Arte, gastronomia e ospitalità alla base del progetto di Guido Martinetti e Federico Grom
L’apertura di Radici ristorante in vigna si inserisce nel più ampio quadro di una storia che narra la passione per il territorio, l’agricoltura, la viticultura, l’ospitalità e la ristorazione, nata a Costigliole d’Asti, al confine fra le Langhe e il Monferrato. Il ristorante, infatti, si inserisce nel contesto di un progetto che include altre due realtà, legate alla produzione e all’ospitalità. La prima, Mura Mura, è l’azienda agricola (con cantina) di 30 ettari coltivati a vigneti e frutteti voluta da Guido Martinetti con Federico Grom, ex soci fondatori di Grom, la nota gelateria che con grande successo ha portato in giro per l’Italia il gelato di qualità, sostenibile e stagionale. La seconda, Le Marne, è il relais di Guido Martinetti che nel silenzio della natura e nel verbo della bellezza trova i suoi punti forti, insieme all’arte e alla gastronomia. «Ho sempre pensato che crescere immersi nella cultura contadina, frequentando al tempo stesso i grandi personaggi che vengono a trovarci a Le Marne sarebbe stato un modello educativo fantastico per i figli che desidero avere insieme a mia moglie, Martina – racconta Guido Martinetti, al quale Pantografo ha chiesto com’è nata l’idea di rimettersi in gioco con una struttura ricettiva dopo l’esperienza di successo nel settore alimentare -. Studiare i competitors, le opportunità che regala il territorio, inventare nuovi approcci per rendere memorabile il soggiorno degli ospiti di Le Marne non è stato un vero studio, ma l’espressione di un afflato condiviso con lei».
Costituito da due cascine affiancate l’una all’altra, il relais ospita la dimora dei poeti con cinque camere dedicate ad altrettanti autori piemontesi, e la dimora degli artisti, con otto camere dedicate alle opere di altrettanti artisti contemporanei.
E poi c’è la casa sospesa fra le vigne, una suite con terrazza costruita in posizione defilata su una piattaforma a cinque metri da terra con vista sul Monterosa e i vigneti del Monferrato.
È in questo contesto che si inserisce Radici ristorante in vigna di Guido Martinetti con lo chef Marco Massaia, un luogo affascinante – considerando anche che si trova all’interno di una cantina di fine Ottocento – dove territorio, sostenibilità e materie prime locali sono i tre pilastri del concept gastronomico.
«La cucina di Radici è fondata su un’attenzione costante alla sostenibilità e all’etica – racconta lo chef Marco Massaia a Pantografo -. Innanzitutto, puntiamo a selezionare materie prime di prossimità, collaborando con agricoltori e allevatori locali che condividono il rispetto per la naturalità e il benessere animale. Ogni ingrediente è scelto non solo per la qualità, ma per il valore che porta alla filiera locale e al territorio piemontese. Un aspetto fondamentale è ridurre al minimo gli scarti: lavoriamo il prodotto nella sua interezza». Così, per esempio, le parti della carne che spesso verrebbero scartate sono trasformate in garum, colature a lunga fermentazione prodotte internamente. «Questa tecnica non solo rappresenta una valorizzazione della tradizione antica, ma aggiunge complessità e profondità al gusto, riducendo al contempo l’impatto ambientale della nostra cucina», spiega Marco Massaia.
Il nome del ristorante allude alla filosofia di cucina dello chef che, attraverso un piatto in particolare, ci racconta come l’utilizzo delle materie prime povere è un tributo alle radici contadine della regione e alla cultura gastronomica piemontese: «Un piatto che incarna questo approccio è la roveja e nervetti, una rivisitazione del tradizionale fagioli e nervetti. Invece di usare il classico fagiolo, impieghiamo la roveja, un legume antico e poco conosciuto che ha un profilo aromatico più complesso e interessante. I nervetti, anziché essere serviti in insalata come da tradizione, vengono laccati con un fondo di vitello, donando al piatto una delicatezza e una stratificazione di sapori che esaltano le sue radici senza mai perderne l’autenticità. Questo piatto rappresenta perfettamente la mia filosofia: valorizzare la tradizione attraverso la semplicità e il rispetto per gli ingredienti locali».In questo momento il menu autunnale esplora ingredienti simbolo della stagione, con piatti che rievocano i profumi della terra e del sottobosco, come il rognoncino di coniglio alla brace, olivello spinoso, scalogno fondente e cavolo nero, e i raviolini di semola ripieni di formaggio comté Marcel Petite, essenza di cipolla di Andezeno, mandorle verdi, tartufo e olio di armelline.
Mattoni antichi a vista, legno e cotto sono i materiali che definiscono l’ambiente del ristorante, rendendo calda e avvolgente l’atmosfera della cantina nella quale si trova. La sensazione è quella di un guscio intimo e protetto, accogliente e ovattato. Il progetto degli interni – così come quello del relais – è stato realizzato da Lorenza Ciriotti di Che studio!, la quale ha ristrutturato le vecchie cantine di un fabbricato rurale con l’obiettivo di trasmettere l’atmosfera della semplicità contadina, elaborando scelte estetiche e proporzioni essenziali, sempre estremamente studiate nel dettaglio. Gli arredi sono stati disegnati su misura, come i tavoli, realizzati in legno con elementi decorativi in cotto artigianale. Le pareti sono rivestite con pannelli pensati da un artista che raffigurano, mediante una lavorazione a laser a controllo numerico, le radici delle principali erbe aromatiche del territorio, mentre le pavimentazioni si differenziano a seconda delle aree e delle esperienze.
In copertina: La Casa Sospesa fra le Vigne ©Konstantin Volkmar