Il primo volume di The City is Ours mostra le bellezze della città partendo da un punto di vista diverso
«Spesso le persone fanno arte, ma non se ne accorgono». La citazione attribuita a Vincent Van Gogh – idealmente trasposta nel contesto del paesaggio urbano e nella quotidianità – deve in qualche modo avere ispirato il lavoro di ricerca, raccolta, documentazione che ha portato al lancio del primo numero di The City is Ours, «libro-rivista nato per scovare la bellezza in giro per le città», edito da Other editions, piccola casa editrice d’arte con sede a Helsinki, in Finlandia, e dedicato a un tema decisamente originale: le gomme da masticare che si possono trovare attaccate, un po’ ovunque, in qualsiasi città del mondo.
Il volume è suddiviso in due sezioni, spiega Lorenzo Servi, fotografo e artista visivo alla guida di Other Editions: «La prima è una documentazione pseudo-scientifica dei diversi tipi di chewing gum usati e lasciati per la strada; la seconda è una raccolta di interventi, interpretazioni ed opere di artisti, fotografi ed osservatori sullo stesso tema, per dimostrare che davvero ogni cosa può essere più interessante di quanto potrebbe sembrare».
L’arte può essere usata come strumento per offrire una prospettiva diversa sul paesaggio urbano? Può farci fermare a riflettere su elementi che di solito passano inosservati?
Sono queste le domande alle quali si propone di rispondere la rivista nel cui “manifesto” si esplicita la sfida: guardare di nuovo a ciò che abbiamo intorno e vederne il potenziale. «Non possiamo cambiare tutto ciò che ci circonda – si legge nella dichiarazione d’intenti – ma possiamo cambiare il modo in cui guardiamo le cose. E se cambiamo il nostro punto di vista, la nostra realtà può cambiare. Una prospettiva diversa può rendere una strada più interessante. Qualcosa di ordinario può diventare straordinario. Un problema nella vita può diventare un’opportunità unica. È il momento di dare un secondo sguardo a ciò che è già intorno a noi».
La tecnologia, oggi, si basa spesso sulle novità, sul cosiddetto ‘effetto wow’, allontanandoci sempre più da quello che abbiamo già, racconta ancora l’editore che poi aggiunge l’idea di realizzare numeri monotematici, quindi, non consiste tanto nel proporre soggetti originali o virali, ma nel cercare di offrire una chiave di lettura alternativa a quello che possiamo aver già visto, ma smesso di osservare. «Una volta si viaggiava in treno guardando fuori dal finestrino. Perché adesso si guarda uno schermo? Perché dobbiamo essere sempre intrattenuti? Quello che ci circonda è davvero così poco interessante e noioso? O siamo diventati noi stessi noiosi? E dei pessimi osservatori?».
Il primo numero della rivista dedicato alle “cicche” è nato un po’ come una sfida personale, afferma Servi, «perché era un argomento totalmente nuovo e non avevo una minima idea di cosa ne sarebbe uscito». Se fosse davvero possibile fare un libro di 70 pagine pieno di fotografie sulle gomme trovate per strada: ordinate in base al modo in cui si siano “appiccicate” per terra, le forme che hanno assunto, le immagini che, con un po’ di fantasia, fanno venire in mente a chi le osserva.
E se davvero si potesse trarne qualcosa di interessante da raccontare offrendo un punto di vista alternativo e magari a tratti anche divertente. Queste le domande che si è posto il fotografo e visual artist, la cui attenzione si era già soffermata, attraverso diversi lavori realizzati, su tematiche relative al paesaggio urbano e ai dettagli apparentemente banali del quotidiano: dalle strisce pedonali alle stratificazioni, come graffi, segni, vecchi manifesti che normalmente rimangono inosservati nelle città.
«Di solito si fa un libro con cose che si sanno e/o si sono già studiate: The City is Ours, invece, è una serie di volumi dove imparo cose nuove, facendoli – rivela Servi –, utilizzando, selezionando e ordinando sia foto già presenti sui social che commissionando lavori originali».
Il prossimo numero della serie uscirà a settembre e sarà sulle macchie di vernice lasciate sui muri quando si rimuovono i graffiti e/o scritte varie. Ci saranno delle open calls per fotografi attraverso la newsletter del libro/magazine. I prossimi focus riguarderanno comunque dettagli di arredo urbano e/o cose che possiamo trovare lungo una qualsiasi strada, di una qualunque periferia urbana.
In attesa dei nuovi temi di frontiera in termini di “linguaggio urbano”, intanto, qualcuno, dopo aver sfogliato il primo volume di The City is Ours, potrebbe forse avere un momento di titubanza al momento di disfarsi di un chewing-gum usato. «Posso davvero rischiare di gettare nei rifiuti un’opera d’arte?», si chiederà. Su questo, però, ci sentiamo di fugare ogni dubbio: meglio buttarlo in un cestino.
Foto in copertina: The City is Ours, Cover
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