Al Forum Cultura di Milano una riflessione per musei e centri d’arte su nuovi strumenti per creare una fruizione più utile agli utenti
Persuasiva e dinamica, l’intelligenza artificiale è ormai ovunque. Professioni, salute, studio, ricerca, fruizione culturale ed elaborazione creativa, sempre più imprescindibile la sua utilità e semplificazione della quotidianità. Non ne possiamo più fare a meno e questo determina anche una necessità: doverne analizzare le sue potenzialità e le sue criticità nell’ambito culturale. Quali conseguenze senza un’opportuna rete di riferimento a livello politico, normativo ed etico?
Queste le domande alla base del talk della terza giornata del Forum Cultura 2024 che si è tenuto il 4, il 5 e il 6 settembre al museo Mudec di Milano. Il focus, dal titolo “Intelligenza artificiale in ambito culturale” moderato da Marina Pugliese (direttrice dell’area Museo delle culture, progetti interculturali e arte nello spazio pubblico, alla Direzione cultura del Comune di Milano), ha esaminato come l’IA sta rivoluzionando il mondo culturale, integrando la tecnologia tanto nella fruizione quanto nella creazione di opere d’arte, nei più disparati linguaggi.
Come si sta trasformando il modo in cui interagiamo con l’arte e con il patrimonio culturale.
Alla riflessione sono intervenuti: Riccardo Benassi (artista e insegnante), Eleonora Lorenzini (direttrice Osservatorio innovazione digitale per la cultura, Politecnico di Milano), Maria Grazia Mattei (founder e presidente, Meet Digital culture center), Jacopo Perfetti (co-founder PromptDesign.it) e Giovanni Squillero (docente al dipartimento di Automatica e Informatica presso il Politecnico di Torino).
Le debolezze e criticità sono visibili a occhio nudo, appena si comincia a parlarne. Dal punto di vista etico dobbiamo considerare che i principali player in ambito dell’intelligenza artificiale sono gli Stati Uniti d’America e la Cina con due modelli culturali antitetici. Da una parte gli Usa con tutte le aziende che producono ed elaborano dati che sono private e senza un perimetro giuridico e dall’altra parte un Paese dove tutto è centralizzato. Con un terzo incomodo, la Ue e il suo “AI Act”. Una legge volta ad armonizzare le norme sull’intelligenza artificiale con un approccio “basato sul rischio” il che significa che maggiore è il rischio di causare danni alla società, più severe saranno le regole. La prima del genere al mondo.
Che utilizzo avrà l’intelligenza artificiale nei musei, nelle fondazioni culturali e d’arte? «Oggi l’IA ha una molteplicità di applicazioni, la nuova elettricità, con possibili algoritmi e strumenti che possono essere usati nei musei: per esempio nella connessione tra opere d’arte differenti», racconta Giovanni Squillero.
«Una vera rivoluzione tecnologica. La più travolgente di tutte perché molto veloce e di grande impatto. Cambierà le nostre vite professionali e personali. Quanti di voi si sanno orientare in una città senza Google maps? Perché molti di noi non sanno fare più delle cose che un tempo erano azioni quotidiane? Ad un certo punto della storia è arrivata una macchina che sapeva fare queste attività meglio di noi e più velocemente. Noi da pigri quali siamo, abbiamo abbandonato le competenze che un tempo erano essenziali. Oggi abbiamo una macchina che sa usare il nostro linguaggio, cosa succederà nel 2050? Questo stravolgimento oggi deve diventare un’opportunità per la nostra specie. La mia speranza è che noi, messi davanti a una macchina che sa parlare, scrivere, fare connessioni, fare calcoli, ci svegliassimo. Noi oggi abbiamo una grande possibilità: sfruttare la nostra intelligenza al massimo. Abbiamo (ancora per poco) una tecnologia al nostro servizio, fantascientifica. Dunque, la domanda che ci dobbiamo fare è: la nostra creatività sarà all’altezza di questa tecnologia?», spiega Jacopo Perfetti. Per Maria Grazia Mattei fresca di rientro dal Festival di Denver Siggraph 2024, la più importante conferenza ed esposizione su computer grafica e tecniche interattive, sarà un ottimo esercizio di adattabilità. «Narrazione, contenuti e un’interattività diversa, intrinseca: entreremo nel mondo, in mondi reali, e avremo diverse realtà immersive», precisa.
Capiterà, dunque, che in una giornata qualsiasi ci muoveremo online come user e offline come cittadini ma, precisa l’artista Riccardo Benassi, per l’algoritmo saremo prevalentemente dei consumatori. «Il nostro corpo e ciò che lo fonda biologicamente sono entrati a tutti gli effetti nell’archivio digitale. L’algoritmo ci studia al fine di definire la nostra identità, e preparare così un’offerta commerciale consona, registrando i gusti di ciascuno e trasformandoli.
L’algoritmo sa tutto di noi, riesce addirittura a conoscerci meglio delle persone che amiamo, meglio di noi stessi.
Perché, al fine di preparare la sua offerta commerciale, ha bisogno di cristallizzare la mia personalità che io invece considero cangiante, fluida e in costante transizione. L’algoritmo mi rivelerà chi io sono e scoprirò cose inaudite su di me attraverso le sue proposte commerciali e magari divento anche dipendente da quella visione così nitida di me proprio perché è semplificata. In fondo ha come idea quella di compiacermi e soddisfarmi, perché affonda le sue radici nella melma narcisistica degli artisti», osserva.
Un meccanismo di affidamento extracorporeo, che negli anni, secondo l’artista, abbiamo chiamato d’introspezione. Dunque, si chiede: «è possibile, oggi, come artista ed essere umano essere responsabile della mia introspezione? Capire chi sono e cosa ci faccio nel mondo?». Intelligenza artificiale generativa, certo, la più terrificante rivoluzione tecnologia che per non essere nociva ha bisogno di molto impegno da parte nostra, degli esseri umani.
In copertina: Mudec Milano, ©OskarDaRiz per Stahlbau Pichler.jpg
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