Le voci di Margherita Guccione (Maxxi), Attilio Navarra (Italiana Costruzioni), Monica Mazzei (Edra), Lorenza Bolelli (Mibact)
Zaha Hadid in Italia ha iniziato la sua avventura con Edra, per la produzione del divano Wave. Era il 1988 e l’azienda toscana aveva iniziato solo da un anno l’attività, fin da subito con una grande attenzione per i talenti e la sperimentazione.
Massimo Marozzi l’aveva individuata per realizzare una struttura scultorea in vetroresina. Da lì in avanti tantissime altre aziende del design l’hanno cercata per il suo stile che piano piano si è affermato e rimasto inconfondibile. Sempre in Italia, dieci anni dopo, Hadid ha vinto il concorso per il museo Maxxi di Roma e anche con questo progetto si è affermata rapidamente tra le stelle del firmamento dell’architettura internazionale. Nelle prossime settimana Zaha era attesa di nuovo in Italia ma si è spenta a Miami il 31 marzo 2016.
“Sono stufa dell’Italia – aveva dichiarato Zaha Hadid un paio d’anni fa al Sole 24 Ore – In questo Paese tutto va per le lunghe, ho decine di cantieri aperti e non riusciamo a concludere niente. Vorrei iniziare a vedere le opere non solo sulla carta”. Nel frattempo però sono state completate le residenze di Citylife a Milano e tra pochi giorni sarà inaugurato anche il terminal marittimo di Salerno (a quasi vent’anni dal primo concept). Hadid aveva aperto anche un ufficio a Roma, oggi chiuso e con molti del team italiano riportanti nello studio londinese.
La star internazionale ha lasciato un segno indelebile anche in Italia. “Con lei c’è sempre stato un rapporto conflittuale perché nei tanti incontri per la definizione e la costruzione del grande museo di Roma prevaleva la sua rigidità e integrità”. Margherita Guccione, direttore del Maxxi Architettura, ricorda così il rapporto con l’architetto anglo-iracheno. “Con lei abbiamo sviluppato passo dopo passo un progetto che sembrava essere poco più di un’idea, invece poi si è confermato estremamente carico di pensiero progettuale e intenzionalità, già dai primi segni. Zaha non accettava mai un compromesso – commenta Guccione – e alla fine la sua integrità ha prodotto un edificio che riesce a tenere insieme la scala urbana e la spazialità interna, è un progetto di grande innovazione figurativa, lo scenario perfetto per un’istituzione che ha ambizione di lavorare sulla contemporaneità”.
Nata a Baghdad nel 1950, ha studiato prima a Beirut e poi, dal 1972, nella prestigiosa sede dell’Architectural Association di Londra. Dall’Honk Kong Peak Club del 1983 fino ai più recenti progetti ai quattro angoli del mondo, Hadid ha realizzato nella sua carriera alcuni degli edifici più interessanti degli ultimi quarant’anni. Il Maxxi di Roma è stato un progetto cruciale per un architetto emergente come era Zaha, su cui si posavano all’inizio degli anni 2000 grandi aspettative.
“Una grande donna: creativa e innovativa. Ci mancheranno molto il suo estro e il suo genio” ha commentato Giovanna Melandri, presidente della Fondazione Maxxi.
Zaha non accettava mai un compromesso e alla fine la sua integrità ha prodotto un edificio che riesce a tenere insieme la scala urbana e la spazialità interna
Margherita Guccione, direttore del Maxxi Architettura
“Con Hadid abbiamo avuto un rapporto strettamente lavorativo e fin da subito ci siamo resi conto che stavamo lavorando con uno studio e con persone superiori al livello medio. La grande ricerca per l’eccellenza, l’attenzione alla perfezione e al dettaglio, la richiesta di sperimentare nuove tecnologie – racconta Attilio Navarra, presidente di Italiana Costruzioni che ha realizzato il museo di Roma – ha fatto del Maxxi un prototipo. Anche quando fisicamente Zaha Hadid non c’era, si sentiva, veniva nominata sempre dai suoi collaboratori che conoscevano perfettamente i suoi desiderata. Non erano collaboratori di terza o quarta fascia, venivano subito dopo di lei, avevano delega per decidere. È stato un grande gioco di squadra”.
