Alla Reggia di Monza in mostra 220 opere inedite dell’artista statunitense
Oltre 150mila negativi. È questo il tesoro che John Maloof, agente immobiliare con la passione per la storia della sua città, Chicago, ha trovato nelle centinaia di scatole che aveva acquistato all’asta di un box nel 2007. Trecentottanta dollari il prezzo per quei negativi, la maggior parte nemmeno sviluppati, che erano appartenuti a Vivian Maier, all’epoca un’ancora sconosciuta tata e appassionata fotografa, che per decenni a partire dagli Anni ’50 aveva usato le strade di New York e Chicago come materiale per i suoi scatti. Ampissima la gamma di soggetti – come del resto sono le strade – immortalati con la sua Rolleiflex, della quale nessuno aveva mai avuto contezza fino alla scoperta di Maloof, che Maier non incontrò mai (morì in una casa di riposo nel 2009).
Oggi oltre 200 di queste opere di quella che è oramai considerata una delle pioniere della fotografia di strada, arrivano alla Reggia di Monza per una mostra dal titolo Unseen. Le foto mai viste di Vivian Maier, la più ampia retrospettiva mai dedicata alla Maier in Italia, realizzata da Vertigo Syndrome in collaborazione con diChroma photography. Nove sezioni dove sono esposte non solo fotografie in bianco e nero, che rappresentano il corpus più importante della sua opera, ma anche rare a colori (scattate con una Leica), filmati in super8, provini e audio con la sua voce. I soggetti? Scene di strada, immagini di bambini e di persone ai margini della società, in un’esplorazione non solo della sua vicenda artistica e umana, ma anche del momento storico che gli Stati Uniti si trovavano ad attraversare, con la crisi del “sogno americano”.
Ma sono soprattutto i suoi sfuggevoli autoritratti – come del resto era la Maier, riservatissima – a colpire in modo particolare, dove la fotografia diventa un medium per esplorare sé stessa. Come ha scritto Arthur Lubow sul New York Times, in occasione dell’apertura della mostra lo scorso giugno al Fotografiska, da dove provengono le opere in mostra a Monza, «i suoi autoritratti rappresentano forse i suoi lavori più intriganti. Spesso utilizzava gli specchi come a voler indicare l’assenza di un’unica personalità integrale». Una personalità che avrebbe dovuto integrare quella di una tata “severa” con un’appassionata e quasi invisibile fotografa. Ed è stata proprio quest’aura di mistero, unità alla sua spiccata sensibilità e occhio fotografico, ad aver spinto alcuni a paragonare Maier a maestri della street photography del XX secolo, come Robert Frank, Diane Arbus, Robert Doisneau o Henri Cartier-Bresson.
«È nel cuore della società americana, a New York dal 1951 e poi a Chicago dal 1956, che Vivian osserva meticolosamente il tessuto urbano che riflette i grandi cambiamenti sociali e politici della sua storia – spiega Anne Morin, curatrice della mostra e direttrice diChroma photography –. È il tempo del sogno americano e della modernità sovraesposta, il cui dietro le quinte costituisce l’essenza stessa del lavoro di Vivian Maier».
«Il mistero, la scoperta e il lavoro: queste tre parti insieme sono difficili da separare» aggiunge ancora Morin, facendo riferimento anche al fatto che persino le famiglie per cui lavorava erano all’oscuro di questa sua passione («Ci portava negli angoli più pericolosi della città – racconta una delle bambine, oggi adulta, di cui si era occupata Maier nel documentario Finding Vivian Maier del 2014, sempre curato da Maloof e candidato all’Oscar – e penso che le piacesse»).
La sua stessa biografia riflette questo dualismo: nata nel 1926 a New York da padre austriaco e madre francese, Vivian Maier trascorre gran parte dell’infanzia in Francia, nelle Alpi a sud di Grenoble, nella fattoria di famiglia a Saint Julien en Champseur. Nel 1932 torna con la madre a New York e negli Anni ’40 vive nel Queens e lavora come impiegata in una fabbrica di bambole. Nel 1951 si stabilisce a New York dove lavora come tata, guadagnandosi da vivere e finanziando così la sua passione per la fotografia. Viaggia molto fino a trasferirsi a Chicago, dove rimarrà fino alla sua morte nel 2009, senza aver raggiunto fama o notorietà. Sarà poi appunto Maloof a rendere celebri i suoi scatti, anche attraverso il documentario.
La mostra Unseen. Le foto mai viste di Vivian Maier sarà al Belvedere della Reggia di Monza fino al 26 gennaio 2025.
In copertina: Vivian Maier, Chicago, IL, n.d., Gelatin silver print, 2014 © Estate of Vivian Maier, Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY
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