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From sheep to shop. Arriva il passaporto digitale per i vestiti nel nostro guardaroba

Cosa significa ‘digital first’ per la moda? Le novità da Gucci, Yoox Net-a-Porter, Piacenza 1733


Obiettivo: digital first. Il mondo della moda inverte le priorità e punta sul digitale e sull’e-commerce per trovare nuove opportunità di business a seguito anche e soprattutto degli impatti della pandemia da Covid19. Ed è il mercato asiatico, quello cinese in particolare, a rappresentare il nuovo Eldorado. È notizia di pochi giorni fa il debutto di Gucci su Alibaba, la piattaforma dal bacino potenziale di 750 milioni di utenti che sta all’Oriente come Amazon all’Occidente. La maison, di proprietà del gruppo francese Kering, è sbarcata nel Luxury Pavilion di Alibaba (grazie all’accordo con la piattaforma Tmall del gruppo, come hanno fatto già altri brand del settore) con due store monomarca online, il primo inaugurato il 21 dicembre e il secondo al via a febbraio. Nel primo dei luxury store online sono proposti articoli delle collezioni, dalla pelletteria al ready to wear, dagli accessori agli orologi e ai gioielli. Il secondo flagship store – gestito dal license partner Coty – sarà dedicato ai prodotti cosmetici.


«Abbiamo investito in maniera strategica e sistematica in un approccio ‘digital first’ a livello globale, che include la creazione di un ecosistema digitale solido in Cina – commenta l’Ad e Presidente di Gucci, Marco Bizzarri –. L’annuncio rappresenta il passo successivo della nostra strategia e consente di offrire alla nostra clientela in Cina un’esperienza di e-commerce sicura, autorizzata e personalizzata su Luxury Pavilion di Tmall, in collaborazione con Alibaba».


Yoox Net-a-Porter Group si dà all’identità digitale attraverso un’etichetta innovativa – basata su Qr Code – che applicata sui capi di abbigliamento consente ai consumatori di accedere a informazioni, contenuti e servizi esclusivi relativi al prodotto, ad esempio, dettagli sulla provenienza e il design del capo, le istruzioni per il suo mantenimento e suggerimenti di stile per renderlo sempre contemporaneo nel corso degli anni. L’iniziativa è partita con due progetti pilota su alcuni modelli dell’ultima collezione Mr P. di Mr Porter e sulla collezione Yoox Net-a-Porter for The Prince’s Foundation, ma da quest’anno sarà applicata progressivamente a tutte le collezioni delle private label in collaborazione con Eon e utilizzando il CircularID Protocol.

© Yoox Net-a-Porter

«Quando acquistiamo un capo d’abbigliamento diventa molto difficile tracciarne in maniera affidabile la provenienza, la composizione o l’autenticità – spiega Giorgia Roversi, Director of Sustainability & Inclusion del Gruppo Yoox Net-a-Porter –. Nel tempo, la mancanza di queste informazioni può rendere difficile prendersi cura dei propri abiti, rivenderli o riciclarli. Siamo convinti che la Digital ID – un passaporto digitale per i vestiti nel nostro guardaroba – possa aiutare a superare queste difficoltà. E con la graduale crescita di questo ecosistema di Digital ID, fasi importanti della vita dei capi, come il rammendo o la rivendita, verranno aggiunte come timbri digitali sul loro “passaporto”, dando a ogni articolo l’opportunità di una seconda vita con un nuovo proprietario o di essere riciclato correttamente, aiutandoci a cambiare prospettiva sulla longevità dei prodotti e sulla circolarità nella moda e nel lusso».


Secondo uno studio dell’Ibm Institute for Business Value oltre la metà degli italiani è interessato ad avere maggiori informazioni sugli indumenti che acquista direttamente dall’etichetta del capo o scannerizzando un QR Code.


In particolare, l’attenzione è posta sull’origine del prodotto (per il 60% degli intervistati), sulla garanzia di autenticità del marchio (per il 55%) e sull’origine biologica dei tessuti, inclusi trattamenti senza pericolosi pesticidi e agenti chimici (54%). E proprio Ibm è protagonista di una serie di progetti fra cui quello portato avanti con Piacenza 1733, produttore italiano di tessuti di lusso.

È la blockchain la tecnologia messa in campo per digitalizzare l’intera supply chain, “from sheep to shop” per ottenere vantaggi dall’analisi dei big data e migliorare l’efficienza produttiva, dimostrando i benefici economici che ne derivano per i produttori europei e non solo. L’iniziativa – entrata a far parte del progetto di ricerca Eu Boost4.0 con l’obiettivo di guidare l’industria manifatturiera europea nel processo di introduzione dei big data – fa leva sulla piattaforma Ibm Blockchain Transparent Supply per tracciare la produzione dei tessuti dall’origine alla vendita, raccogliendo ogni tipo di dettaglio sui capi lavorati, incluso chi, dove, quando e in che condizioni ha prodotto ciascun indumento. I clienti di Piacenza 1733 possono così disporre di una dichiarazione non falsificabile della provenienza dei capi, che comprova l’affidabilità delle informazioni ricevute. «Siamo leader nell’industria dell’abbigliamento e degli accessori top di gamma e riforniamo alcuni dei più famosi designer al mondo con i nostri tessuti esclusivi, garantendo un alto livello di personalizzazione: i nostri prodotti richiedono fino a 70 passaggi e sono unici per materia prima, stile e colore – commenta il ceo Carlo Piacenza – Per noi è fondamentale fornire ai nostri clienti un’innovazione di alto livello e qualità, e la collaborazione con un leader tecnologico come IBM ci consente di collaborare per raggiungere i nostri ambiziosi obiettivi di completa tracciabilità e salvaguardia dell’ambiente». La piattaforma Ibm Bts fornisce inoltre ai clienti di Piacenza 1733 maggiore certezza sulle spedizioni, coprendo ogni tappa del processo. E la piattaforma consente anche di identificare tutti gli elementi che contribuiscono a creare un prodotto sostenibile. Gli acquirenti potranno verificare l’autenticità dei capi scannerizzando il QR Code presente sull’etichetta.

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