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Rigenerare giardini e parchi per nuovi spazi condivisi

I casi di Venezia, Bologna e Napoli: recuperare il patrimonio per stimolare le comunità


La riqualificazione delle città è un tema quanto mai attuale, che coinvolge non solo lo spazio costruito ma anche parchi e giardini, sempre di più al centro di interventi mirati a restituire alla comunità spazi all’aperto nuovamente fruibili. Al loro interno, poi, in diversi casi compaiono anche dei manufatti recuperati che ospitano attività artistiche e culturali, di ricerca, di formazione e di ristorazione spesso legate alle istanze della sostenibilità, in termini sia ambientali sia sociali. Il tema del riuso è in questo senso cruciale, perché dimostra come, preservando e valorizzando le risorse esistenti, sia possibile conferire nuova anima a un patrimonio esistente, senza consumare ulteriore suolo.


Pantografo ha selezionato tre casi di recenti interventi dal nord al sud Italia che hanno rivitalizzato porzioni di città conferendo loro nuova linfa vitale.


Attivando, peraltro, processi virtuosi di interazione, anche in termini di investimenti, fra pubblico e privato. Il recupero di ognuno di questi interventi è costato circa 2 milioni di euro.
A Venezia ha appena aperto l’orto giardino della Chiesa del Santissimo Redentore. Il progetto riconduce alla tradizione dei giardini e degli orti conventuali, alla loro ricchezza e alla capacità di sperimentazione. Voluto dalla Venice Gardens Foundation, nata con l’obiettivo di promuovere il restauro e la conservazione di parchi, giardini e beni di interesse storico e culturale, l’intervento di restauro è stato condotto da Paolo Pejrone per quanto riguarda il giardino e da Alessandra Raso per i manufatti presenti al suo interno. Nel primo caso il progetto ha previsto lunghi percorsi articolati a ricordare il simbolismo della croce, ombreggiati da un pergolato in legno di castagno coperto da piante di uva e da rose rampicanti accompagnate da glicini e bignonie. Tra gli alti cipressi, un reticolo di sentieri ripartisce lo spazio dell’uliveto, del frutteto e dei coltivi, un mondo variopinto di erbe, ortaggi, bordure fiorite composte da specie mediterranee, aromatiche e medicinali. Nel secondo caso l’intervento ha riportato al loro splendore la vasca delle ninfee, la cappella di meditazione, le antiche officine. E ancora i laboratori destinati ad accogliere il frantoio e la sala di smielatura per lo svolgimento in situ delle attività necessarie alla produzione e alla conservazione dell’olio e del miele dell’apiario. Ci sono poi il caffè, che utilizza i prodotti coltivati nell’orto secondo il modello sostenibile dell’agricoltura rigenerativa, e infine la serra, luogo di studio e laboratorio sperimentale per i più esperti giardinieri. Nel tempo, un programma di appuntamenti culturali contribuirà a favorire la scoperta del luogo.

A Bologna, nel contesto delle serre dei giardini Margherita, si trova serra madre, nuovo centro di produzione culturale ideato da Kilowatt, la cooperativa che ha rigenerato e gestisce da 10 anni le serre, con l’obiettivo promuovere il tema dell’ecologia attraverso il dialogo tra arte e scienza. Il progetto di rigenerazione dello spazio, firmato dallo studio di architettura Laprimastanza, è partito dalla memoria: da struttura dedicata alle piante, successivamente abbandonata, la serra si trasforma in un centro culturale che ospita residenze, laboratori didattici, formazione, workshop e mostre.
Il verde che circonda serra madre è parte integrante di un approccio alla rigenerazione pensato come strumento per contrastare il cambiamento climatico: ogni pianta è stata valutata anche in base alla quantità di CO2 che riesce ad assimilare. Per questo, sono state selezionate piante a crescita rapida, che assicurano un significativo assorbimento di CO2, rafforzando così l’ecosistema circostante.
Inoltre, grazie alla collaborazione con Aquaponic Design, team multidisciplinare che si occupa di promuovere nuovi sistemi di coltivazione fuori suolo, sarà realizzato un sistema per la compensazione delle emissioni attraverso la realizzazione di un innovativo impianto di coltivazione di alghe alimentato dalle acque meteoriche, grazie al quale serra madre sarà in grado di assorbire fino a 27 tonnellate di CO2 all’anno. Anche in questo caso, come a Venezia, il progetto prevede uno spazio ristorativo, Vetro Bistrot, che pone al centro del suo menu il concetto di equilibrio fra uomo e natura, utilizzando materie prime che rispettano la terra, il lavoro artigianale e manuale di chi le produce e l’alternanza delle stagioni.


Nel frattempo, sempre nel contesto dei giardini Margherita, sta prendendo forma l’intervento di riqualificazione dell’ex centrale elettrica, affidato a Mario Cucinella Architects e mirato a ospitare l’hub creativo e culturale di Re-use with love,


organizzazione di volontariato cittadina promotrice, attraverso la cultura del riuso, di raccolte fondi benefiche e progetti di inclusività e sostegno sociale.

A Napoli è stato restituito alla comunità il giardino Torre nel Real Bosco di Capodimonte, nato nel settecento come giardino di delizie, vivaio e fruttiera reale all’interno della riserva di caccia voluta da Carlo di Borbone. Dopo anni di chiusura e abbandono, la società consortile Delizie reali, nata per il recupero e la valorizzazione della Stufa dei Fiori e del giardino Torre nel Real Bosco di Capodimonte a Napoli, vince il bando di gara europeo indetto dall’allora Mibact – Ministero per i beni culturali e ambientali, aggiudicandosi la gestione per venti anni dei due siti storici. Il progetto di restauro architettonico e botanico viene affidato a Minerva restauri ed Euphorbia.
Fin dalla loro istituzione, i siti reali dei Borbone furono intesi come proprietà di carattere produttivo, capaci di autosostenersi e generare profitto. Il giardino Torre rappresenta l’ultima testimonianza produttiva che caratterizzava la tenuta reale di Capodimonte.
Oggi il sito è stato riaperto al pubblico con oltre 600 piante tra agrumi, alberi da frutto, frutti esotici cari ai Borbone, tra i quali ribes, ananas e lamponi, ortaggi ed erbe aromatiche. Il giardino Torre si presenta come il primo agroecosistema urbano didattico, produttivo e ricreativo di Napoli. “Orti, cucina e cultura” è la formula con la quale il sito esprime la sua vocazione al recupero della propria destinazione originaria di azienda agricola e giardino produttivo, ma anche di luogo di delizie, museo vivo, laboratorio permanente di cucina mediterranea basata sui principi di biodiversità e sostenibilità, centro didattico di educazione alimentare e botanica che vede la partecipazione di una comunità attiva costituita da associazioni culturali, cooperative sociali e piccole imprese virtuose del territorio. La caffetteria-bistrot e la pizzeria, allestite negli ambienti del casamento storico, propongono un’offerta gastronomica basata sulla filiera corta e sulla stagionalità. Gran parte dei prodotti usati in cucina, infatti, provengono dagli orti della tenuta e da altri piccoli artigiani del territorio.

 

In copertina: Orto Giardino della Chiesa del Santissimo Redentore, Venezia. (Foto: Carlo Soffietti)

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