Lavoro di squadra tra i due soci (un cuoco e un manager), uno studio di architettura e una società di comunicazione
La storia di Berberè, giovane società fondata da Matteo e Salvatore Aloe, due fratelli originari della Calabria, nasce con l’obiettivo di rielaborare la pizza valorizzandone l’artigianalità. Essa narra della virtuosa sinergia che si è stabilita fra un cuoco, un manager (i due soci), uno studio di architettura e un’agenzia di comunicazione, oltre a una squadra di persone che lavora fra la cucina e le sale. Tutto ha inizio nel 2010, quando i due fratelli – con una laurea in Economia a Bologna, esperienza professionale in cucina il primo, nel settore del retail il secondo – decidono di aprire la prima pizzeria.
“In città ci siamo accorti che la pizza, un prodotto che nella vita da studente non manca mai, era troppo spesso di bassa qualità. Abbiamo quindi pensato di puntare su materie prime eccellenti e ricerca sugli impasti. Volevamo proporre un prodotto buono, stagionale, digeribile” racconta Salvatore. Le pizze – realizzate con ingredienti biologici e presidi Slow Food – sono digeribili per vari motivi: la lunga fermentazione (24 ore), assieme all’utilizzo di lievito madre che già di per sé “digerisce” i lieviti, rende l’impasto leggero. A ciò si aggiunge l’idrolisi degli amidi, una tecnica di fermentazione effettuata utilizzando solo acqua e grano spezzato. “Sono gli enzimi e gli zuccheri presenti nel grano a far auto-fermentare l’impasto – racconta Matteo che, a proposito del grano, aggiunge – stiamo cercando di recuperare i grani antichi non più utilizzati, come il Senatore Cappelli e un’altra varietà nella zona di Cutro”.
Quella di Berberè non è una pizza gourmet, piuttosto un’esperienza del gusto e della vista che ha a che fare con la sincerità e con la creatività
“Prima di scegliere i prodotti abbiamo conosciuto coltivatori e allevatori andando a trovarli nelle loro aziende – continua Matteo -, cerchiamo di valorizzare la materia prima attraverso abbinamenti originali ma senza sofisticazioni gourmet, in realtà il segreto è abbinare la creatività alla semplicità”.
L’avventura degli Aloe sta registrando successo, tanto che a oggi le pizzerie aperte in Italia sono sette, più due all’estero: in media è nato più di un locale all’anno. In Italia il primo ad aprire è stato quello in provincia di Bologna, a Castel Maggiore, poi a Bologna, a Firenze, a Torino, a Milano – uno nel quartiere Isola, uno sui Navigli- a Roma e a Londra. Prossima apertura a Verona. Il loro business model si sta rivelando vincente: “curiamo la gestione imprenditoriale di tutti i locali e del progetto, occupandoci dello sviluppo, delle nuove aperture, della continua ricerca. In più formiamo i manager responsabili di ogni locale e interagiamo con loro in un dialogo giornaliero – spiega Salvatore -. Per la gestione interna ci ispiriamo ai grandi restaurant group internazionali dove ci sono persone addette anche ai più piccoli particolari”. Considerate le loro esperienze, Salvatore si occupa degli aspetti manageriali, Matteo, con l’aiuto di una persona di grande esperienza di alta cucina, di standardizzare i processi di creazione delle pizze in menu e di renderli replicabili nei diversi locali, oltre che del progetto di crescita interna delle persone.
Un ruolo significativo nell’affermazione di Berberè riveste anche l’aspetto del design dei suoi locali. A occuparsene sono RIZOMA Architetture, studio con base a Bologna, in stretta collaborazione con l’agenzia Comunicattive, impresa bolognese al femminile che prepara il mood board dei locali, studia i colori, sceglie la grafica, l’immagine coordinata, gli elementi di arredo, oltre a gestire i rapporti con i fornitori e a selezionare gli artisti per gli interventi di wall painting. “Il vero concept di Berberè è il lavoro di squadra”, racconta Giambattista Ghersi, che con il suo gruppo si occupa della parte architettonica.
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