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Colori sgargianti e atmosfere cinematografiche, le ghost town di Andrea Koporova

La fotografa slovacca racconta i luoghi in abbandono


Ha iniziato a scattare per caso nel 2010 e da allora non ha mai smesso. Andrea Koporova, fotografa autodidatta classe 1979 di origine slovacca, ora di base in Austria, è uno dei nomi emergenti della fotografia europea. La sua cifra stilistica? I colori intensi applicati in post produzione ad ogni immagine. “Nel corso degli ultimi anni ho sperimentato diversi stili fotografici – ha spiegato Koporova – però mi piace concentrarmi sulla figura umana. Gran parte del mio lavoro viene realizzato fuori dallo studio, all’esterno, dove cerco di cogliere in vari spazi la bellezza e le sensazioni di un determinato momento”.

Tra gli ultimi lavori che rappresentano al meglio la sua filosofia anche Ghost Town, una raccolta di immagini scattate in spazi abbandonati, dai teatri ai cinema, dalle piscine ai campi da tennis, fino alle zone industriali, dove non manca mai una figura femminile, protagonista della scena. Nelle composizioni minimaliste i toni saturi, applicati alle strutture immerse in paesaggi deserti con tonalità calde, vanno a contrastare con quelli più tenui, solitamente sugli abiti della modella. Immagini cinematografiche che ricordano per composizione e prospettive alcune inquadrature del Kubrick di Shining, e che per atmosfere e colori sembrano invece estratte da un film di Wes Anderson.

Quando scatto ho sempre un concept chiaro in testa, in un luogo e con dei costumi ben precisi. Tutto il resto? È improvvisazione. Quello che vedi nell’obiettivo prima di scattare non è quasi mai quello che ottieni.

Dal contrasto dei colori a quello semantico. “Sul set lavoro sempre con la luce naturale – ha raccontato Koporova -, poi in post produzione, applico alcuni filtri per creare mondi disorientanti in cui, per esempio, il cielo è di un turchese forte e tutt’altro che naturale e i campi da tennis irradiano una luce arancione brillante. Il mio obiettivo è quello di rappresentare la situazione contradditoria della solitudine, in un mondo virtualmente, ma non solo, sempre più connesso”.

Le modelle sembrano esplorare in solitaria degli interi universi abbandonati. “Attraverso l’uso dei colori cerco di privare i luoghi della loro funzione originaria, di ospitare attività sociali, ponendo in contrapposizione la solitudine del soggetto, immerso in un mondo surreale, dove le rovine, solitamente grigie e tristi, presentano colori sgargianti”.

Andrea Koporova non è però l’unica ad aver lavorato sugli spazi in disuso. Molti professionisti del mondo della fotografia si sono infatti appassionati al tema, tra questi anche Kai Michael Caemmerer, fotografo di Chicago, autore del progetto Unborn Cities, che documenta attraverso degli scatti d’architettura le nuove città fantasma della Cina, aree costruite senza una domanda abitativa reale e da anni in attesa di essere vissute.

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