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Digitalizzazione e intelligenza artificiale al servizio dell’archeologia

I progetti Automata e Variabile Altemps aprono al futuro grazie a sensori robotici per lo studio dei reperti e analisi automatizzate


Rivoluzionare l’archeologia con un sistema che integra sensoristica, automazione e intelligenza artificiale. Coordinato dall’Università di Pisa, sotto la guida del professor Gabriele Gattiglia, il progetto europeo “Automata” è finanziato nell’ambito del programma Horizon Europe. Con durata quinquennale – si concluderà nel 2029 – l’iniziativa punta allo sviluppo di due prototipi di braccia robotiche, uno dei quali sarà testato nei laboratori del dipartimento di Civiltà e forme del sapere dell’ateneo toscano.

Il “robot” avrà il compito di prelevare frammenti ceramici o di pietra per poi consentirne le analisi chimico fisiche e dare vita a un modello 3D completo di dati e informazioni. «Ad oggi la fase di analisi dei reperti richiede molto tempo e forti competenze e ciò non consente di fare analisi in modo massivo. Tutto questo con Automata è destinato a cambiare», annuncia Gabriele Gattiglia, coordinatore del progetto. «Grazie allo sviluppo di un sistema di digitalizzazione avanzata che integra sensoristica archeometrica, automazione robotica e intelligenza artificiale, i reperti diventeranno oggetti parlanti, ossia se ne potranno conoscere origini, utilizzi ed evoluzione per raccontare la vita quotidiana, le relazioni, l’ambiente e la storia umana di chi ci ha preceduto».

Scopo del progetto sarà la diffusione ad ampio spettro della nuova tecnologia, rendendola disponibile a basso costo grazie al rilascio dei software in modalità open source e alla possibilità di riprodurre con stampanti 3D le principali componenti. Il tutto a beneficio di istituzioni pubbliche e private, musei e istituti dedicati alla ricerca, alla conservazione e alla tutela. E il lavoro di documentazione andrà ad arricchire la piattaforma cloud europea Eccch (European collaborative cloud for cultural heritage) dedicata alla condivisione e all’utilizzo innovativo del patrimonio culturale dei Paesi Ue. Oltre all’Università di Pisa nel ruolo di coordinatore, per la parte italiana partecipano ad Automata l’Istituto italiano di tecnologia e le imprese QBrobotics e Miningful (in totale sono 12 le organizzazioni accademiche e non che costituiscono il partneriato del progetto in rappresentanza di 7 Paesi).

L’intelligenza artificiale diventa protagonista del progetto Variabile Altemps dell’artista e regista Gabriele Gianni e voluto dal Museo Nazionale Romano con Carla Fendi Foundation. Le collezioni archeologiche di Palazzo Altemps e del database digitale del Museo Nazionale Romano sono state reinterpretate grazie all’intelligenza artificiale per dare vita a quattro videoinstallazioni che immaginano l’evoluzione delle opere.


In dettaglio, l’intelligenza artificiale è in grado di ricostruire le parti mancanti di ritratti antichi, aggiungendo dettagli e restituendo lineamenti andati perduti col tempo.


«Per educare l’intelligenza artificiale – si legge nella presentazione del progetto – è stato fondamentale poter utilizzare un grandissimo numero di immagini delle opere del Museo, messe a disposizione sul sito Mnr Digitale, online da maggio 2024, confermando l’importanza di rendere consultabile il patrimonio culturale attraverso il web e ampliando in questo modo le prospettive di ricerca, non solo scientifica ma anche artistica».  La mostra a cura di Marco Bassan, Chiara Giobbe e Ludovico Pratesi è visitabile fino al 17 novembre.

Fra i progetti balzati di recente agli onori delle cronache mondali in tema di intelligenza artificiale e archeologia non si può non segnalare quello che ha visto in campo un team congiunto di ricercatori dell’Università giapponese di Yamagata e di quella americana del Michigan, coordinato da Masato Sakai, che in appena sei mesi è riuscito a individuare nell’altopiano desertico attorno alla città di Nazca in Perù, sito archeologico patrimonio dell’Unesco, ben 303 nuovi geoglifi (grossi e antichi disegni nel terreno che possono essere visti bene solo da una certa distanza dall’alto), il doppio di quelli finora conosciuti. L’intelligenza artificiale ha permesso di analizzare le fotografie aeree del terreno restituendo inedite immagini. Un progetto analogo portato avanti dall’Università del Kentucky ha aperto la strada all’uso dell’intelligenza artificiale per la decifrazione dei papiri carbonizzati a Ercolano durante l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Lo scorso febbraio i tre studiosi Yussef Nader, Luke Farritor e Julian Schilliger si sono aggiudicati la Vesuvius Challenge portandosi a casa l’ambito gran premio da premio 700mila dollari.

 

In copertina: Variabile Altemps, Gabriele Gianni ©museonazionaleromano.beniculturali.it

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