La Toscana fa scuola con i suoi 34 impianti e in Italia si sviluppa il dibattito
Generare energia “pulita” sfruttando il calore naturale della Terra: in tempi di bollette ai massimi e di una crisi destinata a perdurare almeno finché non si raggiungerà un’autonomia in grado di soddisfare il fabbisogno nazionale si (ri)accendono i riflettori sulla geotermia.
Rimasta ai margini del dibattito nonostante le elevate potenzialità, per la cenerentola delle rinnovabili si apre una nuova stagione almeno a giudicare dal forte interesse mediatico delle ultime settimane. E l’Italia può giocarsi una partita importante: la Toscana è una delle regioni più attive, addirittura con 34 impianti operativi e con Larderello – frazione del comune di Pomarance, in provincia di Pisa – considerata la capitale mondiale della geotermia (ospita anche un Museo dedicato). Proprio a Larderello per la prima volta il 4 luglio del 1904 fu sperimentato il primo generatore geotermico – antesignano delle future centrali – grazie all’intuito del principe Piero Ginori Conti. E non a caso, dunque, nei giorni scorsi proprio a qui si è riunito il gotha mondiale della geotermia: oltre 200 i rappresentanti di istituzioni scientifiche e accademiche nonché dell’industry – 25 i Paesi rappresentati – che hanno partecipato al simposio organizzato dalla International geothermal association (Iga) in collaborazione con Enel green power per fare il punto sullo stato dell’arte, sull’evoluzione tecnologica e soprattutto sulle azioni da intraprendere da qui ai prossimi mesi per spingere l’utilizzo dell’energia “terrestre” in vista del Congresso mondiale sul tema in programma a Pechino il prossimo anno.
I numeri al momento lasciano a dir poco a desiderare: la geotermia costituisce appena l’1% della produzione mondiale di energia ma è sulle sue potenzialità che sono puntati i riflettori. La geotermia non solo ha gli stessi livelli di efficienza delle energie non rinnovabili ma 1MW di potenza geotermica installata equivale, in termini di produzione, a 7MW di fotovoltaico. E la geotermia è alla base anche del teleriscaldamento e riscaldamento/raffreddamento con pompe di calore e le acque calde possono essere sfruttate in molti processi produttivi, nonché per alimentare serre e attività di acquacoltura.
In Italia – maggior produttore di energia elettrica da geotermia dopo la Turchia – stando a recenti stime la geotermia potrebbe soddisfare oltre il 60% del consumo interno lordo del consumo nazionale.
Fa scuola la Toscana: le 34 centrali geotermoelettriche contano una potenza installata netta di circa 760 MW per una produzione elettrica annua di circa 5,6 miliardi di chilowattora che, complessivamente soddisfano quasi il 34% del fabbisogno energetico della regione, equivalente ai consumi di oltre 2,1 milioni di famiglie italiane. Peraltro sono localizzati in Toscana la maggior parte dei comuni italiani alimentati al 100% da energie rinnovabili proprio grazie alla geotermia e sono 16 le cittadine geotermiche. E la regione – attraverso l’assessora Monia Monni – si appella al Governo affinché nel nostro Paese si acceleri per arrivare al raddoppio della potenzia geotermica entro il 2050 e a un incremento di 200MW al 2030.
Se la Toscana è la regina italiana con 6 Comuni alimentati al 100% con geotermia (Castelnuovo di Val di Cecina, Monterotondo Marittimo, Monteverdi Marittimo, Pontieri, Pomarance e Santa Fiora) anche altre regioni si sono attivate nel corso del tempo: stando ai dati di Legambiente sono 942 i Comuni della geotermia (fra quelli ad alta entalpia ossia con temperature superiori ai 150°, media entalpia tra 150 e 90°C e bassa entalpia sotto i 90°C) per una potenza totale di 997 MW elettrici e 286,5 MW termici, anche se si procede con molta lentezza sulle installazioni. Dopo la Toscana sono Lazio e Sardegna le regioni più attive e potenzialità interessanti si rilevano in Sicilia e in alcune zone del Veneto, dell’Emilia-Romagna, della Campania e della Lombardia.
«Occorre riflettere su quella che finora è stata la politica più importante volta favorire la transizione ecologica, ovvero il cosiddetto Superbonus. La misura, però, ha fatto emergere alcune serie criticità, che devono necessariamente essere corrette. Un incentivo al tempo stesso molto generoso ed erogato in un breve lasso di tempo, unito al disallineamento di interessi tra chi beneficia del bonus e chi ne sostiene il costo (lo Stato) ha ovviamente spinto al rialzo i costi per le ristrutturazioni. Questo vizio originale della misura ben evidenziato dall’allora Premier Mario Draghi ha generato un’inflazione sui costi di ristrutturazione ben superiore a quella giustificabile dall’andamento dei costi dei materiali e dell’energia a livello internazionale».
In copertina: Comune di Pomarance
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