L’installazione di Maria Cristina Finucci nasce per sensibilizzare e incuriosire cittadini e turisti stranieri sul tema dell’inquinamento dei nostri mari
L’estate è alle porte: le scuole hanno appena chiuso, il numero di turisti è in aumento e su qualsiasi piattaforma social è possibile trovare foto di amici e personaggi più o meno noti che li ritraggono al mare, pronti a godersi il piacere di un bagno rinfrescante. Ad accompagnarli in questi momenti di pace e relax però, ci saranno milioni di ospiti indesiderati: le microparticelle plastiche. E non si tratta di un problema relativo solo alle aree più antropizzate del pianeta. Come evidenziato recentemente da Greenpeace infatti, anche tuffandoci nelle limpide e gelide acque del Polo Sud, troveremmo a farci compagnia sostanze sintetiche di tutti i tipi.
Qualche numero: nel solo Mediterraneo si trovano 115mila particelle plastiche per chilometro quadrato, mentre gli oceani nel loro insieme contengono non meno di 150 milioni di tonnellate di materiali inquinanti, con 8 milioni di tonnellate che vi si aggiungono ogni anno. Un documento del World Economic Forum ha stimato che andando avanti di questo passo, nel 2050 nei mari troveremo più oggetti come bottiglie e imballaggi per articoli monouso, che pesci.
Una questione molto importante, sulla quale si sta sviluppando un’intensa campagna globale di sensibilizzazione promossa anche dall’ONU. Di questo processo fa parte la nuova installazione artistica di Maria Cristina Finucci, chiamata “HELP the Ocean”, e inaugurata in occasione della “Giornata Mondiale degli Oceani”. Inserita in un contesto unico al mondo, quello dei Fori Romani capitolini, l’opera è stata pensata per informare e allo stesso tempo incuriosire cittadini e turisti che visiteranno l’area archeologica urbana più estesa al mondo.
HELP è un grido d’allarme che non si limita alla pur importante questione ambientale, ma pone al centro l’individuo e in generale la vita sul pianeta. Un luogo dove l’ambiente è legato indissolubilmente alle risorse naturali, alla salute, all’alimentazione, alla povertà, alle disuguaglianze, ai diritti umani e alla pace.
Maria Cristina Finucci
L’opera, posta sui resti della Basilica Giulia, è composta da 76 gabbie metalliche fornite da Maccaferri contenenti sei milioni di tappi di plastica colorati e foderate da pannelli di rete rossa, simili a quelli tipicamente utilizzati per il trasporto delle arance. Gli elementi sono stati posizionati in modo da formare la parola HELP, ma il momento migliore per apprezzare l’installazione sarà la sera quando, grazie ad un impianto luminoso fornito da Enel X, sarà visibile anche da via dei Fori Imperiali. L’installazione, realizzata grazie al sostegno della Fondazione Bracco, fa parte di un ciclo iniziato dall’artista nel 2013 con l’istituzione di un nuovo ipotetico Stato: il Garbage Patch State. Una entità federale di non poco conto con un’estensione di 16 milioni di chilometri quadrati, comprendente le cinque grandi isole di plastica presenti negli oceani. Dopo essere stata collocata, fra gli altri, alla Biennale d’Arte di Venezia nel 2013, al MAXXI di Roma nel 2014 e a Parigi in occasione della COP 21 sul clima, l’opera è arrivata a Roma dove rimarrà fino al 29 luglio prossimo.
“La nostra speranza – ha sottolineato Alfonsina Russo, Direttrice del Parco archeologico del Colosseo e figura fondamentale per superare le resistenze della Sovrintendenza Archeologica – è quella di riuscire a coinvolgere il pubblico nazionale e internazionale sul significato fondante della memoria del passato, conservata nel DNA degli ambienti e dei paesaggi, sia quelli naturali, sia quelli plasmati dall’uomo. Solo un uso corretto potrà garantire la conservazione del Pianeta e quindi potrà dare un futuro al nostro passato”.
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