A Salerno una conversazione sui margini per proteggere la “bellezza della forma” con lo studio legale Nunziante Magrone
Vietri sul mare, Ariano Irpino, Cerreto Sannita. E poi ancora Salerno, San Lorenzello, Cava de’ Tirreni e le stesse Avellino e Napoli. Luoghi dove, tra le altre meraviglie, si cela una cultura centenaria legata alla ceramica e alla sua lavorazione per la quale la Campania è diventata un punto di riferimento internazionale nel settore. Pochi dati su tutti: le aziende campane del settore della ceramica, facendo riferimento ai dati dell’Osservatorio Icribis, pesano sul totale nazionale per circa il 12,1% e si concentrano principalmente per oltre l’80% tra la provincia di Salerno (47,1%) e Napoli (34,9%).
Proprio a Salerno, nel Palazzo Innovazione, lo studio legale Nunziante Magrone ha organizzato un seminario dedicato alla tutela legale della bellezza della forma, invitando imprenditori e artigiani.
Oltre al fondatore dello studio, Gianmatteo Nunziante, e agli avvocati Pietro Ilardi e Roberto Mazzeo, è intervenuta anche l’imprenditrice salernitana Giulia Barela, fondatrice di Giulia Barela Jewlery, sulle particolari caratteristiche della tutela della proprietà intellettuale nel settore dei gioielli.
«Esistono più forme di tutela previste dall’ordinamento italiano e internazionale – ha spiegato l’avvocato Pietro Ilardi, sottolineando la volontà dell’incontro dello scorso 19 giugno di semplificare per interlocutori non tecnici le linee guida di una materia eterogenea che spesso mescola la valutazione della forma estetica e dell’utilità».
Due i punti di partenza per la tutela dei modelli: la funzionalità e il design.
Nel primo caso, è la linea che aggiunge capacità operative a “guadagnarsi” il diritto di ottenerne la tutela, aldilà del brevetto; nel secondo invece la forma del prodotto ha una valenza solo estetica ma il carattere individuale le permette di richiedere la tutela del design: il caso di scuola è quello della moda per cui si vede spesso protetto il concept di cinture e costumi, della forma appunto.
«La disciplina non è unica ed esclusiva e prevede anche altre forme di tutela come quella del marchio depositato», ha continuato Ilardi specificando che si tratta di una tutela attivabile in via residuale e che non copre la forma naturale del prodotto. Oppure, se i prodotti di design contengono in sé il profilo creativo, possono accedere alla protezione del diritto d’autore. Completamente autonoma e cumulabile con le altre, di fatto amplia e rafforza in maniera sostanziale le possibilità del cosiddetto “avente diritto”. Si sposta l’attenzione sul “chi” ha firmato l’opera e si arriva a regalarle 70 anni di protezione. «Per quanto riguarda il valore artistico, il concetto è stato lasciato volutamente sfumato dalla norma anche se la giurisprudenza ha poi creato una serie di parametri oggettivi per la valutazione, come la pubblicazione su riviste specializzati, i premi conferiti, il riconoscimento da esperti del settore, e un valore economico più ampio rispetto a quello intrinseco», ha chiarito Roberto Mazzeo.
La protezione del diritto d’autore per le forme che accedono alla tutela del design è di seconda categoria perché oltre ad essere nuova e creativa, la forma deve avere un particolare valore artistico.
Pietro Ilardi
«Un concetto logico – ha sottolineato Ilardi – che ha riguardi anche sui profili di natura contrattualistica». Si pensi al progetto architettonico e a cosa accadrebbe se fosse sempre attivabile la tutela del diritto d’autore, anche rispetto alle ricadute a livello economico.
«Tutte queste tutele, sono applicabili al mondo della ceramica, soprattutto a livello d’autore perché quanto realizzato è molto simile a un’opera d’arte, nonostante sia riproducibile in serie e inglobi quindi in sè il carattere dell’industrialità» hanno commentato i due avvocati.
La tutela non è automatica e ha bisogno della decisione del giudice; ancora prima si avvantaggia non tanto e non solo del deposito del progetto e del disegno alla Siae quanto della costruzione di un sistema protettivo ampliato a tutto ciò che accompagna il singolo prodotto, registrando per esempio il marchio aziendale e verticalizzandolo sulle aree produttive. Tra le strategie rientra l’avvalersi del brand legato al “made in Italy”. Con attenzione, perché la norma è “debole” mentre forte è la percezione del valore legato al marchio: la costruzione di un processo che superi i minimi requisiti per ottenere il bollino deve essere comunicato.
Un racconto che è parte della storia del prodotto, certo, ma anche dell’azienda stessa.
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foto in copertina: © giuliabarela.com