L’esposizione è visitabile all’Isola di San Giorgio, è stata prorogata fino al primo novembre, per consentire le visite scolastiche, visto il grande successo tra i più piccini
Questa è la storia di un collezionista e del suo zoo di vetro. Un piccolo pesce e un bassotto i suoi primi pezzi, quasi raccolti per caso. È stato però amore a prima vista, un amore che da quel giorno lo ha portato a collezionare oltre mille esemplari, 750 quelli scelti per l’esposizione “L’Arca di vetro”, curata da Giordana Naccari e Cristina Beltrami, visitabile alla Fondazione Cini all’isola di San Giorgio Maggiore e prorogata fino al primo novembre per consentire le visite scolastiche a settembre e ottobre. L’allestimento è curato da Denise Carnini e Francesca Pedrotti, scenografe che si sono prestate a raccontare questo zoo di vetro, progettato a misura di bambino.
Una carrellata di chiccherie, tra elefanti, cani, ippopotami, gatti, giraffe, mammut, orsi, pappagalli, pesci, tartarughe, volpi e persino minuscoli insetti realizzati a lume in scala reale da Bruno Amadi e che Pierre Rosenberg, presidente-direttore onorario del Museo del Louvre di Parigi, ha messo insieme in trent’anni d’assidua frequentazione di Venezia.
Quando questo genere di produzione vetraria era ancora relegato all’ambito del souvenir o considerata come una sorta di divertissement da fornace, Rosenberg ha dimostrato una passione svincolata dalle mode, creando una collezione quanto mai originale e vasta, della quale questa mostra dà parzialmente conto.
«Ho poi iniziato a interessarmi alle diverse aziende e alle differenti tecniche: ad esempio ho scoperto l’abisso tra la lavorazione a lume e il vetro soffiato», racconta l’eminente storico dell’arte, colto intellettuale, che ha aperto la sua casa per rendere pubblici i suoi vetri di Murano. «Però non sono mai entrato nello specifico della tecnica, li ho scelti istintivamente senza mai cercare una serialità a priori. Diciamo che sono inappuntabile e professionale quando si tratta di lavorare per altri collezionisti, mentre sono più istintivo quando si tratta di me», racconta nell’intervista riportata nel catalogo uscito per Skira.
La Murano del Novecento ha prodotto un repertorio assai vasto di animali di vetro, che da un lato incantano per le infinite interpretazioni del soggetto e dall’altro si fanno testimoni di una tecnica millenaria e dei quali questa mostra offre uno scorcio assai personale e originale. «Sono stato affascinato da come gli artisti di Murano riescano a ricreare questi soggetti, riconoscendo loro la particolarità di una posa o di un gesto rubato. Come i grandi artisti».
Collezionare è un vizio, peraltro più maschile che femminile. «E ho scelto gli animali proprio perché non di moda». E sono molto particolari.
L’animale in vetro ha infatti due caratteristiche che lo distinguono dai bestiari realizzati in altri materiali: non ha mai atteggiamenti feroci, che sono invece tipici della scultura animalier più tradizionale, e soprattutto non è mai pensato come un gioco. Eppure, un senso ludico aleggia talvolta in questa collezione raccolta mescolando animali celeberrimi a quelli di vetrerie meno note o persino sconosciute, seguendo il filo, certamente della qualità tecnica, ma anche dell’ironia e di un gusto completamente personale e distante da schemi e attese.
Non mancano esemplari delle serie più note come i pulegosi di Napolene Martinuzzi, i volatili di Tyra Lundgren o di Toni Zuccheri per la Venini. Accanto ad esemplari noti della Seguso Vetri d’Arte, agli zebrati di Barovier &Toso, agli acquari di Alfredo Barbini, la mostra propone un vasto campionario di animali realizzati da vetrerie meno note ma altrettanto interessanti sul fronte della sperimentazione tecnica e formale della Murano del Novecento. A dimostrazione dell’inesauribile ispirazione del soggetto animalier, la mostra include anche sculture di artisti viventi come Cristiano Bianchin, Marcantonio Brandolini d’Adda, Franck Ehrler, Massimo Nordio, Isabelle Poilprez, Maria Grazia Rosin e Giorgio Vigna.
Ehrler, sintetizzava gli animali in semplici parallelepipedi e talvolta con colori distanti dalla realtà, quasi pop.
Amadi, che lavora nel suo laboratorio a San Polo, è tra i suoi preferiti. «Mi innamorai subito dei suoi oggetti, ma anche della sua persona. Continuo a collezionare le sue minuscole creazioni, realizzate con una perizia di grandissimo artigiano. Un artigiano con l’approccio d’artista, nel senso che Amadi patisce nel suo lavoro dei dubbi e delle incertezze che sono tipici del temperamento dell’artista. Ed è questa attitudine che gli fa travalicare il limite del virtuosismo tecnico per catturare l’intelligenza dell’oggetto».
L’eccletticità è l’aspetto che rende davvero peculiare questa mostra che allarga il punto di vista sul vetro ed è dedicata a un pubblico di ogni età, nel progetto, tuttavia si è pensato (e si vede) soprattutto ai bambini e alle bambine, perché gli animali sono soggetti che anche loro possono amare e rispetto cui possono avere un rapporto diretto. Questo può lasciare tracce indelebili, che potrebbero essere coltivate nel tempo, sensibilizzando le nuove generazioni all’apprezzamento delle arti e tradizioni.
A corredo della mostra viene proiettato un video d’animazione realizzato da Giulia Savorani, artista visiva e regista che, partendo da disegni su vetro, ha dato vita a una fiaba ideata per quest’occasione da Giordana Naccari.
In copertina: L’Arca di vetro. La collezione di animali di Pierre Rosenberg, installation view, ph. Enrico Fiorese
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