Tre mostre per ripercorrere il ruolo femminile nell’arte, un tempo negato, da Artemisia Gentileschi al femminismo americano
Occhi puntati sull’arte al femminile: un territorio inesplorato, attualmente momento di ispirazione per molteplici eventi a scala internazionale. Filo conduttore delle iniziative è il ruolo delle donne nel mondo dell’arte. Che va al di là della funzione di semplice musa per le opere e investe la figura professionale dell’artista. Cammini complessi a cui la Tate Britain di Londra dedica fino al prossimo 13 ottobre il percorso espositivo di Now you see us: women artists in Britain 1520-1920, volto a ripercorrere il contributo di oltre cento donne nel mondo della pittura e della scultura, attive nel porre le basi per le esperienze future delle nuove generazioni del settore. Personaggi femminili che oggi “possono essere visti” e celebrati dal pubblico più esteso ma che dovettero lottare e andar contro le aspettative sociali del passato per venir poi accettate e riconosciute come professioniste. Artemisia Gentileschi, Angelica Kauffman e Julia Margaret Cameron alcuni tra i nomi più noti che emergono nell’allestimento. Sale dove appaiono raffigurazioni domestiche o paesaggistiche, viste come interventi consoni al genere femminile, cui si aggiungono scene di battaglie o pitture di nudi un tempo riconosciuti come elementi dominanti nel solo settore professionale maschile. Un viaggio articolato nella tempistica di quattrocento anni, segnato dalle prime conquiste per il gentil sesso solo nel periodo Vittoriano, dal successo di Gwen John, Vanessa Bell e Helen Saunders negli anni del Modernismo, della pittura astratta e del Vorticismo.
E tra i pionieri del Movimento artistico femminista dei nostri giorni, la figura di Judy Chicago (1939, Chicago) celebre artista americana, nata con il nome Judy Cohen, che nel 1970 decise di adottare l’attuale cognome e avviò il primo Feminist Art Program degli Stati Uniti alla California State University di Fresno.
Un personaggio iconico, attivo nel mondo dell’educazione, della storia e della cultura che fin dagli anni Sessanta volle sfidare il mondo dell’arte dominato dal maschilismo, presentando opere realizzate secondo una prospettiva prettamente femminile. Un’esperienza artistica eclettica, impegnata nella continua sperimentazione e i principi dell’artigianalità, evidente nella ricerca degli argomenti, della metodologia come nella scelta dei materiali. Un linguaggio visuale distinto, sviluppato nel corso di oltre sei decenni di carriera, che contesta l’assenza e l’eliminazione delle esperienze femminili nella cultura dell’Occidente.
Judy Chicago, Revelations il titolo del percorso espositivo che ci guida attraverso la rassegna monografica che sarà alla Serpentine North di Londra fino al primo settembre. Un viaggio con opere note e inedite, raccolte in sezioni tematiche che svelano l’ampio campo d’intervento di Judy Chicago. Nulla è casuale e Revelations si ricollega ad un manoscritto, ora in fase di pubblicazione, redatto dall’artista durante la realizzazione di The Dinner Party (1974–79). Un’installazione a scala monumentale, creata per celebrare il successo di 1038 donne, che fu seguita da oltre un milione di spettatori in tre continenti diversi ed ora in esposizione permanente al Centro per l’Arte Femminista del Brooklyn Museum di New York. «Revelations, sia in riferimento alla rassegna che al libro – afferma Judy Chicago –, esprime il mio eterno impegno a riguardo della uguaglianza dei generi e la mia profonda convinzione che la gente debba unirsi per cambiare il paradigma patriarcale, che a questo punto nella storia è divenuto letale per tutte le creature, umani e non umani, come per il pianeta stesso». E accanto ai temi della nascita e della creazione, della costruzione sociale della mascolinità, delle nozioni di potere o di mancanza di potere e dell’estinzione, trova spazio anche l’argomento dedicato alle preoccupazioni per il clima e l’ambiente. In the Beginning (1982) il nome dell’opera monumentale che dà avvio a Revelations. Un lavoro realizzato con matite Prismacolor, dove il mito della creazione della Genesi viene reimmaginato secondo una prospettiva femminile e si interseca con l’ecologia.
What if Women Ruled the World? è il nome di un progetto in mostra che invita i visitatori a collaborare, fisicamente e virtualmente, nel condividere le loro idee sulla parità dei generi e immaginare mondi alternativi.
Solo arte al femminile per il National Museum of Contemporary Art (ΕΜΣΤ) di Atene dinamico nell’allestire spazi espositivi dedicati principalmente alle opere di autrici. What if Women Ruled the World? è il titolo che ha qui anticipato una serie di mostre temporanee dedicate esclusivamente a figure professionali del gentil sesso e che vedrà l’inaugurazione del quarto evento il prossimo 13 giugno. Radicale la figura di Katerina Gregos, direttore artistico di ΕΜΣΤ, determinata nel proporre un museo in cui la maggioranza dei lavori in mostra siano firmati da donne, sia per le collezioni permanenti che per le mostre temporanee nelle gallerie.
«Soprattutto in un paese come la Grecia – spiega Gregos – dove non c’è mai stato un movimento femminista organizzato di spicco nelle arti visive e dove le donne artiste sono state sistematicamente emarginate per decenni, questa è una dichiarazione importante e una correzione per uno squilibrio rilevante. In un momento in cui assistiamo a un ritorno degli attacchi ai diritti delle donne, la questione dell’empowerment femminile e dell’uguaglianza di genere, a livello trasversale, è più urgente che mai».
Women, together la prima rassegna inaugurata lo scorso dicembre, seguita da tre esposizioni monografiche con lavori di Leda Papaconstantinou, Chryssa Romanos, Danai Anesiadou e una serie di rappresentazioni di Alexis Blake. In occasione della festa della donna, l’opening del secondo ciclo espositivo con lavori di Yael Bartana, Claudia Comte, Hadassah Emmerich, Lola Flash e Malvina Panagiotidi e per la terza sezione le realizzazioni dell’artista sudafricana Penny Siopis e degli americani Mary Reid Kelley e Patrick Kelley.
Molteplici le tematiche che animano le narrative espositive, vicine ad argomenti affini ai problemi di genere e identità, questioni sociali e politiche, i loro intrecci e la complessità dell’esistenza umana e l’attuale incertezza. In primo piano anche le esplorazioni sul corpo e le diverse interpretazioni del suo significato. Diverse realizzazioni d’arte includono elementi e materiali che appartengono all’ambiente domestico del quotidiano, rivisti e trasformati attraverso attenti processi scultorei.
In copertina: Installation view of the exhibition: Chryssa Romanos. The Search for Happiness for as Many as Possible ©Paris Tavitian
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