Al Ristorante Alto la possibilità di cenare fra pochi intimi a contatto con l’autore dei piatti
A chi considera il cibo come un’esperienza capace di coinvolgere tutti i sensi, non solo il gusto, ormai diversi ristoranti propongono il cosiddetto “chef table”, un’occasione per mangiare fra pochi intimi a stretto contatto con il cuoco che, davanti agli occhi dei suoi ospiti, sperimenta le sue ricette, racconta la loro storia, illustra le tecniche di preparazione e di cottura. La cena diventa quindi una narrazione che avvicina gli ospiti ai segreti della cucina e li coinvolge sollecitando la loro curiosità. Di solito il tavolo è situato in un posto speciale ed esclusivo, pensato per celebrare e rendere unica l’esperienza di godere del contatto diretto – verbale e visivo – con lo chef e la sua brigata. Proprio come accade al Ristorante Alto, situato all’ultimo piano dell’Executive Spa Hotel di Fiorano Modenese e aperto anche agli ospiti esterni. Qui questa esperienza si svolge sul davanzale della “finestra” ritagliata su uno dei lati della cucina che permette di curiosare nel regno popolato da pentole, fornelli e creatività. Protagonisti di questo luogo sono lo chef Mattia Trabetti e la sua brigata di cucina, dotati di una spiccata vocazione alla sperimentazione.
Pantografo gli ha chiesto cosa accade quando i commensali si avvicinano: «Li accogliamo e poi sono in mano nostra!», esordisce sorridendo. Ci spiega che ciò che caratterizza questa esperienza è il dialogo che si stabilisce fra il cliente e il cuoco. E quindi anche una forma di interazione attraverso la quale il cuoco cerca di trasmettere la propria passione, oltre a far capire come si svolge il lavoro in cucina. «Già consolidata nei Paesi del nord Europa, è una tendenza che sta arrivando anche in Italia – continua –. Dal mio punto di vista è il ristorante del futuro, perché hai un contatto diretto con il cliente e di conseguenza emerge la dimensione umana legata al lavoro in cucina, che non ha nulla a che vedere con quanto si vede alla televisione».
La ricerca, espressa nel massimo rispetto della materia prima, è alla base della filosofia di cucina di Trabetti che con le sue pietanze interiorizza la tradizione per stravolgerla, grazie alle conoscenze apprese in un itinerario professionale che, iniziato all’Alma di Colorno, è giunto fino alle cucine stellate di Londra, di Stoccolma e di Anversa.
Ogni luogo, soprattutto all’estero, mi ha aiutato ad aprire la mente per sviluppare una mia individualità in ambito culinario. Il risultato è una cucina fresca e pensata, spinta dall’istinto e dalla voglia di sperimentare.
Mattia Trabetti, chef
Il cuoco e la sua squadra propongono il menu degustazione di otto portate e i due di cinque portate (uno di carne e uno vegetariano), adattandoli a particolari necessità del cliente quando richiesto. Fra le pietanze presenti nei menu ci sono il Chawanmushi di piselli, taccole glassate e polvere di caffè di cicoria, i Cappelletti, nocciole nere e bourbon, il Costato di mora romagnola e mandorle, il Petto d’anatra, garum di trota, spugnole ripiene e duroni in aceto di miele, il Risotto, pomodoro marinda, kumquat e olive nere tostate. «Puntiamo a una cucina di ricerca e di sviluppo prestando molta attenzione all’ambiente e alla stagionalità – racconta Trabetti a Pantografo –. Siamo in continuo contatto con i nostri fornitori e abbiamo un approccio che può sintetizzarsi nell’espressione “sì territorio e meno tradizione”, perché vogliamo proporre qualcosa di particolare valorizzando comunque prodotti di nicchia del territorio, spesso sconosciuti dai clienti, e utilizzandoli con la nostra idea di cucina a menta aperta».
Gli abbiamo chiesto anche quale sia la carta vincente di Alto e ci ha spiegato che, trattandosi prevalentemente di un ristorante fine dining, il business è focalizzato sull’esperienza del cliente, sul proposito di creare una serata speciale con una proposta gastronomica particolare.
Lo chef table si inserisce nel più ampio ristorante con terrazza concepito da Gualtiero Sacchi, il designer che ha curato la ristrutturazione dell’intera struttura alberghiera. Il suo progetto adotta un linguaggio garbato e contemporaneo che punta sul ruolo della componente cromatica, sulla fluidità degli spazi, sulla scelta di arredi vintage e di altri disegnati su misura, sul dialogo di materiali quali l’ottone, il legno di noce canaletto, il cemento a vista.
Il Ristorante Alto è circondato da pareti color mattone che all’ora del tramonto si infiammano di una luce intensa e avvolgente, tinta che ricorre anche in cucina – ben visibile dalla finestra sulla quale si affaccia il tavolo dedicato – per conferire continuità all’ambiente. Le pareti ospitano alcuni decori ceramici color verde bosco capaci di movimentare lo spazio e di creare effetti scultorei. La parete a ovest è interamente a vetri, una vera e propria cornice sul paesaggio dominato dalla Basilica della Beata Vergine del Castello e dalle colline della fascia preappenninica.
In copertina: Ristorante ALTO, Executive Spa Hotel, Fiorano Modenese. Progetto: Gualtiero Sacchi. (Foto: Fabrizio Cicconi)
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