Una mostra a Parigi alla Cité de l’architecture et du patrimoine
Punti di destinazione e luoghi catalitici all’interno del tessuto della città, i grandi magazzini rivelano un’identità in continua trasformazione. Dalle prime “cattedrali del commercio moderno”, così descritte da Émile Zola nel 1883, agli spazi virtuali del mondo digitale passando attraverso gli iconici insediamenti lungo le high street. Tipologie segnate da grandi mutamenti cronologici e tematici. Trasfigurazioni che appaiono attraverso lo sviluppo formale, spaziale e organizzativo dei complessi e si legano ai cambiamenti della società, della cultura e dell’economia negli ultimi 150 anni.
Dall’esordio dei primi Grands Magasins, materializzati in soluzioni architettoniche lussuose e monumentali, alle Machine à vendre del periodo successivo, fino alle ultime realizzazioni. Queste le tappe del percorso espositivo dal titolo: “La Saga des Grands Magasins, de 1850 à nos jours”, allestito alla Cité de l’architecture et du patrimoine di Parigi fino al prossimo 6 aprile. Un evento che si pone in continuità con la mostra: “La naissance des grands magasins 1852-1925, mode, design, jouet, publicité allestita al musée des Arts décoratifs” ponendo l’accento sull’emergere di un’architettura funzionale e inaudita.
In primo piano composizioni dedicate a nuove modalità di consumo che ancor oggi influenzano la società contemporanea, evidenziando l’evoluzione stilistica e tecnica di edifici presentati come un nuovo segno architettonico e come un’inedita prassi di consumo.
Complessi che divennero moderni spazi pubblici delle città e vetrine dei cambiamenti culturali, artistici e sociologici.
L’Age d’or des grands magasins (1850-1930) è la sezione introduttiva della mostra. Un capitolo attivo nel contestualizzare la metamorfosi del commercio e la nascita dei primi grandi magazzini in parallelo alla rapida urbanizzazione dei centri urbani e allo sviluppo dei trasporti e dell’industria. Anni in cui la borghesia scoprì il significato dello “shopping”: un’esperienza sensoriale in grado di riunire e avvicinare piacere e intrattenimento.
Le grand magasin, une machine à vendre (1930-1980) è la sessione che illustra le trasformazioni successive, distinte da nuovi modelli compositivi. Anni in cui la monumentalità teatrale dei primi insediamenti ha lasciato il posto a conformazioni compatte e a spazi vendita con maggiore densità. Peculiarità che segnarono le realizzazioni degli anni ‘30 e del periodo postbellico; tempi in cui i grandi magazzini dovettero confrontarsi con il consumismo di massa e le offerte dei nuovi punti di distribuzione, quali i supermercati e gli ipermercati delle periferie. Il risultato? Da luoghi per lo shopping a macchine di vendita, con ambiti interni ottimizzati e guidati da inediti principi di marketing.
In rilievo le mutazioni che si susseguirono negli anni ‘50 e ‘60. Periodo introdotto come l’apogeo commerciale della formula dei grandi magazzini, in cui l’esperienza dello shopping è andata progressivamente perdendosi a favore dell’atto d’acquisto. Tra i processi di razionalizzazione, che gradualmente portarono alla standardizzazione delle superfici di vendita, la scomparsa delle coperture in vetro e delle estese aperture di facciata a favore dell’introduzione della luce artificiale. In aggiunta l’introduzione della mobilità verticale mediante scale mobili. Elementi che contribuirono alla gestione della circolazione e dei flussi dei clienti accentuando il comfort del pubblico e migliorarono l’efficienza delle vendite.
Le Renouveau des Grands Magasins (1980-2025) offre uno sguardo esteso al futuro e alle strategie di rinnovo della tipologia partendo dagli effetti della crisi finanziaria degli anni ‘70, in seguito alla quale alcune catene di grandi magazzini fallirono o furono assorbite da altri gruppi. Appare in rilievo anche la concorrenza dei centri commerciali e delle vendite via internet che si svilupparono nella seconda metà degli anni ‘90. Cause differenti che a livello internazionale indussero i grandi magazzini a ripensare la propria identità all’interno del vasto panorama della vendita al dettaglio.
C’è chi ha scelto di rivalutare il proprio patrimonio e distinguersi rivivendo l’originaria magnificenza e mettendo in evidenza un’architettura teatrale che risuona con la tradizione.
Esteso il numero di progetti di restauro che dalla fine del XX secolo hanno creato un nuovo look o hanno riportato in vita facciate e decorazioni di noti complessi esistenti. Architetture che divengono parte del patrimonio culturale e protette dai regolamenti edilizi come monumenti storici.
Accanto al riuso, studi di immagine e qualità progettuale anche per le nuove costruzioni e fra gli esempi il negozio di Selfridges a Birminghman, firmato da Future System nel 2003.
È ormai noto che dalla fine del secolo scorso, le grandi catene affidino la ristrutturazione o la progettazione di nuovi edifici a nomi importanti del modo dell’architettura al fine di dar vita a luoghi di destinazione di rilievo. Un’opportunità per far fronte alla crescente concorrenza dell’e-commerce.
Ultima, ma solo cronologicamente, l’importanza dell’ubicazione e della visibilità del negozio all’interno dello spazio urbano. Un fattore chiave di attrattività, per contrastare il fenomeno della desertificazione che i centri urbani stanno vivendo dal 2000.
Fenomeni a cui si affiancano strategie commerciali evolute da parte dei grandi magazzini. Pianificazioni che includono l’impegno delle catene a riguardo di questioni contemporanee come l’ecologia, lo sviluppo sostenibile, il riciclo, la lotta al consumo eccessivo, l’inclusione sociale e la diversità.
In copertina: Perspective pour le projet de restructuration des magasins n° 1, 2 et 4 de la Samaritaine, Louis-Marie Charpentier, vers 1932 ©Fonds Charpentier, Louis-Marie