“Siamo molto toccati dalla scomparsa di Zaha Hadid. La ricordiamo come una donna piena di energia, con un carattere fortissimo, molto dura ma determinata”. Monica Mazzei, vice presidente di Edra, commenta così la perdita della dama dell’architettura, ricordando il primo incontro alla fine degli anni ‘80. “Avevamo visto un paio di divani della Hadid pubblicati su Casa Vogue, uno per casa sua e uno per la casa di un cliente: forme straordinarie in spazi piccolissimi. Edra aveva un anno di vita – racconta Mazzei – siamo stati a Londra, l’abbiamo incontrata, è iniziato il nostro rapporto fino a mettere in produzione il suo divano che abbiamo presentato poi al Salone del Mobile del 1988. Hadid era rimasta sorpresa del nostro interesse visto eravamo così giovani: in effetti abbiamo investito quasi tutto il nostro fatturato di allora per mettere a punto quello che serviva per la produzione. Avevamo fatto stampi in vetroresina – continua Mazzei – anche avvalendoci della cantieristica vicina. Parti erano verniciate, altre in tessuto che doveva essere aerografato una volta finito, alcuni piani sono stati tagliati a pantografo: produzione sperimentale per cui la mano dell’uomo è stata fondamentale per rifinire il prodotto. Hadid era venuta a trovarci in azienda e avevamo organizzato una passeggiata in barca, visto il suo grande interesse per le colonie sulla litoranea tra Pisa e Livorno. Era una donna curiosissima. Noi ci abbiamo creduto, le avevamo chiesto un progetto speciale per mettere in produzione elementi che fino a quel momento aveva fatto come opere uniche”.
Dalle aziende del design, ai progetti di architettura, da Citylife a Milano al Maxxi di Roma, da Salerno alla stazione di Afragola. Visti i tanti progetti e cantieri nel nostro Paese sono in tanti gli italiani – tra le istituzioni e i professionisti – che hanno avuto il piacere di collaborare con Hadid che tra l’altro ha allestito una mostra anche al Palazzo della Ragione con la Fondazione Barbara Cappochin e ha collaborato negli ultimi anni per un numero speciale di Abitare.
“È stato un gran privilegio lavorare con lei alla nascita del Maxxi che nel 1998 si chiamava Centro Nazionale per le Arti Contemporanee di Roma e veniva istituito, con una legge speciale voluta fortemente da Walter Veltroni che ne sanciva il finanziamento, accompagnato da un concorso internazionale di architettura gestito dalla direttrice della Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea Sandra Pinto, molto amata da Zaha”. Sono queste le parole di Lorenza Bolelli, architetto, oggi al Gabinetto del Mibact nell’ufficio di diretta collaborazione con il ministro. “Quando Zaha per la prima volta è sbarcata a Roma non c’era la percezione di avere davanti una star dell’archisystem internazionale, piuttosto per la prima volta in Italia e a Roma stava arrivando un architetto che aveva vinto una competizione internazionale (di cui eravamo come Ministero, sinceramente fieri)”. Bolelli rilegge l’arrivo a Roma di Zaha come un “respiro culturale, l’apertura ad immaginare un futuro fatto di velocità e tecnologia”. “Il suo arrivo al mitico e adorato Albergo Raphael, i suoi modi apparentemente rudi, ma con le donne sinuosamente complici, il suo sbarco fasciata in plissettati Yassie Miyake, facevano scuola. Ecco il mio ricordo è quello di una donna con una grande capacità di seduzione e, un po’ come la sua casa londinese, almeno quella in cui ho avuto il piacere di essere ospitata, c’era la “scorza” esterna che non rivelava nulla di quello che si sarebbe celato al suo interno. Mitica Zaha”.
La perdita della Hadid è stata commentata anche dal neo-presidente degli Architetti Giuseppe Cappochin con cui ha collaborato personalmente per la mostra a Padova.
A lutto anche la città di Salerno che attendeva a giorni l’archistar anglo-irachena per inaugurare il terminal marittimo.
Messaggi anche dall’ex sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Scopelliti che ha commentato la perdita di Zaha Hadid ricordando quella firma a Londra che dava il via al progetto per il waterfront. “Reggio Calabria avrebbe potuto vantare una delle sue prestigiosissime opere, ospitando sul lungomare un progetto che ne avrebbe cambiato radicalmente il volto, prevedendo la riqualificazione del Lungomare a nord dal Lido fino al Molo del Porto e a sud fino alla foce del Calopinace. Le risorse, 72 milioni di euro destinati alla realizzazione dell’opera – ha commentato Scopelliti – sono sempre stati disponibili, ma nel 2015 l’amministrazione Falconara ha deciso di cancellare l’opera, definanziandola”.
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