Università di Siena e Cerb di Perugia stanno sperimentando l’uso delle piante autoctone nella produzione
È una storia che non ti aspetti quella del Birrificio San Quirico D’Orcia.
Nel nome c’è già un mondo: quello della Val D’Orcia, in Toscana, terra di vini come il Brunello di Montalcino e il Vino Nobile di Montepulciano, solo per citare i più noti. Una sfida doppia per il fondatore Roberto Rappuoli che in pochissimi anni – era il 2008 quando iniziava l’avventura – è riuscito a fare del Birrificio un unicum non solo a livello locale e nazionale ma anche internazionale grazie a una serie di birre “inedite”.
A celebrazione del decennale la novità Catharina – in omaggio a Santa Caterina da Siena che in Val D’Orcia si ritirava in preghiera – la prima birra artigianale al mondo aromatizzata con le spezie tipiche del panforte: pepe, cannella, noce moscata, chiodi di garofano, miscelate in una combinazione “segreta” ed esclusiva.
In catalogo anche la limited edition Theobroma, a base di fave di cacao; la bionda Iris e l’ambrata doppio malto Giulitta.
Crude, non pastorizzate, non filtrate e rifermentate in bottiglia: tutte le birre di San Quirico sono a km zero
Il Birrificio è un’eccellenza del made in Italy anche rispetto alle materie prime utilizzate. «Il grano viene acquistato direttamente da piccoli coltivatori della Val D’Orcia di nostra fiducia, che praticano l’agricoltura biologica e non hanno mai fatto uso di sostanze chimiche o di sintesi», ha spiegato Rappuoli in occasione dell’evento “L’arte della Birra” organizzato alle porte di Roma da DGExperience.
«Malto e luppolo sono forniti da selezionati rivenditori italiani che li acquistano da aziende artigianali del Nord Europa, in particolare Germania e Regno Unito delle quali sono in grado di confermare e garantire la qualità dei prodotti».
L’acqua è quella del Vivo d’Orcia (Monte Amiata), «perfetta in termini di concentrazione di sali minerali, ph e durezza, e quindi particolarmente indicata per la produzione di birra».
In partnership con l’Università di Siena e con il Cerb (Centro di Eccellenza per la Ricerca sulla Birra) dell’Università di Perugia è stato inoltre siglato un accordo finalizzato ad un progetto di ricerca, unico nel suo genere in Italia, per indagare i possibili utilizzi delle piante autoctone della Val d’Orcia nella produzione della birra. Ed è stata avviata una coltivazione sperimentale di luppolo, per verificarne la possibilità di ambientamento in Val d’Orcia.
L’azienda è andata anche oltre con le gelatine di birra. «Le chiamiamo “birra al cucchiaio” – spiega Rappuoli – a testimoniare come il loro gusto ricordi quelle delle nostre birre artigianali con una consistenza eccezionale». Ideali per accompagnare i pecorini della val d’Orcia, sono sei le varianti disponibili: chiara, ambrata, chiara alla cannella, chiara alla menta, ambrata al peperoncino e ambrata allo zenzero.
Chi vuole assaggiare qualcosa di davvero super-esclusivo, può orientarsi sui liquori e gli amari ottenuti a partire dalle materie prime utilizzate per produrre la birra (malto e luppolo).
Il Birrificio San Quirico ha sede in un antichissimo edificio medievale nel centro storico di San Quirico d’Orcia (Siena) lungo il percorso della Via Francigena.
Grande l’attenzione all’ecosostenibilità: l’iniziativa “Bir-riciclo” prevede sconti per chi riporta il vuoto e consente dunque all’azienda di recuperare il vetro mentre i residui della lavorazione della birra sono riutilizzati come mangime per gli animali della zona.
A conferma della continua tensione nella ricerca, Rappuoli anticipa che entro un mese sarà pronto il lancio di una nuova birra aromatizzata. Ma non dice di più: totale il riserbo sul nuovo “ingrediente”. Bisognerà aspettare.
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