Solo diciotto posti a sedere, l’Hostaria Castello vuol dare un sapore di antico pur essendo un progetto recente
Se passeggiando per calli e campielli non vi fosse ancora capitato di imbattervi nell’Hostaria Castello, Pantografo può introdurvi e accompagnarvi in questo luogo così denso di suggestioni attraverso la narrazione della sua storia e delle sue atmosfere. Siamo nell’omonimo sestiere, a pochi passi dai Giardini della Biennale e dall’Arsenale dove si svolge in questo momento e fino al 24 novembre la Biennale d’Arte. Qui, in un piccolo locale nel quale memoria e contemporaneità esprimono scintille felici per la loro interazione, il dialogo fra il suo proprietario, il moldavo Grigoriev Vladimir, lo chef Luca Veritti e le interior designer Michela Amadio e Claudette Navarro ha prodotto una brillante contaminazione di idee e intenti. Business, cucina e architettura, grazie ai loro protagonisti, hanno saputo esprimersi sinergicamente, creando un luogo che non c’è bisogno di segnare in agenda, perché si scolpisce nella mente e nel quale volentieri si torna e si ritorna.
Appena diciotto posti a sedere, che già fanno di questo locale un luogo intimo, l’Hostaria Castello sorge negli spazi di un’ex agenzia di viaggi specializzata nell’itinerario con l’Orient Express. Del mitico treno blu conserva l’allure delle luci soffuse, il colore verde ottanio dei divanetti capitonné, l’atmosfera intima e sognante di uno scrigno prezioso. A occuparsi del progetto di interni sono state Amadio e Navarro che hanno saputo calibrare materiali e colori per dar vita a un ambiente armonico che invita alla convivialità e alla condivisione, con la cucina parzialmente a vista, delimitata da un’originale porta-finestra in legno.
«L’idea di base è stata di restituire la percezione di un sapore di antico, come se quel luogo esistesse da sempre e i suoi oggetti si fossero stratificati nel tempo trovando i loro spazi», racconta Amadio.
Da qui la volontà di lasciare parti di muro con i mattoni a vista, per esempio. La scelta degli arredi è frutto di una contaminazione voluta di epoche e stili. Molti sono gli oggetti di recupero, trovati nei mercatini dell’usato di Venezia. Come le sedie, per esempio, che poi un artigiano locale ha rifoderato, ognuna con un tessuto diverso. Il bancone, poi, si offre alla vista degli avventori come un faro luminoso che contribuisce a rendere l’atmosfera calda e avvolgente: realizzato su misura in legno, esprime il suo carattere magnetico attraverso il tessuto retroilluminato posto al suo interno. L’illuminazione, calda e diffusa, è affidata in parte a uno chandelier di recupero, in parte al sistema di lampade disegnato e realizzato su misura. Un dettaglio che non passa inosservato è la porta blu di Prussia, che rievoca quella arabeggiante che si trova in Calle de Mezo, tra Ruga Giuffa e Fondamenta San Severo. «Un altro obiettivo che ci stava molto a cuore è stato quello di far sentire gli ospiti provenienti da ogni parte del mondo contemporaneamente in viaggio e a casa», continua Amadio.
In questo regno di storia e di storie, di narrazioni che provengono da lontano nel tempo e nello spazio, di connessioni e di dialoghi, opera lo chef stellato Veritti che, ispirandosi alla tradizione veneziana di mare e di terra, propone piatti rivisitati che sono il frutto della sua personale creatività e del profondo legame con le sue radici friulane. «La mia filosofia di cucina si basa sull’uso di ingredienti di stagione di alta qualità per esaltarne i sapori creando abbinamenti insoliti ma che danno un gusto rotondo al palato – racconta a Pantografo-. Nei miei piatti ci sono sempre punti di contatto con il territorio veneziano ma anche con la mia terra di origine». Un piatto che prende spunto da un ingrediente tipico veneziano, la seppia, è Tagliatelle di seppia in insalata, arancio e salsa cacio e pepe. Per un tuffo nella memoria carnica dello chef ci sono, per esempio, gli Spaghetti alle erbe, crema di ricotta, caviale e fumo, rivisitazione dei Cjarsons. «Mi piace sperimentare e modernizzare le ricette creando sorpresa -continua lo chef-. Penso che le ricette tradizionali siano dei capisaldi della cucina veneziana e che spetti a noi cuochi conferire loro un tocco di modernità». Vladimir, proprietario anche di Bakarò in Campo Santa e dell’Hosteria Sant’Aponal fra il Ponte di Rialto e San Tomà, ci ha spiegato che per l’Hostaria Castello non ha fatto analisi di mercato, ma una scelta. Una scelta che, tuttavia, è già di per sé strategica. «Ci siamo semplicemente resi conto che a Venezia, essendo una città turistica, il mercato della ristorazione si divide in due parti: quello di bassa qualità spesso basato sulla posizione ottima dei ristoranti, frequentati da turisti che si informano poco e scelgono il locale unicamente in base alla location, e quello parallelo dove i ristoratori sono molto preparati, informati, fanno ricerca e in generale cercano di offrire al cliente un’esperienza. Noi abbiamo deciso di stare nella seconda categoria». Un approccio che ha dato i suoi frutti, visto che all’Hosteria Castello bisogna prenotare sempre per tempo.
Millefoglie di tonno, pane carasau e salsa avocado
Ingredienti per 4 persone:
320 gr tonno rosso
4 fogli pane carasau
1 avocado
Succo limone
Olio
Sale
Pepe
Procedimento
Tagliare il tonno a fettine sottili e condire con olio, sale e pepe. Preparare una salsa di avocado frullandolo con olio, sale, succo limone e pepe. Impiattare sovrapponendo un foglio di pane carasau, salsa guacamole e tonno fino a creare quattro strati. Condire con un filo d’olio, semi di sesamo e una foglia di basilico.
In copertina: Hostaria Castello, Venezia. Progetto: Michela Amadio e Claudette Navarro. ©Hostaria Castello
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