunark, testare l’utilizzo degli interni in rapporto ai requisiti degli usi e analizzare il loro influsso sulle le condizioni fisiche e psicologiche degli occupanti durante la lunga permanenza.

Presentato come una struttura flessibile e dispiegabile, Lunark potrà essere inviato nello spazio in forma compatta, minimizzando il suo ingombro all’interno della stiva di un razzo spaziale.

«Per ridurre l’ingombro durante il trasporto – spiegano i professionisti di Saga space architects – e massimizzare lo spazio per gli astronauti, l’habitat è dispiegabile. L’aspetto ricorda un guscio chiuso dell’origami composto da pannelli rigidi in fibra di carbonio. Il design è stato ottimizzato algoritmicamente e quando aperto consentirà un’espansione del volume pari al 750%».

Installato, per accogliere gli astronauti, avrà un’area di 4,5 mq e consentirà agli utenti di dormire, mangiare e fare esercizi al suo interno limitando gli approvvigionamenti ad alimenti liofilizzati per ragioni di spazi disponibili e conservazione.

Attento lo studio degli interni, coadiuvato dalla collaborazione con scienziati e specialisti, elaborati per dar vita ad un habitat salutare sia per le funzioni fisiche che per gli effetti psicologici ed emotivi. Luoghi dove stimoli legati ai cambiamenti di luce, alle variazioni di temperatura, ai suoni e agli odori vengono meno.

«Il ciclo naturale della luce diurna – spiega l’architetto Sebastian Aristotelis – è un dono che diamo per scontato qui sulla Terra. Influenza il nostro sonno e il senso del tempo. Questo non accade nello spazio. Per trovare una soluzione a questo problema abbiamo elaborato pannelli luminosi che stimolano il ritmo circadiano mediante l’uso di componenti Led. Un tipo di soluzione che potrà contribuire nel migliorare la qualità della vita degli astronauti».

Accanto agli stimoli percettivi, l’impegno nel ricreare impulsi olfattivi gestito qui dalla collaborazione tra gli architetti di Saga space architects ed il profumiere francese Francis Kurkdjian, al fine di sviluppare aromi che si riavvicinino alle fragranze della Terra.

Lavori in corso anche per il possibile impiego di organismi viventi nello spazio, quali le alghe. Elementi capaci di convertire in ossigeno l’ossido di carbonio e noti come fonte di proteine, minerali e vitamine.

L’esposizione, creata da Saga space architects in collaborazione con il Danish architecture center di Copenhagen rimarrà aperta fino al 4 Settembre 2022. Sponsor dell’evento la Beckett fonden, the Danish arts foundation e l’associazione filantropica Realdania.

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