Le cifre della sostenibilità in Italia contenute nel decimo compleanno per l’osservatorio Symbola.
La green economy in Italia è realtà. I numeri contenuti nel X rapporto GreenItaly di Fondazione Symbola e Unioncamere evidenziano cifre che smentiscono molti dei luoghi comuni più diffusi sulla capacità del nostro sistema economico di cogliere le opportunità della riconversione ecologica. Un esempio? Con il 79% del totale siamo primi per quantità di rifiuti riciclati del Vecchio Continente, dato che si traduce in un risparmio di 21 milioni di barili di petrolio all’anno. Non solo, più di 432mila imprese del secondario e del terziario, quasi una su tre, hanno investito in prodotti e tecnologie green negli ultimi anni. E la percentuale sale al 35,8% se si parla del solo comparto manifatturiero.
La tendenza. «Quando 10 anni fa abbiamo pubblicato il primo report GreenItaly – spiega il presidente di Symbola, Ermete Realacci – la capacità del fotovoltaico installato nel mondo raggiungeva i 25 GW, mentre oggi è di 660 GW. Questo aumento è andato di pari passo con il crollo del costo dell’energia. Secondo i dati Unep (United Nations Environment Programme), nel solare si è scesi dell’81%, nell’eolico del 46%. Ciò conferma come già oggi esista un’economia più sostenibile e a misura d’uomo. E non dobbiamo dimenticare che l’Italia è una “superpotenza nell’economia circolare” e presenta un’incidenza superiore rispetto a tutti gli altri grandi Paesi europei. Per dire: la Francia avvia a riciclo il 55% dei rifiuti totali, il Regno Unito il 49% e la Germania il 43%».
I giovani sono una delle categorie che sta puntando con decisione sulla rivoluzione verde, come dimostrato anche dai Fridays for Future e dalla visibilità del movimento incarnato nella figura di Greta Thunberg. «Uno dei dati più interessanti – sottolinea Giuseppe Tripoli, segretario generale di Unioncamere – è che all’accelerazione verso la circolarità stanno contribuendo molto le imprese guidate da under 35. Nel 47% dei casi, queste realtà hanno puntato sulla green economy. E secondo le previsioni quello in corso sarà l’anno in cui si registrerà un aumento record di eco-investimenti (+21,5%). Un dato che rientra in un trend più ampio e che ha visto, fra il 2018 e il 2019, oltre 90mila aziende imboccare la strada della sostenibilità».
Una scelta non solo di responsabilità, ma che si traduce anche in una maggiore produttività e competitività col sensibile incremento della capacità di innovazione e di export.
Giuseppe Tripoli
Economia e lavoro. A questo proposito il rapporto contiene cifre che attestano la lungimiranza di diminuire l’impatto ambientale delle proprie politiche aziendali. Con riferimento al manifatturiero, nel 2019 il 51% delle imprese eco-investitrici ha segnalato un aumento dell’export, contro il 38% di chi ha preso una strada diversa. In generale le ditte green registrano un tasso di innovazione più elevato, il 79% contro il 61%. Differenza di punti simile anche fra chi ha adottato progetti per attivare misure legate al programma Impresa 4.0 (36% contro 18%). Discrepanza rilevata anche per quanto riguarda il fatturato (8% in più per realtà sostenibili) e la produttività (17%). Sotto il profilo lavorativo continua a crescere il numero di green jobs in Italia che nel 2018 ha superato i 3 milioni, il 13,4% del totale. Dato che si traduce in un incremento di oltre 100mila unità rispetto al 2017. A conferma dell’attenzione del sistema nostrano verso le opportunità di questa tipologia di sviluppo c’è anche un altro fattore: siamo il terzo Paese, dopo Cina e Giappone, per numero di certificazioni ISO 14001.
Policy. «L’investimento green comincia a convenire e questo si ripercuote positivamente sulla sua attrattività. Anche le banche – racconta Roberto Morassut, sottosegretario al Ministero dell’Ambiente – iniziano a supportare questo modo di fare economia. Ad oggi mancano tre cose: la definizione dell’aspetto normativo, l’uso della leva fiscale, investimenti cospicui del pubblico e del privato sulle infrastrutture. Non bisogna poi dimenticare che la sostenibilità passa anche da misure che riguardano l’ambiente urbano. Una su tutte quella che riguarda il contenimento del consumo di suolo. Le politiche urbane, infatti, ricoprono un ruolo fondamentale, al pari delle modalità del processo edilizio».
Best practice
E proprio dal mondo del costruito arriva una delle storie green contenute nel report, inserite per raccontare di un processo già in atto e dove l’Italia può vantare un background di livello. In questo caso si parla di edifici NZEB (net-zero energy building), ovvero in grado di ridurre quasi a zero il consumo di energia. Il caso preso in esame riguarda il secondo lotto del cosiddetto Polo Verde a Cremona, più nello specifico un direzionale in fase di realizzazione su progetto dello studio O+A Ori Arienti con Ezio Gozzetti. Un intervento innovativo con una firma attenta all’ambiente, che si affianca all’impegno di molti team che hanno fatto del recupero e della minimizzazione dell’impatto ecologico un marchio di fabbrica. Fra questi nomi importanti e riconosciuti a livello internazionale come Stefano Boeri (famoso il suo bosco verticale), Mario Cucinella, Frigerio Design Group, Carlo Ratti, affiancati da realtà più giovani come Simone Subissati Architects (casa di ConFine ad Ancona).
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