Un progetto per tappe. La nuova apertura a Cannareggio in un ex magazzino
Alta cucina nel sestiere di Cannaregio a Venezia. Il nuovo Gheni Restaurant è un locale voluto da Eugen Gjokaj – imprenditore e panificatore, già proprietario del Bacaro Gheni Pan e Vin – che ha affidato la cucina allo chef Pierluigi Lovisa, originario di Lamon e veneziano d’adozione. Conosciuto per la sua cucina innovativa capace di coniugare tradizione e creatività, lo chef ha concepito un menu che riflette il suo approccio “cucina prog”, con piatti di terra e di mare e un’attenzione particolare al vegetale. «Per progressiva intendo una cucina interpretata in chiave rock contemporanea – racconta lo chef a Pantografo -. Per esempio, il piatto “Crosta terrestre” è la tradizionale seppia alla veneziana presentata in maniera moderna. Il bagnasciuga potrebbe essere un antipasto di pesce classico, invece viene presentato in maniera “progressiva” ovvero con il mare, la schiuma del mare…».
Il menu, intitolato “Giochi, opere e consistenze”, esprime il desiderio di offrire al commensale una cucina raffinata, sia come espressione tecnica sia come equilibrio e accostamenti, con grande rispetto verso le materie prime. Da qui anche il rapporto con il territorio, che per lo chef è fondamentale. «Gli ingredienti della laguna di Venezia sono preponderanti nell’attuale menu – ci spiega -. Il pesce segue il mercato ittico di Venezia: cicale di mare, scampi, vongole, cozze, seppie al nero… Poi, ad esempio, le uova sono della zona, le patate sono di Cesiomaggiore (in provincia di Belluno). Poi ci sono alcuni ingredienti che provengono, per forza maggiore, da altre zone». La cantina conta 180 etichette con una selezione di vini del Veneto e del Friuli Venezia Giulia, ma anche del territorio nazionale ed europei.
L’esperienza enogastronomica si svolge in un locale che fino a qualche tempo fa ospitava un ex magazzino e che adesso è tornato a nuova vita grazie all’intervento del designer Cristian Bozzato.
L’ambiente, intimo e accogliente, restituisce il dialogo fra la memoria di alcuni elementi costruttivi, come i muri in mattoni a vista e le travi in legno del soffitto, e la contemporaneità degli arredi, dalle linee morbide e dai colori caldi. La regia delle luci, poi, dona al locale un’atmosfera avvolgente e raccolta, nella quale l’illuminazione diventa materiale immateriale che contribuisce a tratteggiare il carattere dello spazio. Il ristorante, 300 metri quadri, offre 40 posti fra interno ed esterno con vista sul Canale di Cannaregio.
Conosciuto come Gheni, il proprietario di origine albanese è arrivato in Italia alla fine degli anni Novanta, quando aveva 15 anni e da subito è stato conquistato dalla passione per il pane lavorando in un panificio della provincia di Venezia. Da allora, nell’arco di circa vent’anni ha avviato molteplici attività imprenditoriali legate al mondo della cucina e della gastronomia: il panificio, la caffetteria, il bacaro veneziano e adesso il ristorante. «Sono un grande lavoratore e ho creato un bel team in oltre 20 anni di lavoro – ci racconta a proposito del suo modello di business -. Credo in quello che faccio e con passione gestisco i tre locali dando lavoro a 23 persone. Il mio era un progetto lineare, a tappe. Avviare l’attività di panificazione, ampliare e annettere la pasticceria. È arrivata l’opportunità del bacaro a Venezia. Ora l’avvio del nuovo ristorante. In momenti come questi le scelte devono essere ponderate, calcolate nei minimi particolari. Nel mio business plan ci sono l’impegno, il sacrificio, il lavoro, la pazienza, la lealtà verso i clienti. Lavoro dalle 14 alle 15 ore al giorno, 7 giorni su 7, da quando avevo 15 anni, e sono contento soltanto se le persone che escono dal panificio e dal ristorante sono felici di averci scelto. Alla base di tutto? Il rispetto».
Gheni non dimentica le sue radici e continua a essere un panificatore, tanto da curare personalmente il cestino del pane del ristorante che al momento punta su prodotti italiani, dalla schiacciata alla ciabatta fino alla focaccia e ai grissini tirati a mano, con farine di grano duro, ma anche di segale e di cereali. «Per il futuro non escludo la possibilità di portare pane tradizionale del mio paese d’origine», ci ha rivelato quando gli abbiamo chiesto se il cestino del pane fosse frutto di una contaminazione fra la cultura albanese e quella italiana.
A Venezia c’è sempre tanto da vedere e da visitare, ma se prima di sedervi a tavola voleste fare una passeggiata fino alla Fondazione Querini Stampalia – che vale anche solo per vedere il piano terra con giardino restaurato da carlo Scarpa – sappiate che fino al 1° aprile sarà possibile visitare “Appunti fotografici. La Venezia di Luigi Ferrigno”, la mostra che attraverso una raccolta di istantanee documenta «(…) Venezia superando gli stereotipi da cartolina e restituendone l’unicità e le molteplici contraddizioni. Uno sguardo attento, capace di entrare nelle pieghe della quotidianità (…). Ma anche un approccio discreto, che restituisce scorci inattesi e punti di vista mai scontati (…)», scrive la curatrice Lorenza Bravetta nel catalogo. Particolarmente suggestiva è la prima delle tre sezioni, intitolata “La città e il turismo, i mestieri e la produzione del vetro”. Cinquantanove fotografie scattate dalla fine degli anni Cinquanta agli anni Sessanta rappresentano una documentazione in bianco e nero di una Venezia solo apparentemente minore, quella del Ghetto, dei bambini che giocano in campo, dei mestieri – in particolare i lavoratori del vetro- delle marginalità sociali e della vita quotidiana, ma anche la città monumentale, con le sue chiese e le sue pietre, le feste, i grandi eventi, i primi turisti.
In copertina: Gheni Restaurant, Venezia. Progetto: Cristian Bozzato / 247LAB © Paolo Della Corte
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