Con la fine del lockdown, si apre una nuova stagione di esposizioni per riflettere sul cambiamento di spazi e ambienti dopo la pandemia
Città rimaste “sospese”, durante i mesi del lockdown, che riprendono vita e di cui si sente il bisogno di riappropriarsi. Paesaggi, prossimi o remoti, in continua trasformazione nel tempo. Il pianeta come “habitat umano”, consumato, modellato e modificato dalla presenza dell’uomo. Ma anche una riflessione sul rapporto – a lungo forzato nei periodi di isolamento – con lo spazio “interno” (in primis: la propria casa), divenuto talvolta ossessione e fobia.
Con la progressiva riapertura dell’Italia è partita una nuova stagione di mostre fotografiche e l’obiettivo, in diversi casi, è stato messo a fuoco sul tema degli “spazi che cambiano”: riflessioni sulle trasformazioni che coinvolgono l’ambiente di vita dell’uomo, con un filo ideale – più o meno diretto – legato alla pandemia.
Il punto di partenza di questo percorso può essere idealmente rappresentato da “Città Sospese. Siti italiani Unesco nei giorni del lockdown”, mostra – che resterà aperta fino al 16 luglio – promossa dalla Direzione generale Creatività Contemporanea (Dgcc) del Ministero della Cultura e allestita a Palazzo Poli a Roma, sede dell’Istituto Centrale per la Grafica ed edificio storico sui cui si poggia la Fontana di Trevi. Il progetto nasce da una campagna fotografica svolta, tra il 25 aprile e il 2 maggio 2020, in città italiane iscritte nell’elenco del Patrimonio mondiale Unesco, durante il periodo di chiusura reso necessario per arginare l’epidemia da Coronavirus.
Le fotografie in mostra sono una selezione delle immagini realizzate da quattro fotografi del Mic (Alessandro Coco, Francesca Lo Forte, Alfredo Corrao e Giuseppe Zicarelli) nei centri storici di Alberobello, Ferrara, Firenze, Matera, Napoli, Pisa, Roma, San Gimignano, Siena, Urbino e Venezia. Da Nord a Sud, dunque, strade, piazze e monumenti ritratti sono stati scelti «sia per la loro forte identità, sia per il fatto di essere caratterizzati, nell’immaginario collettivo, da una fitta presenza antropica».
Centrata su una singola città, anche per ritrovare e riscoprire gli spazi urbani segnati dalla pandemia attraverso lo sguardo dell’autore, è la mostra “Soliloqui – Mantova negli scatti di Gianluca Vassallo”, che è stata inaugurata lo scorso 12 giugno. Organizzata da Festivaletteratura e Fondazione Palazzo Te, con il sostegno di Fondazione Bam e Foscarini, è stata allestita nello spazio dei Tinelli di Palazzo Te e sarà visitabile fino al 12 settembre. Un anno fa il fotografo campano è stato coinvolto per la realizzazione di un progetto fotografico dedicato alla città lombarda, che sarebbe stato il cuore dell’Almanacco 2020, volume collettivo del Festivaletteratura: ora si riannodano i fili di quel percorso, che si concluderà con un laboratorio fotografico tenuto dall’autore, che illustrerà il suo modo di osservare il paesaggio urbano.
Il tema dei cambiamenti dello spazio è il punto focale intorno al quale si sviluppa “Transformations, mostra personale di Walter Niedermayr”, che aprirà i battenti il 29 luglio nelle sale di Camera – Centro italiano per la fotografia a Torino. Il percorso espositivo include – mettendo insieme una cinquantina di opere di grande formato dell’autore – gli ultimi vent’anni di ricerca artistica di uno fra i più importanti fotografi italiani contemporanei. Attraverso i temi ricorrenti della sua opera come i paesaggi alpini, le architetture e il rapporto fra lo spazio pubblico e lo spazio privato, «viene evidenziato l’interesse per l’indagine dei luoghi non solo dal punto di vista geografico, ma anche da quello sociale». Al centro del percorso, la ricerca visiva di Niedermayr e la sua capacità di rileggere il tema del paesaggio e rinnovarlo sia dal punto di vista concettuale che formale. Per il fotografo altoatesino,
Oggi lo spazio fisico non può essere approcciato con un’esclusiva intenzione documentaria, ma appare come perno di una relazione trasformativa tra ecologia, architettura e società
Walter Niedermayr
Un cambio di prospettiva radicale, rispetto alla riflessione sugli “spazi”, è quello adottato da Valerio Polici, autore delle fotografie raccolte per la mostra “Interno”, inaugurata l’11 giugno presso lo spazio San Zenone di Reggio Emilia, all’interno del festival Fotografia Europea 2021. La personale dedicata al fotografo italiano, vincitore del “Circuito Off” nell’ultima edizione della rassegna, è frutto di un progetto «nato da una riflessione sull’annoso dibattito sul rapporto problematico tra immagine e parola» e realizzato nell’arco temporale di cinque anni in varie città europee: «Esploro il concetto di casa come luogo del ‘perturbante’, specialmente dopo il lockdown» ha detto l’autore in una recente intervista. Tutto è scattato in spazi interni, come metafora di luoghi interiori, e si lega anche ad una ossessione personale verso il concetto di ‘casa’, come artefatto psichico prima che architettonico”. Mostra aperta fino al 4 luglio.
«Uno sguardo a volo d’uccello sulla superficie del pianeta e sui paesaggi della produzione, della distribuzione e dello smaltimento di risorse, attraverso gli occhi di fotografi contemporanei». È questo il senso di “Human Habitat: paesaggi dell’Antropocene”, mostra curata dall’Associazione Acropoli – piattaforma per la promozione degli aspetti più innovativi dell’architettura – che ha debuttato lo scorso 12 giugno (fino a fine febbraio 2022) presso Le Gallerie a Trento, in collaborazione con la Fondazione Museo storico del Trentino e con il Muse di Trento (nel cui giardino è ospitata, fino al 18 luglio, una ulteriore sezione della mostra). Il percorso espositivo si articola in tre parti: la prima contiene le fotografie di sei fotografi emergenti selezionati attraverso una call internazionale; la seconda è uno spazio di transizione, sperimentazione di experience design, che si ispira a “La notte dei tempi”; l’ultima, infine, espone gli scatti in grande formato di Tom Hegen, fotografo tedesco di fama internazionale.
In copertina: Siena, Piazza del Campo. Ph. © Giuseppe Zicarelli
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