“Da rifiuto a nuovo prodotto”, questo il motto con cui ha conquistato aziende come Levi’s e BMW
Ecologia e design, innovazione e attenzione per il sociale. Se si dovesse racchiudere l’essenza del lavoro di Luca Gnizio in poche parole, sarebbero queste. Ma la sua attività rappresenta molto di più perché dietro agli oggetti che crea ci sono storie che allargano la sua rete, incontrano gente comune e grandi aziende. A Pietrasanta ad esempio ha coinvolto più di 80 aziende locali che lavorano il marmo, in un progetto che ha portato a fare rete con delle associazioni per ragazzi disabili che con le proprie mani hanno decorato e scolpito una panchina realizzata con gli scarti derivanti dalla produzione del marmo.
Quello di Gnizio è eco-design: si usano materiali sostenibili, si è attenti al risparmio energetico nella fase di produzione e si mettono in gioco in modo creativo le proprietà della materia. Non si tratta di semplice riciclo di oggetti differenti che, uniti, danno vita ad un elemento nuovo. In sostanza è la differenza fra una lampadina messa su una caffettiera, che si trasforma così in un lume, e la registrazione di un nuovo brevetto per un tessuto ottenuto da scarti di produzione.
Dall’esperienza al Politecnico di Milano, all’attività professionale. Luca, come è avvenuta l’evoluzione dal disegno di prototipi, alla produzione di oggetti di design eco-compatibili?
È stato un passaggio spontaneo. Inizialmente era solo la bramosia di concretizzare le mie idee. Mi piaceva il fatto di poter andare dal fabbro per far realizzare un prodotto, invece di dover passare attraverso le aziende e sperare che la mia idea non si bloccasse nel lungo processo ‘burocratico’ che porta un oggetto di design dalla sua progettazione alla realizzazione.
Nonostante avessi un contratto a tempo indeterminato, mi sono licenziato e mi sono lanciato in questa avventura. Ho avuto una bella possibilità quando sono stato selezionato dalla settimana del Design di Tokyo e poi il mio lavoro è stato riconosciuto al SaloneSatellite di Milano (un evento interno al Salone del Mobile dedicato all’incontro fra giovani progettisti talentuosi e imprenditori ndr).
Da quel momento sono diventato protagonista delle mie operazioni, andando via via in tante aziende e chiedendo lo scarto di produzione per dare vita anche ad operazioni mediatiche legata al sociale. Il risultato della progettazione infatti, per me, non deve essere un oggetto fine a se stesso.
Penso che se fai divertire le persone con qualcosa che allo stesso tempo le rende attive e protagoniste, invece di annoiarle, il messaggio passa
Luca Gnizio
Un esempio che descrive questo tuo impegno?
Quello che ho realizzato per la Levi’s all’interno della campagna FOROceanJeans, che ha coinvolto ragazzi diversamente abili che hanno difficoltà a trovare un impiego al termine degli studi. Ma il significato sociale non finisce qui: l’oggetto è formato dall’unione di jeans riciclati, uno diverso dall’altro. Questo dà vita ad un blu che via via si attenua e racconta così l’obiettivo della multinazionale americana che sta diminuendo il consumo di acqua nella produzione. I capi di abbigliamento lasciati dai clienti nei punti vendita, quindi, permettono di realizzare un qualcosa che unisce l’unicità alla possibilità di una produzione in serie.
Come nasce e che cosa rappresenta un oggetto di eco-design?
Un progetto di questo tipo unisce da una parte l’ecologia attraverso il riciclo degli scarti, dall’altra il sociale, coinvolgendo nella realizzazione dell’opera anche associazioni che si occupano di inclusione.
Hai collaborato, fra gli altri, con la BMW, uno dei maggiori produttori mondiali di automobili. Perché secondo te un’azienda come questa è interessata ad investire nell’eco-design?
Il mercato delle automobili sta cambiando, il futuro infatti è legato ad autovetture elettriche dalle minori emissioni e a Monaco lo sanno. Per questo la casa automobilistica tedesca sta modificando la propria filosofia, avvicinandosi a tematiche di rispetto dell’ambiente attraverso l’uso di materiali riciclati e riciclabili e processi produttivi virtuosi. Il mio credo,“dallo scarto un nuovo prodotto”, si adatta a questo nuovo modo di pensare e proprio per questo sono stato contattato.
Che progetto hai realizzato per l’azienda bavarese?
Fra i nuovi materiali utilizzati, uno di quelli col maggior impatto è la fibra di carbonio. Dopo aver effettuato delle ricerche, ho scoperto che nel 99% dei casi questa viene utilizzata nella sua forma rigida. Ho pensato quindi di sviluppare il mio progetto su un materiale morbido, brevettando così un nuovo tessuto con alte performance: si tratta di un foglio di fibra riciclata che al tatto sembra quasi marmo, ma che in base alla direzione della luce diventa trasparente. Inoltre è idrorepellente e non si rovina se accartocciato.
Con questo ho realizzato una poltrona che ora si trova nel BMW Museum. Le persone sono invitate a toccarla, rimanendo spesso stupite poiché, per una reazione causata dal particolare materiale con cui è costruita, si modifica sotto i loro stessi occhi.
Un secondo brevetto gioca sempre sulle proprietà del carbonio per dar vita ad un risultato originale e bello da vedere. Per la prima volta infatti, abbiamo inserito la fibra all’interno di sfere di cristallo creando un effetto ottico molto particolare. Anche grazie a queste opere, cerco di sdoganare la visione che identifica lo scarto come un oggetto di valore inferiore.
In Italia figure professionali come la tua ricevono attenzione dalle grandi aziende?
La mia non è una figura canonica e soprattutto al momento risulta poco conosciuta. Credo molto nel made in Italy e proprio per questo negli ultimi 10 anni ho investito energie e risorse soprattutto in Italia. Qui c’è la manifattura più creativa in assoluto e per questo riconosciuta anche all’estero. Alcune aziende non sono interessate, altre invece vedono le opportunità di marketing dietro l’operazione e quindi sono in grado di capire la potenza del risultato finale e le sue varie sfaccettature.
Che ruolo ha l’eco-design nella sensibilizzazione del pubblico su temi come il rispetto dell’ambiente e la sostenibilità?
Professionalità come la mia servono anche per divulgare dei temi, per far comprendere direttamente cose che in modo tecnico non verrebbero recepite da tutti. Penso infatti che se fai divertire le persone con qualcosa che allo stesso tempo le rende attive e protagoniste, invece di annoiarle, il messaggio passa.
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