Archivi. Un gruppo di archeologi ha catalogato 700mila pezzi appartenenti a diverse epoche storiche
Cosa può celarsi sul fondo dei canali di una città? Quali oggetti si possono nascondere e che cosa raccontano della storia di un luogo? Se lo è chiesto un gruppo di archeologi di Amsterdam, che ha avuto l’occasione di accedere al letto del fiume Amstel, prosciugato tra il 2003 e il 2012 in occasione dei lavori realizzati per l’ampliamento della linea metropolitana.
Below the surface, questo il nome del progetto di ricerca, ha portato alla catalogazione di quasi 700mila pezzi: oggetti e frammenti fotografati e raccolti nel libro “Stuff”, “cose”, pubblicato a giugno 2018
Un volume con oltre 15mila scatti che raccontano una parte della storia della città olandese, dalla preistoria fino agli anni 2000. Il progetto ha dato vita anche a un sito web interattivo dove poter curiosare tra i diversi reperti, suddivisi per epoca di appartenenza o raggruppati in base alla destinazione d’uso.
Si va dagli strumenti utilizzati per la lavorazione delle pelli, alle ossa di animali, dai cocci di anfore in terracotta ai più recenti vasi in ceramica decorati, dalle posate e pentole risalenti al 1500, alle pipe per il tabacco del 1600, pezzi di orologi a pendolo del 1800 fino a più recenti cinturini in metallo, ami e ancore di ogni tipo, macchine fotografiche e telefonini di diverse epoche.
Non sorprende un contenuto così ricco se si considera che il corso d’acqua prosciugato ha rappresentato per secoli una storica arteria cittadina, su cui un tempo transitavano le numerose barche che partivano dal porto commerciale posizionato alla foce, nel vicino lago di Ij, e che ancora oggi scorre nel cuore di una delle città più cosmopolite d’Europa, con quasi 1 milione di residenti.
Rifiuti gettati volontariamente dalle imbarcazioni o persi accidentalmente. Una collezione di articoli che “dipinge un’immagine multi-sfaccettata della vita quotidiana di Amsterdam – come hanno raccontato gli stessi archeologi -, una scoperta affascinante e poeticamente mozzafiato, soprattutto per la casualità del ritrovamento del materiale”.
Una ricerca che ha dato vita a un database archeologico, accuratamente catalogato, “uno strumento interpretativo – come hanno sottolineato i professionisti che hanno preso parte al progetto – che può essere organizzato in numerosi modi in base alle categorie di dati. I risultati possono essere ordinati in gruppi stabilendo diversi collegamenti tra i rispettivi attributi”.
Oltre alle analisi numeriche, è stato possibile, con l’uso di un modello cartografico 3D GIS anche fare un punto sui cambiamenti nell’uso degli spazi urbani
In base ai tipi di reperti infatti i ricercatori sono riusciti a individuare le diverse aree e la loro evoluzione negli anni, da quelle residenziali, agli spazi industriali con le officine, dalle zone commerciali con i negozi, fino ai terminal dei traghetti. “I ritrovamenti – hanno commentato gli archeologi – sono una riflessione indiretta della vita e del lavoro lungo la sponda del fiume, nonché dei trasporti via acqua e dello smaltimento della spazzatura”. Un esempio? La diversa distribuzione di imbuti, barattoli di zucchero e sciroppi, tutti prodotti realizzati con la stessa terracotta rossa (redware) ma funzionalmente diversi. “Questo elemento – hanno chiarito i professionisti – può aiutarci a identificare le aree di produzione e quelle di distribuzione”.
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