Aspettando le prossime olimpiadi, la storia dell’evoluzione tipologica (di comportamenti e di relazioni con la città)
Luogo emblematico dello sport, lo stadio è protagonista nel mondo del calcio, del rugby e dell’atletica. Funzioni che si legano a quelle dell’ampio universo dello spettacolo e dell’intrattenimento, eventi per il pubblico o per il privato, gestiti a carattere locale o diffusi a livello internazionale. Dalle arene del passato alle icone d’autore degli ultimi decenni, luoghi non di rado qualificati da una forte componente architettonica ed ingegneristica. Punti di ritrovo e condivisione per tifosi e appassionati che incorporano un ruolo storico-sociale di rilievo per la città in cui sorgono, spesso sostenuto da un forte valore simbolico legato alle caratteristiche estetiche e formali del costruito.
Il était une fois les stades è il titolo di un percorso espositivo allestito nelle gallerie della Cité de l’architecture et du patrimoine di Parigi che ci accompagna in un racconto dedicato agli stadi.
Mostra aperta fino al prossimo 16 settembre 2024.
A poco più di tre mesi dall’inizio dei Giochi Olimpici 2024, i riflettori si accendono sugli usi e le caratteristiche dei templi per lo sport. Un’esposizione che si propone di rintracciare l’evoluzione della tipologia. Questo dalla sua trasformazione, all’inizio del XX secolo, fino alla sua globalizzazione. Dagli “stadion” dell’antichità greca, illustrati come grandi spazi vuoti segnati perimetralmente da gradini o tribune, ai più complessi sviluppi futuri.
Dḗmocratiser è il tema della prima sezione, introdotta dal motto: “Le sport pour tous, Un stade pour tous”. Qui i riferimenti vanno agli anni tra le due guerre, segnati da maggior tempo libero e benefici per i lavoratori con una conseguente più assidua partecipazione alle attività sportive per gran parte delle classi della società. «Tra il 1920 e il 1945 – spiega la curatrice Emilie Regnault – il numero di abbonamenti per l’atletica leggera passò da 15mila a 45mila e per il calcio da 76mila a 277mila. L’ingresso di un numero più elevato di persone consentì allo stadio di trasformarsi in una attrezzatura pubblica. L’edificio divenne parte della città moderna, venne ridisegnato, organizzato, attrezzato e abbellito». Imprese legate principalmente ad iniziative comunali guidate poi negli anni Trenta da proposte statali.
Contestualmente si sono intensificati studi specifici sulle strutture sportive per la “Città Moderna” firmati da noti teorici di architettura e urbanistica. Tony Garnier immaginava una città industriale al cui interno vi era uno stadio, mentre Le Corbusier affermò che «Lo sport deve venir posizionato in punti chiave di tutte le urbanizzazioni delle città giardino».
Performer è il capitolo dedicato al periodo successivo. “Più veloce, più alto, più forte” il motto che sprona a superare i limiti ed accomuna atleti e designer nell’eccellere nel conseguire la migliore prestazione finale. «Lo stadio – prosegue la curatrice – è ora come lo sport una costante ricerca di tecnica. È un’architettura dove l’estetica nasce dalla funzione, dove le forme sembrano accompagnare il gesto, la postura, il movimento dell’atleta, fino a volte a riprodurre l’onda dell’entusiasmo che si respira sugli spalti». In comune la ricerca continua verso nuovi record. Primati alimentati dalla febbre di nuove performance nelle assidue competizioni, capaci di soppiantare il concetto di “mens sana in corpore sano” che guidò gli atleti all’inizio del XX secolo. L’impresa sportiva osservata sul campo viene paragonata dagli autori alle prodezze tecniche notate nell’evoluzione dell’architettura degli stadi.
«L’abilità costruttiva – spiega la curatrice – sta tanto nell’eleganza discreta della tribuna coperta da un semplice vela di cemento quanto nelle megastrutture complesse e ultramoderne. Il gesto architettonico risponde alle esigenze concrete degli spettatori: accogliere un pubblico sempre più numeroso, garantire comfort fisico e visivo, assicurare accessi ed evacuazioni rapide. I movimenti della folla influenzano il design dello stadio e lo trasformano. La diffusione audiovisiva dell’evento, la redditività economica come le preoccupazioni ambientali sono elementi che uniti partecipano all’evoluzione architettonica dell’edificio».
Mondialiser, Un Monument pour la Ville è la sezione che osserva gli stadi negli anni della globalizzazione. Edifici che incorporano una forte componente simbolica, spesso introdotti come “cattedrali dello sport”, capaci di svelare il senso di appartenenza della loro comunità e affermare il loro valore privilegiato per la pratica sportiva.
E le sfide vanno al di là del campo atletico, materializzandosi anche sul terreno dell’architettura. Esempi sono le realizzazioni per i giochi olimpici e per la coppa del mondo che spingono sempre più verso la creazione di luoghi unici e singolari, qualificati da una forte identità e paragonabili a “monumenti”. Riferimenti che si riavvicinano alle realizzazioni dei grandi stadi nazionali premettendo anche di ospitare grandi competizioni internazionali. Tra gli esempi dei primi Giochi Olimpici dell’era moderna con la ristrutturazione dello Stadio Panateatico in Grecia nel 1896, il Reichssportfeld di Berlino per i Giochi del 1936 e il Maracanã di Rio de Janeiro realizzato per la Coppa del Mondo di calcio del 1950, con una capacità di 200mila spettatori.
In Francia il desiderio di uno stadio a scala nazionale nacque in occasione dei Giochi Olimpici del 1924 ma la sua importanza non fu accolta dalla Ville Lumiere e dallo Stato. Solo nel 1998 il sogno si materializzò nella costruzione dello Stade de France, capace di accogliere 80mila spettatori. Nel medesimo anno e in occasione della Coppa del mondo di calcio furono rinnovati stadi importanti quali lo stade de Gerland di Lione e lo Stade-Vélodrome a Marsiglia. Negli anni ’60 si arriverà alla trasformazione del Parc des Princes in una grande arena per 50mila spettatori, riconosciuta a livello mondiale per la particolarità della propria struttura in cemento armato. Tra gli altri interventi è del 1984 la costruzione del centro sportivo di Beaujoire a Nantes, parte del programma dei «Grands stades» secondo un piano nazionale di edificazione e rinnovo degli impianti sportivi promosso nel 1980.
In copertina: Stade Allianz Riviera, Nice (Alpes-Maritimes), 2010-2013 Wilmotte & Associés Architectes © Milène Servelle _ Wilmotte & Associés Architectes